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DIFFERENZE DI GENERE E UmaNITA’. PER LA GIORNATA MONDIALE (2006), UN URLO DALL’ITALIA: NO AL "FEMMINICIDIO"!!! UN APPELLO a tutte le Istituzioni della Repubblica !!! PER UN IMPEGNO CONCRETO, PER UNA DONNA SOGGETTO DI DIRITTO E NON OGGETTO DI DIRITTI.... E I DATI DELL’ "ISTAT" SULLA VIOLENZA SESSUALE SUBITA DALLE DONNE, IN ITALIA !!!

domenica 22 luglio 2007 di Federico La Sala
APPELLO
Al Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano;
alla Signora Clio Bittoni;
al Presidente del Consiglio Romano Prodi;
alla Ministra per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini;
alla Ministra per la Famiglia Rosy Bindi;
ai Presidenti di Camera e Senato;
alle Parlamentari e ai Parlamentari;
alle Presidenti e ai Presidenti delle Regioni e delle
Provincie;
alle Giunte Regionali, Provinciali, Comunali;
ai Consigli Regionali, Provinciali, Comunali;
alle Consigliere ed ai (...)

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> DIFFERENZE DI GENERE E UmaNITA’. PER LA GIORNATA MONDIALE (2006), UN URLO DALL’ITALIA: NO AL "FEMMINICIDIO"!!! ..... La dignità (limitata) delle donne di Chiara Saraceno.

sabato 4 agosto 2007

La dignità (limitata) delle donne

di CHIARA SARACENO (La Stampa, 4/8/2007)

La Corte di Cassazione ha definitivamente mandato assolti i genitori e il fratello - di fede islamica - di una giovane che li aveva denunciati per sequestro di persona e maltrattamenti. La Corte non contesta che effettivamente la giovane sia stata prima sequestrata e poi picchiata. Ma giudica che genitori e fratello abbiano agito per il suo bene: prima per evitare che frequentasse persone a loro non gradite, poi per evitare che, per sfuggire a tanto amorevole controllo, la giovane si suicidasse.

Di più, nel motivare la propria sentenza la Corte ha dichiarato che non c’era prova che le botte fossero abituali. Si è trattato solo della reazione (evidentemente ritenuta legittima) a comportamenti giudicati scorretti dai familiari stessi sulla base «della loro cultura». Le donne, le figlie, specie di famiglia musulmana (ma in linea teorica tutte) sono avvisate: essere picchiate e sequestrate perché il proprio comportamento non piace ai genitori e ai fratelli (ma forse anche ai mariti, ai suoceri, ai cognati) non è reato, neppure un reato minuscolo come l’abuso dei mezzi di correzione come è invece avvenuto altre volte, nel caso di genitori italiani che impedivano ai figli di uscire chiudendoli a chiave in camera. Esse sono ostaggio dei propri familiari, gli unici che possano valutare quale sia il loro bene e che cosa possano o non possano fare.

E questo, sempre a parere della Corte, non costituisce atteggiamento di sopraffazione e disprezzo, bensì attenzione amorevole, ancorché severa. I diritti individuali vengono meno di fronte al diritto e potere della comunità, dei gelosi custodi della tradizione. Genitori, fratelli, mariti, cognati, zii disturbati dal comportamento delle «loro» donne sono avvisati: basta che motivino la loro violenza con l’intenzione di fare del bene e proteggere da se stesse le loro vittime e saranno autorizzati a continuare a malmenarle. Basta che non le ammazzino o non le mandino all’ospedale.

C’è un misto di sessismo e razzismo mascherato da politically correct in questa sentenza che mette paura. Evidentemente è solo quando si arriva all’omicidio, come nel caso di Hina, la ragazza pachistana uccisa da padre e cognati nel silenzio della madre, che la violenza è considerata intollerabile e illegittima. Ma fino a un momento prima no. Quindi non c’è rifugio possibile per le vittime. E’ ancora peggio di quando, sempre in nome delle «tradizioni culturali locali» si concedevano generose attenuanti per delitto d’onore. Qui proprio non c’è reato. In entrambi i casi, vale la pena di sottolineare che il potere della tradizione (che si tratti dell’onore della famiglia o della purezza della comunità di appartenenza) come superiore ai diritti individuali, viene più facilmente evocato e riconosciuto quando si tratta di violenza dei genitori verso le figlie, dei mariti verso le mogli, dei fratelli verso le sorelle. A conferma della maggiore difficoltà con cui, anche nelle nostre società cosiddette evolute, si riconosce una piena dignità civile alle donne. Non succede solo in Italia, per altro. Mesi fa una sentenza analoga in Germania provocò sconcerto nella opinione pubblica e reazioni negative da parte degli organi della magistratura tedesca.

Quando il ministro Amato dichiarò che picchiare le donne è una tradizione siculo-islamica sbagliò due volte: perché picchiare le donne è fenomeno diffuso a tutte le latitudini e condizioni sociali, come testimoniano i dati non solo italiani, ma delle organizzazioni internazionali. E perché questa sentenza (che conferma una precedente sentenza d’appello) dimostra che in Italia una parte dei giudici lo considera un fatto normale, specie se avviene in famiglia ed è motivato da tradizioni culturali.

Dopo questa sentenza, rimane da chiedersi con che legittimità il governo e il ministro potranno chiedere alle associazioni islamiche e agli aspiranti cittadini - di qualsiasi provenienza culturale e religiosa - del nostro Paese di sottoscrivere, tra l’altro, una dichiarazione di rispetto per la libertà e la dignità femminili.


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