Inviare un messaggio

In risposta a:
Per l’Italia di Gioacchino da Fiore e di Dante !!!

MATEMATICA E ANTROPOLOGIA, ALTRO CHE MISTERO. GALILEO GALILEI E’ GALILEO GALILEI ... E LA TRASCENDENZA CRISTIANA NON E’ LA TRASCENDENZA "DELL’ENTE ...CATTOLICO-ROMANO", DEL VATICANO!!! Cerchiamo di "non dare i numeri": il "Logos" non è un "Logo", e la "Charitas" non è la "caritas"!!!

domenica 31 dicembre 2006 di Federico La Sala
HAI VINTO, O GALILEO! L’elogio "laicista" di Piergiorgio Odifreddi diventa per Michele Smargiassi (seguendo De Santillana) un "Hai vinto, Vaticano"!!!
Aristotele fu un uomo, vedde con gli occhi, ascoltò con gli orecchi, discorse col cervello. Io sono un uomo, veggo con gli occhi, e assai più che non vedde lui: quanto al discorrere, credo che discorresse intorno a più cose di me; ma se più o meglio di me, intorno a quelle che abbiamo discorso ambedue, lo mostreranno le nostre ragioni, e non (...)

In risposta a:

> MATEMATICA E ANTROPOLOGIA, ALTRO CHE MISTERO. GALILEO GALILEI E’ GALILEO GALILEI ... E LA TRASCENDENZA CRISTIANA NON E’ LA TRASCENDENZA "DELL’ENTE ...CATTOLICO-ROMANO", DEL VATICANO!!! ----- Bruno De Finetti, Un matematico scomodo (di Giulio Giorello).

lunedì 29 dicembre 2008

Bruno De Finetti. Il padre del relativismo

-  Il suo pensiero, a partire dagli anni Trenta, demolisce la vecchia idea della ricerca «intesa come scopritrice di verità assolute» e la rende «carne della nostra carne, frutto del nostro tormento»
-  Matematico scomodo, rifiutò di fare della scienza un idolo Irredentista, fascista della prima ora, simpatizzò con il ’68

di Giulio Giorello (Corriere della Sera, 29.12.2008)

Gli studenti contestano i professori? La maggioranza dei «baroni» trova che sia uno scandalo. «Io credo, invece, che si debba chiedere il privilegio di essere i principali imputati: solo accettando e sollecitando la critica... potremo liberare le molte e valide energie latenti che si trovano tra noi, accendere la volontà di rinnovamento, combattere con fiducia e con fermezza la battaglia contro i mali che altrimenti continueranno a sopraffarci e cui saremo costretti ad assuefarci, non foss’altro che per non morire di rabbia». Così il matematico Bruno de Finetti (1906-1985) parlava della «rivolta degli studenti» nel formidabile Sessantotto: «Se i giovani non rifiutano a 18 o 20 anni quello che è da rifiutare nella società, non ne saranno capaci mai più».

Fa bene leggere parole come queste in momenti in cui alcune tendenze «revisioniste» liquidano come infantile o dogmatica la «ribellione» di quarant’anni fa - dimenticando cos’era l’Italia di allora e come quella «rivolta» abbia contribuito a cambiarla: dalla condizione femminile a una concezione laica della famiglia, dal diritto allo studio allo svecchiamento delle strutture burocratiche (altro che ridurre il Sessantotto alle squallide esibizioni muscolari dei servizi d’ordine di qualche gruppetto neostalinista). Era l’epoca di slogan come «l’immaginazione al potere». Bruno de Finetti non avrebbe mai pensato al potere politico, bensì a quello dell’intelligenza scientifica e artistica: l’immaginazione è «l’energia mentale che permette l’emergere della novità». Un’energia che a torto una scuola fossilizzata reprime «facendo passare per sempre la voglia ai giovani di occuparsi di tutte le cose che vengono loro insegnate».

Bastano riflessioni del genere a farci capire perché de Finetti fosse davvero «un matematico scomodo» - così recita il titolo del volume costruito dalla figlia Fulvia de Finetti e dal giornalista Luca Nicotra come una sorta di «intervista postuma »; che sfrutta non solo pubblicazioni scientifiche ma anche interventi estemporanei, articoli su quotidiani e riviste, lettere a colleghi e familiari ( Bruno de Finetti. Un matematico scomodo, Belforte, pp. 293, € 22).

