Il nuovo partito di B&B
di LUCA RICOLFI (La Stampa, 26/8/2007)
La nascita del Partito della libertà mi ricorda quella della dea greca Pallade Atena, da noi popolo italico provincialmente ribattezzata Minerva, la dea della guerra. Atena, secondo il mito, nacque da un feroce mal di capo di Zeus (detto Giove, sempre qui da noi...), balzando fuori all’improvviso dalla sua testa, già armata di tutto punto. Così Michela Vittoria Brambilla, armata dei suoi Circoli della libertà, pare irrompere sulla scena politica italica da un mal di testa del Cavaliere, giustamente annoiato dai rituali degli alleati e dal grigiore della nomenklatura di Forza Italia (da lui stesso messa in sella, peraltro).
La spettacolarità e la subitaneità del parto non devono trarre in inganno, però: Berlusconi e Brambilla hanno fatto la cosa giusta, dal loro punto di vista. Secondo i sondaggi degli ultimi mesi, se si andasse a elezioni anticipate la destra le vincerebbe quasi sicuramente. Creare il Partito della Libertà significa togliere di mezzo quel «quasi», e lasciare in pista solo il «sicuramente». Vediamo perché.
Oggi in Italia il centro-destra ha 10-15 punti di vantaggio sul centro-sinistra. Gli elettori di sinistra sono delusi, alcuni sono passati definitivamente alla destra, molti dichiarano che la prossima volta non andranno a votare. Lo raccontano ai sondaggisti, ma lo faranno davvero? Qui sta il punto. La risposta dipende da chi guiderà i due schieramenti, ma soprattutto da chi guiderà il centro-destra. Se il centro-destra fosse guidato da un Sarkozy italiano, non ci sarebbe partita: la destra sfonderebbe, conquistando fra il 55 e il 60% dei consensi. Ma se la destra fosse guidata, ancora una volta, da Berlusconi?
Allora comincerebbero i tentennamenti. L’elettore medio di sinistra è gregario (o razionale, se preferite), come lo era l’elettore medio democristiano: non ha troppi problemi a votare «turandosi il naso», perché per l’elettore razionale votare significa scegliere il male minore, e di fronte a Satana anche il peccatore più incallito sembra un bravo ragazzo. Dunque voterà qualsiasi cosa il convento di sinistra gli offra: l’importante, si sentirà dire, è «non riconsegnare il paese a questa destra». Insomma rivedremo il solito film: chi non voterà a sinistra sarà considerato un traditore, un nemico della democrazia, un irresponsabile. E poiché nessuno, al momento, può sapere quanti di noi si piegheranno a questo ricatto morale, la vittoria del centro destra è solo quasi sicura.
Naturalmente è possibile che abbia ragione Edmondo Berselli, secondo cui - dopo lo spettacolo offerto dall’Unione - Berlusconi vincerebbe comunque, qualsiasi cosa faccia la sinistra. Ma un piccolo margine di rischio esiste sempre: e se i delusi dalla politica disertassero in massa le urne? E se Montezemolo facesse un suo partito? E se nascesse «la cosa bianca» (nuova Dc) e si alleasse con il centro-sinistra, pur di scongiurare il ritorno del Cavaliere? E se Veltroni ipnotizzasse il paese parlando di cinema e di Africa? In ciascuno di questi scenari il centro-destra rischia qualcosina. Non molto, ma un piccolo rischio c’è. Ebbene, a mio parere il Partito della Libertà - per il momento in cui nasce e per gli umori che potrebbe incanalare - è una formidabile polizza contro questi rischi.
Oggi c’è in Italia, specie al Nord, un pezzo di elettorato che detesta i partiti, è esasperato dal fisco, ha paura della criminalità comune, e non si fida di questa sinistra ma neppure del tipo di destra che ha governato l’Italia dal 2001 al 2006. Questo tipo di elettorato medita più o meno seriamente di non scegliere alcun partito, ed è catturabile solo da una formazione politica del tutto nuova, con forti caratteri decisionisti, antipolitici, anticentralisti. Un pezzo di questo segmento elettorale confluirà sicuramente nella Lega. Un altro avrebbe potuto essere catturato dal Partito democratico del Nord, se qualcuno avesse avuto il fegato di crearlo. Un altro ancora avrebbe visto con entusiasmo la nascita di un partito liberal-radicale, guidato da Montezemolo, da Capezzone o da altri. Ma dato che nessuna di queste eventualità si è verificata, ecco che lo spazio politico lasciato libero da tutti gli altri potrebbe essere occupato dal partito di BB (Berlusconi & Brambilla), il che permetterebbe a Berlusconi di ricandidarsi alla guida del paese senza alcun vero rischio. Come ha notato subito Lucia Annunziata, il Partito della Libertà è il partito della rinascita di Berlusconi, che gli consente di rimandare sine die la ricerca di un successore, di un erede politico. Dunque B & B, dal loro punto di vista, hanno fatto benissimo. Ma dal nostro?
Qui le cose cambiano drasticamente. Nulla, al momento, autorizza a pensare che il nuovo partito nasca da un ripensamento (auto)critico sul quinquennio berlusconiano. Che non è certo stato quel che la sinistra suppone, ma nemmeno quel che la destra pretende. Contrariamente a quel che molti credono, l’Italia del 2006, che Berlusconi ha consegnato a Prodi, aveva più tasse e più criminalità dell’Italia che Berlusconi stesso, nel 2001, aveva ereditato dal centro-sinistra. Quanto alle grandi riforme modernizzatrici, ne abbiamo viste in funzione pochine: niente ammortizzatori sociali, niente liberalizzazioni, niente federalismo, nessun intervento effettivo sulle pensioni. E domani?
Domani si vedrà. Ma il rischio più grave è quello che, nei giorni scorsi, paventava Galli della Loggia sul Corriere della Sera: che il Partito della Libertà sia solo un espediente organizzativo per mascherare un vuoto politico, ossia l’endemica mancanza di discussione, di idee, di analisi del centro-destra italiano. Soprattutto l’incapacità dei leader della Casa delle Libertà di rispondere alla domanda delle domande: perché, nonostante una maggioranza parlamentare schiacciante, in cinque anni avete modernizzato così poco il Paese? Finché a questa domanda non verrà data alcuna risposta, è inutile illudersi che Berlusconi possa riuscire dove Prodi sta fallendo: il Partito della Libertà potrà anche ridare il governo a Berlusconi, ma difficilmente potrà dare un governo agli italiani.