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Per la pace delle fedi !!!

"NATIVITY": E’ "NATALE"!!! L’ "EPIFANIA": IL "PRESEPE", "GESU’", E I "RE MAGI"!!! IL BUON-MESSAGGIO, I FILOSOFI E LA "FIABA" ... DI PINOCCHIO!!! Due "atei" a confronto: il cattolico Maurizio Schoepflin risponde a una "fortissima" provocazione di Maurizio Ferraris. Con GIOACCHINO, vincono PIRANDELLO e FREUD !!!

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" ... E CONTINUA A "GIRARE" IL SUO FILM PREFERITO, "IL PADRINO".
venerdì 5 gennaio 2007 di Federico La Sala
[...] Se è vero, come è vero, che "costruire il Presepe in casa può rivelarsi un modo semplice, ma efficace di presentare la fede per trasmetterla ai propri figli" e alle proprie figlie; e, ancora, se è vero, come è vero, che "il Presepe ci aiuta a contemplare il mistero dell’amore di Dio che si è rivelato nella povertà e nella semplicità della grotta di Betlemme”, e, che “San Francesco d’Assisi fu così preso dal mistero dell’Incarnazione che volle riproporlo a Greccio nel (...)

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mercoledì 29 novembre 2006

Religione senza guerra

di Siegmund Ginzberg *

Poche parole semplici per una situazione complicata. «Cristiani e musulmani appartengono alla famiglia umana di quanti credono nell’unico Dio». Cristiani e musulmani uniti dal concorde riferimento al patriarca Abramo, sia pure secondo «le rispettive tradizioni». Avrebbe potuto tranquillamente dire cristiani, musulmani, ebrei. Ed in effetti l’ha pure detto, e abbastanza chiaramente. Stesso Dio, anche se chiamato con nomi diversi, che poi sono lo stesso nome, anche se non lo si nomina. Stesso ceppo. Soprattutto stessa famiglia, il genere umano.

Benedetto XVI in Turchia ha fatto ricorso alle parole più semplici, ad una sua personale versione del "rasoio di Occam", per sciogliere un nodo che si era andato aggrovigliando a dismisura. Stavolta, di parole, non ne ha sbagliata una.

Il Papa che qualcuno, dalle nostre parti, dopo il discorso di Ratisbona, aveva esaltato come uno che finalmente ha il coraggio di dirgliene quattro agli islamici, spiegargli perché la fede dell’Occidente è più umana e razionale della loro, si è trasformato a sorpresa nel più ecumenico dei papi, nel più rispettoso delle sensibilità altrui. Per chi in cuor suo auspicava un Papa che seguisse grosso modo la linea, se non il linguaggio di Oriana Fallaci, forse è una tremenda delusione. Per gli altri, se non una sorpresa, quello che ci saremmo aspettati in frangenti difficili come questi da un grande leader.

Ha parlato di «stima», «rispetto reciproco» tra cristiani e islamici, di «dialogo» da «portare avanti come un sincero scambio di amici». Insomma in termini di parità, non di superiorità di una religione, quella di cui è a capo, rispetto alle altre. Si è guardato bene dall’ingenerare qualsiasi equivoco di rimprovero. Quando ha detto che «bisogna usare la religione in modo diverso», nel senso che dovrebbero essere strumento di pace e di dialogo, non di guerra e conflitto, era chiaro che intendeva dire tutte le religioni, anche la sua, non solo quelle del dirimpettaio.

«I cristiani e i musulmani - ha insistito - seguendo le loro rispettive religioni, richiamano l’attenzione sulla verità del carattere sacro e della dignità della persona». Ha sciolto, con una semplicità e chiarezza che più di così non si può, i dubbi che erano insorti circa la sua volontà di continuare o meno nel solco del Concilio Vaticano II e del dialogo tra tutte le fedi, a cominciare da quelle monoteiste. «La Chiesa cattolica vuole andare avanti sulla scia del Concilio Vaticano II per una nuova pagina nella storia della nostra fede», ha detto al suo interlocutore, il gran muftì Ali Bardakoglu. Non trascurando di fargli notare che il principio del dialogo vale sia per i «fratelli musulmani» che per quelli che i suoi predecessori avevano definito i «fratelli maggiori ebrei»: «Lei sa che la "Nostra Aetate" è molto importante sia per la religione ebraica che musulmana», gli ha voluto esplicitamente ricordare. Commentando la scorsa estate le polemiche seguite alla sua lezione di teologia a Ratisbona, ci eravamo permessi di osservare che, se voleva davvero tagliare la testa ai dubbi e alle controversie, il modo più chiaro e semplice sarebbe stato ribadire che intendeva restare nel solco del Concilio voluto da Giovanni XXIII. L’ha fatto, estendendo ulteriormente la continuità: «Il Concilio Vaticano II ha messo il dialogo come strumento di incontro fra culture e religioni. Paolo VI ha dedicato un’intera enciclica al dialogo», ha ricordato, per concludere che pur «certamente nella piena aderenza alla propria fede» da parte di ciascuno, «ci apriamo all’altro per servire insieme Dio e servire l’umanità».

La novità clamorosa è che, nel momento più difficile, nel pieno di un viaggio non gradito a molti dei suoi ospiti, con sulle spalle la croce di un putiferio che pareva inarrestabile, questo Papa si è rivelato in grado di parlare a tutti, dialogare anche in chi non voleva dialogare o non credeva fosse possibile dialogare con lui. Il modo in cui ha posto la questione dell’unità delle religioni monoteiste rovescia totalmente la questione di chi tra i profeti delle tre religioni sia migliore o peggiore dell’altro. Il modo in cui ha posto il tema, molto delicato, della libertà di religione, potrebbe soddisfare sia gli estremisti laici che si ispirano ad Atatürk, sia il populismo dei politici islamici ora al governo in Turchia: «la libertà di religione costituisce per tutti i credenti la condizione necessaria per il loro leale contributo all’edificazione della società, in atteggiamento di autentico servizio, specialmente nei confronti dei più vulnerabili e poveri». Il modo in cui dice che rispetto e stima sono «la base per la collaborazione al servizio della pace tra nazioni e popoli, il desiderio più caro di tutti i credenti e di tutte le persona di buona volontà» fa piazza pulita, con estrema semplicità degli equivoci e dei sospetti cui aveva dato stura il discorso da teologo di Ratisbona. Papa Ratzinger che smentisce il cardinale Ratzinger sulla desiderabilità dell’ammissione della Turchia in Europa è più di quanto potevano volere o sperare di udire i suoi interlocutori politici ad Ankara. «Servire l’umanità», la fratellanza in un’unica «famiglia umana», «dignità della persona» potrebbero accontentare persino un miscredente e al tempo stesso umanista fanatico come Karl Marx. Gli avevano chiesto si scusarsi. Ha fatto molto meglio: ha spiazzato anche chi gli voleva male.

Forse, tra chi auspicava un capo della cristianità più capace di "tenere la rotta", mobilitare la propria parte alla guerra di civiltà in corso, c’è chi può avere ragioni per dolersi di tanto ecumenismo. Non può invece che rallegrarsene chi è convinto che queste "guerre" si vincono solo se si è in grado di parlare con tutti, anche quelli che non hanno alcuna voglia di ascoltare. Il metodo potrebbe portarlo anche dove non sono riusciti andare, e a farsi ascoltare, i suoi predecessori: magari fino in Cina e nella Russia ortodossa, più tosti della Turchia.

* www.unita.it, Pubblicato il: 29.11.06 Modificato il: 29.11.06 alle ore 6.33


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