Si può votare ma non eleggere?
Potrebbe accadere se fosse provato quanto sostiene «Uccidete la democrazia!», il film sul voto di aprile. Potere politico, segreto, visibilità: la lezione di Bobbio
di GIOVANNI DE LUNA (La Stampa, 25.11.2006)
La tesi di Deaglio e Cremagnani sul tentativo di brogli perpetrato alle ultime elezioni è al vaglio della magistratura. Dalla lunga notte del 10 aprile 2006 affiorano ricordi inquietanti. Fatti insoliti, alcuni mai accaduti prima, si susseguirono a ritmo incalzante, dal fallimento degli exit-poll all’irrituale riunione a Palazzo Grazioli con i leader di Forza Italia e il ministro dell’Interno, Pisanu, che lasciò il ministero per la convocazione urgente di Berlusconi. A ora tarda Piero Fassino (volto teso, senza gioia) annunciò la vittoria del centro sinistra per 25 mila voti. La mattina dopo, la notizia della cattura del boss Bernardo Provenzano, latitante da 43 anni.
Come sparirono le schede bianche
Deaglio e Cremagnani suggeriscono di guardare con attenzione alle schede bianche. Molte altre «anomalie» di quelle elezioni hanno una spiegazione efficace: l’affluenza ai seggi e il numero degli elettori fu maggiore del previsto, in controtendenza rispetto alle elezioni precedenti. Si trattò di una fetta consistente dell’elettorato di destra che rispose convinto all’appello di Berlusconi a «non andare al mare». Anche le «nulle» diminuirono perché il voto era più semplice. La sparizione delle schede bianche appartiene però a un altro ordine di fenomeni: nella «bianca» non c’è la diserzione dalle urne e la disaffezione per la politica, ma un voto di protesta, sempre presente in tutte le elezioni italiane, con percentuali progressivamente in crescita. Ebbene, nel 2006 il loro numero precipita di colpo (1.246.551 in meno, passando dal 4,2% all’1,1%), intrecciandosi con un altro particolare che ha dell’incredibile. La loro distribuzione geografica ha infatti sempre esemplificato con grande efficacia i variegati comportamenti dell’elettorato italiano, con una presenza sempre più massiccia al Sud e minima nelle regioni rosse del Centro. Stranamente, però, nel 2006 tutte le regioni presentano più o meno la stessa percentuale di schede bianche, attestate dovunque, in Emilia Romagna come in Sicilia, tra lo 0,8% e il 2,2%.
Inedita, sospetta uniformità
Mai, in 150 anni di storia italiana, si era verificata una simile uniformità, se non all’epoca dei «plebisciti» indetti dal fascismo. Deaglio e Cremagnani hanno intervistato l’informatico americano Clinton Curtis, che ha elaborato un programma semplice per la manipolazione dei dati elettorali, sperimentato con successo nelle elezioni per il governatore dell’Ohio. Nel loro video si assiste alla dimostrazione di come piazzare il «frullatore» che centrifuga le schede bianche e di come i dati ripuliti - completamente diversi da quelli immessi in partenza dalle varie prefetture - arrivino poi al terminale.
Sembra quindi che quella notte questo frullatore sia entrato in azione e che a un certo punto sia stato disattivato. Dopo la denuncia di Pisanu, si vedrà se l’ipotesi regge. Pure, l’iniziativa di Deaglio e Cremagnani un risultato l’ha già ottenuto. Per la prima volta ci siamo misurati con il rischio che gli italiani - soprattutto con l’introduzione del voto elettronico - possano «votare» ma non «eleggere». Se n’è parlato spesso a proposito della visione che Bobbio aveva dei rapporti tra il «segreto» e il potere politico: una quota di «invisibilità» dev’essere necessariamente presente in un ordinamento democratico e talvolta il «segreto di Stato» serve a proteggere più i cittadini che i governanti (è così per i nuovi diritti legati alla tutela della privacy). Ma quanto maggiore è il tasso di «visibilità», più si può parlare di una democrazia compiutamente realizzata. Quello che una democrazia non si può permettere è che l’«invisibilità» arrivi a lambire le procedure elettorali. È l’unico luogo dove la sovranità popolare si dispiega nella sua interezza e in quel luogo non c’è spazio per «coperture» e sospetti.