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O.N.U.

LIBANO: BEIRUT. AI FUNERALI DI GEMAYEL, UN SOLO GRIDO. "Non più morte", "Vogliamo vivere"!!!

venerdì 24 novembre 2006 di Federico La Sala
Centinaia di migliaia di persone per l’ultimo addio al giovane ministro. In piazza striscioni, bandiere e slogan contro la Siria e contro Hezbollah
Beirut, tensione ai funerali di Gemayel. Il premier Siniora chiede aiuto all’Onu
Scontri fra sciiti e sunniti dopo le esequie, alcuni feriti. E Nasrallah chiede ai suoi di finire l’occupazione dell’aeroporto *
BEIRUT - Dolore e tensione. "Ma noi non abbiamo paura". Questo il clima in Libano dopo l’assassinio del ministro dell’Industria Pierre (...)

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venerdì 24 novembre 2006

Beirut, in 200mila alle esequie di Gemayel*

Pierre GemayelAlmeno 200mila persone a Beirut per i funerali del ministro dell’industria assassinato martedì. La folla ha reso omaggio a Pierre Gemayel ha avuto lacrime di dolore per il trentaquattrenne ministro libanese, ucciso in un agguato, e di collera per colui che molti accusano di essere il mandante di quell’omicidio: il presidente siriano Bashar Assad. Una marea umana, almeno duecentomila persone secondo le stime, ha inondato le strade intorno alla cattedrale maronita di San Giorgio in cui si è celebrata la funzione funebre. Dentro la chiesa hanno preso posto famigliari e dignitari che commossi hanno seguito il rito officiato dal patriarca Nasrallah Sfeir. Dopo il rito la battaglia politica è ripresa in tutta la sua forza. Su un palco allestito nella vicina piazza dei Martiri, protetti da un vetro antiproiettile, si sono avvicendati i leader del fronte anti-siriano.

La giornata del dolore è iniziata a Bikfaya, la cittadina sulle montagne a est di Beirut in cui Pierre Gemayel era nato. Dopo un’ultima preghiera nella casa del XIX secolo della famiglia dello scomparso ministro, che già nel 1982 aveva pagato un tributo di sangue con l’assassinio dell’allora presidente libanese Bashir Gemayel, zio di Pierre, il feretro è stato portato a spalla lungo la strada principale del villaggio tra due ali di folla. Le donne lanciavano riso e petali di fiori sulla bara avvolta nella bandiera libanese e con le insegne della Falange cristiana, il partito di Gemayel. Poi la salma è stata caricata su un carro funebre diretto nella capitale.

Quando verso mezzogiorno il corteo funebre è arrivato a Beirut, il centro della capitale era già affollato da decine di migliaia di persone accorse a dare l’ultimo saluto al giovane ministro scomparso. Le vie più importanti erano presidiate da centinaia di agenti e militari in assetto antisommossa, nel timore di incidenti. Proprio dal padre della vittima, l’ex presidente Amin Gemayel, era arrivato però un appello a far sì che la cerimonia non fosse occasione di disordini.

La bara è stata scaricata dall’auto e portata a spalla fino alla chiesa, tra la folla che premeva sventolando bandiere libanesi, foto del defunto ministro e di un altro "martire", l’ex premier Rafik Hariri assassinato il 14 febbraio del 2005. Negli ultimi due anni, le vittime nel fronte politico antisiriano sono state sei. Nella cattedrale, oltre ai famigliari, hanno preso posto i leader politici, compreso il presidente del parlamento Nabih Berri, la cui fazione Amal è alleata di Hezbollah e dunque vicina alla Siria. C’erano anche il ministro degli Esteri francese Philippe Douste-Blazy e il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa e il sottosegretario della Farnesina Ugo Intini. Insieme con il ministro, è stato ricordato la sua guardia del corpo Samir Shartuni, morto anch’egli nell’agguato.

Nella stessa piazza dei Martiri in cui al termine della funzione cristiana è stato ricordato Gemayel, il 14 marzo del 2005 un milione di persone si radunò per l’oceanica manifestazione di protesta che per l’omicidio Hariri convinse e di fatto costrinse la Siria a ritirare in tutta fretta le truppe che ancora aveva in Libano. La gente era meno oggi, ma il clima non è cambiato: il Libano vuole liberarsi per sempre dal giogo siriano.

«Cacciate l’agente di Bashar da Baabda», urlava la gente riferendosi al palazzo presidenziale, occupato da Emile Lahoud considerato la quinta colonna della Siria a Beirut. Un gruppo di giovani ha distrutto ritratti di Lahoud, Bashar e del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, i principali sostenitori di Hezbollah che in luglio ha trascinato il paese in guerra contro Israele. Anche contro il leader del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, se l’è presa la folla. «Nasrallah, vieni a vedere qual è la maggioranza» nel paese, è stato uno degli altri slogan.

A Beirut tutti attendono un «nuovo 14 marzo» un’altra, imponente manifestazione antisiriana come quella che, nel 2005, aveva raccolto un milione di dimostranti in Piazza dei Martiri ad un mese dall’attentato contro Hariri e segnato la fine della trentennale tutela militare di Damasco sul Paese dei Cedri.

In attesa che si «calmino le emozioni», il movimento Hezbollah avrebbe deciso di rinunciare, almeno «nei prossimi giorni», alle preannunciate manifestazioni di piazza e a qualsiasi azione di protesta contro il primo ministro Siniora. I giorni precedenti l’attentato erano stati segnati dalla rottura dei colloqui per la formazione di un governo di unità nazionale e le dimissioni dei ministri sciiti che non avevano impedito al premier di deliberare sul tribunale internazionale per l’assassinio di Rafik Hariri.

Non meno dure sono state le parole arrivate dal palco. «Questo è l’inizio del conto alla rovescia per l’elezione di un nuovo presidente», ha detto Amin Gemayel. Nonostante lo strazio per la morte del figlio, ha parlato di «inizio di una seconda rivoluzione per l’indipendenza del Libano». Il leader druso Walid Jumblatt è tornato ad accusare la Siria. «Non uccideranno la nostra determinazione a vivere, non uccideranno la nostra determinazione a rifiutare la cultura della morte», ha assicurato.

Il leader cristiano Samir Geagea si è scagliato invece contro l’intenzione di Hezbollah di far cadere il premier Fouad Siniora e formare un governo di unità nazionale. «Questo è il nostro governo ed è legittimato dal nostro parlamento, dalla nostra presenza e dal sangue dei nostri martiri», ha detto. Gemayel, ha proseguito, è stato ucciso per impedire alla giustizia di fare il suo corso contro gli assassini di Hariri e ora l’unico modo per impedire nuove morti eccellenti è far lavorare la Corte internazionale approvata dall’esecutivo Siniora.

Sull’omicidio Gemayel ora indagherà la stessa squadra di inquirenti internazionali, guidata dal magistrato belga Serge Brammertz, chiamata a investigare sull’attentato del febbraio dello scorso anno ad Hariri. Ieri sera Siniora ha chiesto ufficialmente l’aiuto delle Nazioni Unite per le indagini e il Consiglio di sicurezza glielo ha accordato. «Siamo decisi a sostenere il governo del Libano nei suoi sforzi per portare davanti alla giustizia gli esecutori, gli organizzatori e i mandanti dell’assassinio di Pierre Gemayel», hanno scritto i quindici membri dell’esecutivo Onu in una lettera al segretario generale Kofi Annan.

* www.unita.it, Pubblicato il: 23.11.06 Modificato il: 23.11.06 alle ore 18.40


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