Il Papa: abbattere i pregiudizi su Aids
Bendetto XVI: «Atteggiamento di indifferenza e persino di esclusione e rigetto nei confronti dei malati» *
CITTA’ DEL VATICANO - Il Papa è preoccupato per la situazione dell’Aids e delle malattie infettive in tutto il mondo. «Impressionante è il numero e la varietà dei modi con cui esse minacciano, speso mortalmente, la vita umana anche in questo nostro tempo - ha detto il pontefice incontrando questa mattina i partecipanti allaXXI Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute sul tema ’Aspetto pastorali della cura delle malattie infettivè - termini quali lebbra, peste, tubercolosi, Aids, ebola evocano drammatici scenari di dolore e di paura. Dolore per le vittime e per i loro cari, spesso schiacciati da un senso di impotenza di fronte alla gravità inesorabile del male».
«Tra i pregiudizi che ostacolano o limitano un aiuto efficace alle vittime di malattie infettive - ha proseguito il pontefice - c’è l’atteggiamento di indifferenza e persino di esclusione e rigetto nei loro confronti, che emerge a volte nella società del benessere. È una pericolosa tendenza culturale - ha osservato ancora Benedetto XVI - che porta a porre se stessi al centro, a chiudersi nel proprio piccolo mondo, a rifuggire dall’impegnarsi nel servire chi è nel bisogno».
Di fronte al flagello di queste malattie infettive, «l’impegno umano - ha scandito Benedetto XVI - non deve mai arrendersi nel cercare mezzi e modalità di intervento più efficaci per combattere questi mali e per ridurre i disagi di quanti ne sono vittime». Infine, Papa Ratzinger ha ribadito «quanto sia importante la collaborazione con le varie istanze pubbliche, perché venga attuata la giustizia sociale in un delicato settore come quello della cura e dell’assistenza ai malati infettivi». E su questo il Papa ha accennato «all’ equa distribuzione delle risorse per la ricerca e la terapia, come pure alla promozione di condizioni di vita che frenino l’insorgere e l’espandersi delle malattie infettive».
* La Stampa, 24.11.2006