La democrazia è che i generali vanno a casa
di Raniero La Valle
Riceviamo da Enrico Peyretti questo articolo di Raniero La Valle della rubrica “Resistenza e pace” che uscirà su Rocca (rocca@cittadella.org ) del 15.06.07 *
Resistenza e pace
Si può salvare la Repubblica? Le istituzioni tengono, ma lo spirito è debole. Ciò che è accaduto con la vicenda Visco-Speciale e con la fallita “spallata” al governo Prodi, ha fatto accendere un segnale di allarme rosso. Altre volte la Repubblica è stata in pericolo, per Servizi deviati, generali golpisti, stragi di Stato, oscuri giochi delle parti tra Brigate Rosse e ceti politici antimorotei; abbiamo avuto perfino un capo dei contrabbandieri al comando della Guardia di Finanza e un vertice della magistratura ridotto a un porto delle nebbie; ma il gioco politico che si svolgeva alla luce del sole era formalmente corretto, la cultura democratica era fuori discussione, l’opposizione rispettava le regole e la coscienza pubblica era sana. È grazie a ciò che delle grandi emergenze democratiche sono state superate con relativa facilità, e di alcune si è perso perfino il ricordo.
Ma ora è la politica stessa, nelle sue espressioni quotidiane e pubbliche, che si è trasformata in un gioco al massacro; le rappresentazioni serali del confronto politico traboccano di odio, sete di vendetta, disprezzo per l’avversario; un distinto signore come l’ex democristiano D’Onofrio tratta beffardamente il ministro Padoa Schioppa in Senato come un minorato psichico, come un ignorante della Costituzione e come un intruso al palazzo. La percezione che lo schieramento battuto alle elezioni ha del governo legittimo del Paese, è che si tratti di una banda di usurpatori; il loro imperdonabile delitto, ogni momento additato alla esecrazione degli “Italiani”, è che, approfittando di un attimo di distrazione di Berlusconi o di qualcuno dei suoi elettori ed alleati, essi abbiano rubato il potere all’unica parte politica sana del Paese, designata a governarlo per diritto divino; e poiché per meglio gestire il potere destra e sinistra hanno creato un sistema in cui il conflitto politico non si può più dirimere attraverso le procedure parlamentari e il Parlamento non è più il luogo dove si formano e cadono i governi, l’unico assillo dell’opposizione, l’unico suo discorso politico, l’unico suo contributo al dibattito pubblico è del come si possa abbattere il governo a spallate, come lanciargli contro veleni e dossiers, come mobilitare la piazza e inventarsi scioperi fiscali e insomma come ristabilire, con le buone o con le cattive, la normalità di un governo della destra.
In quest’ultima occasione, l’uso di una testa d’ariete come il comandante della Guardia di Finanza contro l’esecutivo e in particolare contro il titolare della lotta all’evasione fiscale, è stato francamente eversivo. Se il ministro Padoa Schioppa non avesse finalmente rivelato quale era il punto politico della contesa, il governo non avrebbe meritato di sopravvivere, per questa sua incapacità di motivare e far capire perfino le cose buone che fa. E il punto politico era che la separazione dei poteri riguarda solo l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario, e che non esistono altri poteri o corpi separati che possano rivendicare una loro autonomia, e tanto meno le Forze Armate che sono tenute per legge a conformarsi ai principi democratici della Repubblica; e che se esiste un conflitto tra un generale e il governo, o va via il generale o va via il governo; ma se va via il governo non siamo più in Italia e in Europa, bensì in una “repubblica delle banane”.
Ora il vero problema è come mettere in sicurezza la Repubblica, come evitare che attentati e rischi di questo genere possano ripetersi. È inutile fare appello a un ammorbidimento del clima politico, al senso dello Stato dei protagonisti e almeno all’educazione degli eletti (si fa per dire) ai seggi parlamentari.
La salvezza delle istituzioni non può dipendere dal ravvedimento dei singoli. Occorre reintrodurre delle garanzie oggettive: una governabilità che non significhi l’inamovibilità dell’esecutivo per l’intera legislatura, un Parlamento che riacquisti il suo ruolo come fonte e limite del potere di governo, un’opposizione che sia vincolata all’obbedienza alle leggi della democrazia e al rispetto delle persone (la immunità dei parlamentari riguardo alle opinioni espresse nell’esercizio del mandato non può estendersi alla licenza di insulto e di annientamento simbolico dell’avversario), una legge elettorale che produca una vera rappresentanza e che non trasformi una minoranza in maggioranza schiacciante, una regola del gioco che non costringa i partiti ad alleanze innaturali con forze dall’opposto sentire politico, una ripresa di autorità e dignità della politica che faccia venir meno quel vuoto che oggi è riempito dalla supplenza caricaturale dei media che mettono in scena la politica come spettacolo nell’arena di un set televisivo.
Soprattutto è necessario che il gregarismo di masse cui è stata tolta ogni seria informazione e cultura politica non venga elevato a rango costituzionale mediante l’instaurazione di un presidenzialismo irresponsabile e l’istituzionalizzazione del culto della personalità; e che lo stesso “criterio” del politico cessi di essere la contrapposizione col nemico, e torni ad essere il bene comune e l’interesse generale.
Raniero La Valle
* Il Dialogo, Mercoledì, 13 giugno 2007