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Italia

«NAPOLI SOLO ANDATA ... IL MIO LUNGO VIAGGIO». Addio a MARIO MEROLA, il re della sceneggiata. Nella Chiesa di Maria SS. del Carmine Maggiore il saluto della Città.

martedì 14 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] «Merola è unico - ha detto Gigi D’Alessio - come Totò. Ha portato la canzone napoletana nel mondo. Ha seminato. Se noi riusciamo ad andare avanti lo dobbiamo a lui». Era una personaggio che amava l’esagerazione [...]

Il successo di massa con i film. Fu anche grande talent-scout
Vita e arte del re della sceneggiata.
Il ricordo del critico musicale *
Di umili origini e abituato fin da ragazzino a sbarcare il (...)

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mercoledì 15 novembre 2006

I FUNERALI A NAPOLI FUOCHI D’ARTIFICIO E VENTIMILA PERSONE SULLA STRADA

Urla e spintoni in chiesa intorno alla bara di Merola

di Enzo La Penna (La Stampa, 15/11/2006)

NAPOLI Fuochi d’artificio ed emigranti tornati dall’America, le lacrime di migliaia di persone. E poi ressa, urla e spintoni nella basilica del Carmine a pochi minuti dall’inizio del rito. La vedova si sente male, e qualcuno cerca di allontanare la gente che preme sulle transenne per fotografare con il cellulare la bara.

Arriva Gigi D’Alessio, e la ressa ricomincia. Il parroco interviene dal microfono e invita tutti alla calma. «Siamo nella casa di Dio, fatelo per Mario», dice più volte. Sembra che la Napoli della sceneggiata, quella colorata e sofferente, quasi sempre eccessiva, raccontata nelle sue canzoni esista ancora intatta, e sia radunata tutta qui, ad omaggiare Mario Merola. Sono in 20 mila a partecipare ai funerali del cantante napoletano. In chiesa ci sono i gonfaloni delle istituzioni. «Viviamo oggi un grande, tangibile e popolare dolore. Con Mario Merola scompare una persona di famiglia», dice il sindaco Rosa Russo Iervolino. Tanti i rappresentanti del mondo dello spettacolo partenopeo.

All’appello, i nomi della canzone napoletana ci sono tutti: Nino D’Angelo, Mario Maglione, Gigi Finizio. «Napoli ha perso il suo Papa», spiega Gigi D’Alessio, che per tutta la notte ha vegliato il feretro del «maestro». Un manifesto fa il giro della chiesa, c’è scritto «Oggi se ne è andato il sole». Sulla bara anche un mazzo di carte da gioco, per un’ultima partita a chemin de fer con Michele, detto Saint Vincent. L’omelia è breve: Merola è già in Paradiso, assicura don Alfredo Di Cerbo. La chiesa dove nel 1967 si svolsero i funerali di Totò è addobbata da fiori, oltre cinquanta le corone che scompaiono fra la folla, a caccia di un qualsiasi ricordo. E poi decine di striscioni («Napoli saluta Merola, Merola sei stato e resterai per sempre il re, ’O Zappatore nun ’sa scorda a mamma»).

Non mancano le lacrime di emigranti giunti dall’America. «Quando partii per l’America - ricorda Antonio - portai con me un suo disco. Ricordo quanta sofferenza e quanta nostalgia in quel periodo, ma ricordo anche quanta compagnia e quanta della mia terra c’era in quel disco. Come la cantava lui “lacrime napulitane” non la canterà mai nessuno».


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