Nato a Innsbruck da famiglia italiana, «piccolo simpatizzante dell’irredentismo» affascinato dal «patriota» Cesare Battisti, poi fascista della prima ora («movimentista», per usare la terminologia dello storico Renzo De Felice), inizialmente studioso di genetica delle popolazioni, passato quindi alle basi concettuali del calcolo delle probabilità, grande maestro della statistica italiana prima ancora che cattedratico universitario, decisamente avverso a sfruttare la sua affiliazione politica per fare carriera - e, nel secondo dopoguerra, sempre più incline ad appoggiare battaglie libertarie (come quelle condotte dal Partito radicale) - Bruno de Finetti riassume non poche contraddizioni del secolo scorso, ma anche le speranze per quello in cui noi stiamo vivendo. I suoi tentativi di liberare il calcolo delle probabilità da qualsiasi incrostazione metafisica, di rendere l’insegnamento della matematica più vicino alle esigenze dei fisici, degli economisti o degli ingegneri, la sua fiducia nella «economia di pensiero» consentita dai nuovi mezzi dell’informatica non sono soltanto elementi interni a una riflessione che lo aveva condotto dalla matematica alla filosofia, ma scelte di vita in cui continuamente lo studioso si metteva alla prova senza timore di quella «critica» che costituisce il lievito della crescita scientifica come della fioritura di una società libera.

Senza bisogno di entrare in particolari tecnici, basterà ricordare come l’impostazione soggettivistica di de Finetti nel campo della probabilità (semplicemente «il grado di fiducia che ognuno sente nel verificarsi di un dato evento») non solo non distrugge il carattere intersoggettivo dell’impresa tecnico-scientifica, ma anzi lo esalta.

Come scriveva nel suo capolavoro del 1931 (dal titolo Probabilismo), con il soggettivismo viene meno solo una concezione della scienza «intesa come scopritrice di verità assolute» (che rimane «disoccupata» per mancanza di tali verità!), «ma mentre cade infranto il freddo idolo marmoreo di una scienza perfetta, eterna e universale», compare «al nostro fianco una creatura viva, la scienza che il nostro pensiero liberamente crea: carne della nostra carne, frutto del nostro tormento, compagna nella lotta e guida alla conquista».

Lo stesso spirito si ritrova nella splendida lezione filosofica che nel 1934 Bruno aveva dedicato all’Invenzione della verità - testo che ha visto la luce solo due anni fa grazie alla cura di Fulvia (Raffaello Cortina, pp. 204, € 19). La logica «viva e psicologica » invocata da Bruno non nega la verità scientifica; piuttosto, rifiuta di farne un idolo. Lo stesso dovrebbe dirsi delle strutture istituzionali, a cominciare dallo Stato: mezzi cui si ricorre per soddisfare ai nostri bisogni e desideri, non fini a cui sacrificare l’autonomia degli individui o l’indipendenza dei popoli. Solo così i nostri concetti fondamentali - dalla matematica alla morale - non si riducono alle marionette di una commedia dove ogni ruolo è definito una volta per tutte, ma restano «i sei personaggi in cerca d’autore» di Pirandello, capaci di stimolare il cambiamento in campo scientifico e tecnologico. Relativismo? Fin dai lavori degli anni Trenta, Bruno de Finetti non aveva paura di pronunciare quella parola che oggi sembra tanto godere di cattiva stampa!

Mi sia lecita una nota personale: in un appassionato intervento sul Corriere del 12 dicembre, Claudio Magris - alludendo anche al mio dialogo con Dario Antiseri sulla Libertà (Bompiani, pp. 180, € 17) - ha ripreso la fiera immagine dei calvinisti scozzesi che pregano Dio restando in piedi e non strisciando in ginocchio. Quel loro Dio non era un sapere assoluto, ma l’impossibilità di un sapere di tal genere! In un bel libro ( Molte nature. Saggio sull’evoluzione culturale, Raffaello Cortina, pp. 172, € 18) scrive il fisico Enrico Bellone: «Solo gli dei promulgano verità non negoziabili. Gli umani, invece, fabbricano teorie per meglio adattarsi al loro ambiente »; e nelle comunità ove si tende ostinatamente a proteggere dalla critica principi o valori «non negoziabili» si finisce col portare in tribunale l’innovazione, come vari episodi mostrano: dalla condanna di Galileo all’attuale messa sotto accusa delle biotecnologie. Sono d’accordo con de Finetti: teniamocelo stretto, il relativismo - è uno dei modi di resistere a tutto quello che non ci piace del nostro Paese e «non morire di rabbia»!


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: