Il divenire di una matematica senza cogito
Tradotto il manoscritto del matematico e filosofo Jean Cavaillès «Sulla logica e la teoria della scienza». Un testo che ha influenzato un’intera generazione di epistemiologi francesi
di Roberto Ciccarelli (il manifesto, 31.10.2007)
Tra gli studenti che seguirono le due conferenze sul senso e sull’essenza della fenomenologia che Edmund Husserl tenne il 23 e il 25 febbraio 1929 a Parigi nell’Amphithéâtre Descartes della Sorbona c’era anche il matematico, e storico della scienza, Jean Cavaillès. Il suo libro Sulla logica e la teoria della scienza, scritto a partire dal 1942 durante la prigionia per le sue attività di resistente anti-nazista, poco prima della morte per fucilazione, avrebbe segnato un’intera generazione di epistemologi e di filosofi, invitandola a definirsi «in funzione di Husserl, e anche un po’ contro di lui».
Questo libro smilzo e ambizioso viene oggi tradotto da Vittorio Morfino e da Luca Scarantino per la collana «epistemologia» dell’editore milanese Mimesis (pp.77, euro 11) nell’ambito di un progetto culturale che ha acquisito negli ultimi anni un profilo di tutto rispetto. In contemporanea con l’uscita di questo Cavaillès, infatti, c’è da registrare la ripubblicazione dell’ormai esaurita traduzione del Materialismo aleatorio di Louis Althusser (nella collana «althusseriana» di Mimesis, pp. 148, euro 15).
La traduzione di Sulla logica e la teoria della scienza è qualcosa di più di un omaggio al suo autore, uno dei principali dirigenti della resistenza francese, che seppe coniugare il rigore delle sue ricerche matematiche in ambito neopositivistico (il «Circolo di Vienna») con una peculiare ispirazione spinozista che ha influenzato una parte cospicua dei suoi contemporanei, in particolare il grandissimo epistemologo Georges Canguilhem, e dei suoi successori Gilles Deleuze, Pierre Bourdieu e Michel Foucault. Il problema su cui si arrovella Cavaillès è quello di giustificare il rapporto tra la logica trascendentale e la logica formale e quindi l’esistenza di una soggettività trascendentale. Il suo scopo era quello di definire una filosofia delle matematiche senza Cogito, sostituendo al primato della coscienza quello del concetto, o meglio del divenire proprio del concetto. In questo senso, Cavaillès può essere considerato il capostipite della via anti-storicista e anti-dialettica ad una filosofia dell’immanenza.
La redazione di questo scritto grondante intuizioni per la teoria matematica degli insiemi, come per la critica della fenomenologia, è un romanzo ancora tutto da scrivere. Arrestato dalla polizia tedesca a Parigi nel 1943, Cavaillès proseguì la stesura del suo «trattato di logica» in carcere. La benevolenza del generale de Lattre de Tassigny, comandante della regione militare di Montpellier, gli consentì di ricevere i libri dal suo amico Albert Lautman e di consegnare un manoscritto alla sorella Gabrielle Ferrières che ebbe solo il tempo di trascriverlo, prima che una perquisizione glielo sottraesse definitivamente. Dopo la guerra, Canguilhem e Lautman pubblicarono il monoscritto, ma senza l’importante introduzione del suo autore.
È spinozista, ha ricordato Canguilhem in una memorabile orazione in onore di Cavaillès, colui che ha compreso il corollario dell’Etica secondo il quale «la volontà e l’intelletto sono una sola e stessa cosa» e che ha letto fino alla fine anche il corollario corrispondente: «questa dottrina è non poco utile alla comune società, in quanto insegna in qual modo i cittadini debbano essere governati e guidati, non per servire, ma per compiere quelle azioni che sono le migliori». Azione etico-politica e conoscenza sono legate in maniera imprescindibile nella vita di Cavaillès: «Jean Cavaillès è la logica della Resistenza vissuta fino alla morte. Che i filosofi dell’esistenza e della persona facciano lo stesso, la prossima volta, se possono».
La polemica di Canguilhem era contro Jean-Paul Sartre il quale, mentre Cavaillès veniva fucilato, era in vacanza nei Paesi baschi in compagnia di Simone De Beauvoir. In Cavaillès, proprio in quanto spinozista, Canguilhem intravedeva invece il legame tra il filosofo e il combattente. Lo aveva confermato per tempo lo stesso autore di Sulla logica e la teoria della scienza: «Sono spinoziano, credo che noi cogliamo ovunque la necessità. Necessari i concatenamenti della matematica, necessarie le tappe della scienza matematica e persino la lotta che conduciamo». È questa la disposizione verso il mondo nella quale Gaston Bachelard ravvisava «un’autentica grandezza» e «una bellezza astratta che si fa sempre più rara ai nostri giorni».