Le lodi al Cavaliere per l’abile regia usata dopo il malore
Il Foglio provoca «Lo svenimento era perfetto»
di UGO MAGRI *
C’è modo e modo di sentirsi male. Quello di Silvio Berlusconi, per esempio, è stato «uno svenimento perfetto». Talmente bello e plastico, con «la mano appena sollevata a cercare sostegno, lo sguardo fisso ma non scomposto, un’ottima caduta e infine suole di scarpe sollevate a mostrare l’assenza di tacchi posticci, da poter sembrare anche finto, col Cav. che dall’elicottero, riavutosi dal mancamento, ridacchia al telefono...». No, non è la prosa al veleno di Curzio Maltese, e nemmeno un blog di Beppe Grillo. E’ l’ultimo divertimento di Giuliano Ferrara: un gioco brillante a prender sul serio la leggenda del Cavaliere che, da grande gestore della propria immagine, s’è tirato addosso i riflettori per lanciare in orbita la manifestazione di sabato. «L’arte di trasformare un mancamento in un colpo di teatro (e rivendicarlo)», è il titolo ammiccante del Foglio.
L’idea sembra spericolata ma, al fondo, è meno provocatoria di quanto appare. Addirittura, se si dà retta a un intellettuale di destra come Marcello Veneziani, cela un fondo laudatorio nei confronti di Berlusconi. «Un incrocio raffinato tra Oscar Wilde e Togliatti», arriva a definirla. Perché «da una parte c’è il gusto di buttarla sul dandismo, con quel richiamo di Ferrara alla finzione perfetta; dall’altro c’è l’astuzia di negare l’idea del leader malato, che se tale appare dev’essere per forza una finzione scenica. Sapendo perfettamente di incontrare per questa via la filosofia energetica e salutista del Cavaliere». Il paradosso di Veneziani è che mettere in dubbio il collasso, e segnalarne l’uso politico, costituisce la forma più sofisticata di berlusconismo, quella che alimenta «il mito dell’uomo immortale, indistruttibile».
Sottoscrive don Gianni Baget-Bozzo, «cappellano» di Forza Italia: «Ferrara considera Berlusconi inevitabilmente bello, e così pure il suo svenimento diventa opera d’arte. Da teo-con ateo non comprende, o finge di non comprendere, che pure la debolezza ha invece la sua forza. Un leader fragile fino a svenire davanti a tutti mostra agli italiani che per la causa è disposto a sacrificarsi personalmente. Giovanni Paolo II fu un esempio di immensa forza basata proprio sulla fragilità. Che poi Berlusconi desideri apparire sano e vitale, non è perché lui ami coltivare la mondanità, ma perché così va il mondo e dunque deve adeguarsi».
La stroncatura più netta viene da un personaggio che di palcoscenici televisivi se ne intende: Maurizio Costanzo. «Colpo di teatro? Non ce lo vedo proprio. A Berlusconi cosa servirebbe far leva su un episodio come lo svenimento? Per andare in televisione? Suvvia. Ma se il Tg5 di domenica sera non ha nemmeno trasmesso le immagini... E se l’hanno oscurato perfino in casa sua, mi sembra che ciò tagli la testa al toro». Il Cavaliere non ha tratto alcun giovamento, s’è sentito male e basta. Del che non dubita il massimo attore italiano vivente, Dario Fo. «Io tante volte ho recitato e insegnato la parte dello svenimento. Quello di Berlusconi non aveva affatto i canoni della finzione. Poi, certo, lui è bravissimo a ribaltare ogni situazione. Classico del teatro è anche dare all’incidente un significato spettacolare, girarlo dopo a proprio vantaggio. Ma andrei piano a parlare di svenimento perfetto. Semmai mi è sembrato più un deliquio femminile, da melodramma. Come quello di Mimì nella Bohème: a tavolino, ne avrebbe studiato uno assai più eroico».
E invece no, protesta Claudio Velardi, già consigliere di Massimo D’Alema, ora esperto di comunicazione politica: «Non c’è solo lo svenimento alla Mimì. C’è pure quello eroico e tragico di Berlinguer, caduto sul teatro di guerra. Se vogliamo parlare di politica, il corretto paragone, sia pure alla lontana, mi sembra quello». Che Ferrara abbia fatto centro? «Sì, è stato proprio uno svenimento perfetto. Ottimamente gestito. Berlusconi è talmente bravo nel comunicare che, perfino inconsciamente, ha interpretato la parte da grande campione...».
* La Stampa, 29.11.2006