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Italia...

LAVORO?! MILLE MORTI L’ANNO E’ UNA GUERRA !!! "POVERA VITA MIA" - 99 POSSE.

mercoledì 29 novembre 2006 di Federico La Sala
99 Posse
Povera vita mia
Alle volte mi ritrovo con la testa tra le mani
e penso di essere diventato pazzo
mi dico cazzo! non è reale qua mi devo calmare
eh già, devo stare calmo, riprendere il controllo,
lucidità, perché fa caldo qua,
senti che caldo che fa, si muore, ma si fa per dire
non è che fa caldo e uno muore
a meno che non sia anziano e c’abbia problemi col cuore
o di pressione, ma non è che fa caldo e uno muore
il caldo è una cosa naturale, come andare a lavorare
C’è l’affitto da (...)

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> LAVORO?! MILLE MORTI L’ANNO E’ UNA GUERRA !!! "POVERA VITA MIA" - 99 POSSE.

martedì 28 novembre 2006

Lo scandalo del lavoro che uccide

di Luciano Gallino (La Repubblica, 27.11.2006)

Per vari motivi il permanere degli incidenti sul lavoro su quote elevatissime - circa 950.000 casi all’anno, che si lasciano dietro 1200 morti e decine di migliaia di persone con invalidità più o meno gravi - è uno scandalo nazionale che non ha attenuanti. Giustamente il Papa e il capo dello Stato hanno richiamato l’attenzione su di esso. È uno scandalo, in primo luogo, perché in merito alle cause materiali degli incidenti si sa quasi tutto. La frammentazione pianificata dei processi produttivi in imprese e squadre di lavoro sempre più piccole, collegate da lunghe catene di esternalizzazioni a cascata e sub-appalti, disincentiva la formazione alla sicurezza. e in molti casi la rende tecnicamente inattuabile.

L’elevato numero di datori di lavoro che reclutano masse di lavoratori in nero, connazionali e immigrati, è un altro fattore che dalle due parti fa venir meno la voglia, il tempo, la stabilità dell’occupazione che sono indispensabili per la formazione alla sicurezza. Allo stesso effetto operano i contratti di lavoro atipici, in specie quelli con una durata di pochi mesi. Alle carenze formative si aggiungono i costi dei dispositivi attivi e passivi per la prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro che molte imprese, vuoi perché premute dalle pressioni sui costi provenienti dagli anelli superiori della catena di creazione del valore, vuoi perché nella loro agenda gli investimenti in sistemi di sicurezza non sono una priorità, cercano di limitare il più possibile.

Dal lato delle attività di prevenzione e controllo, un fattore che incide nel mantenere elevato il tasso di incidenti sul lavoro è la perenne carenza del numero degli ispettori del lavoro in servizio effettivo presso il ministero, l’Inail e le Asl. In qualsiasi impresa, un ispettore che non si vede significa, al minimo, uno scarso impegno dei capi nelle misure di sicurezza. Su scala nazionale, gli ispettori del lavoro effettivamente in servizio sono, salvo errore, meno di 2300, a fronte dei quali operano circa un milione e mezzo di imprese non individuali. Ciascun ispettore dovrebbe quindi controllare regolarmente lo stato delle misure di sicurezza in oltre 650 imprese. Poiché una singola ispezione in una piccola azienda prende almeno una giornata, spostamenti compresi, mentre nelle aziende con numerosi dipendenti richiede parecchi giorni, se ne ricava che ogni singolo ispettore può compiere una sola visita approfondita alle "sue" imprese ogni sei anni circa. Pertanto i datori di lavoro non in regola possono, sotto il profilo dei controlli preventivi cui sono esposti, dormire sonni tranquilli.

Alcuni dei fattori che concorrono a mantenere alto il numero degli incidenti gravi sul lavoro potrebbero essere alleviati o rimossi con provvedimenti ad hoc del legislatore. Per dire, mille nuovi ispettori del lavoro potrebbero essere assunti in pochi mesi mediante un decreto. Altri fattori appaiono più ostici nei confronti di un intervento. Non sarebbe facile, ad esempio, invertire la tendenza alla frammentazione dei processi produttivi e delle imprese. D’altra parte tale tendenza è stata accentuata dal decreto attuativo della legge 30, che ha facilitato la cessione di rami d’impresa anche nel caso in cui non erano in precedenza funzionalmente autonomi. Quel che il legislatore ha fatto, il legislatore può disfare o correggere.

Il guaio è che quando si tratta di incidenti sul lavoro il legislatore italiano appare discutere molto, ma concludere poco. Allo scopo di contenere i fattori di incidenti nei luoghi di lavoro occorre una legge complessiva sulla sicurezza del lavoro. La concatenazione di tali fattori ne fa un sistema complesso. Ci vuole quindi una legge di sistema per contrastarli, qualcosa di simile a un ampio testo unico sulla sicurezza del lavoro. Ora, se ben ricordo, di testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro si parlava già verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso. Per anni non successe nulla. Verso il 1994, la Commissione europea varò una specifica direttiva su tale tema. Il legislatore italiano si prese qualche tempo per riflettere, e nel luglio 2003 - nove anni dopo, governo Berlusconi in carica - emanava una legge che prevedeva un anno per preparare un decreto in materia di sicurezza dei lavoratori. Una bozza di Testo unico fu effettivamente predisposta dal ministero del Lavoro entro il 2004, ma le critiche al suo carattere regressivo levate dalle regioni, nonché da numerosi giuristi e altri operatori del settore, inducevano il governo a ritirarla poco dopo. In compenso veniva istituita una Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni e le "morti bianche" che ha concluso i lavori nell’aprile 2006, ribadendo con voto unanime la necessità, nullameno, di addivenire al più presto alla stesura di un Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Siamo così arrivati al governo Prodi. Il nuovo ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha fatto inserire in una legge che tratta in realtà di tutt’altro (la 248 del 4 agosto 2006) un articolo, il 36-bis, il quale contiene misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Misure apprezzabili, che però si limitano alla repressione dell’impiego di lavoratori irregolari, e soltanto nel settore dell’edilizia - un’area di intervento esigua rispetto all’enorme perimetro del lavoro malsicuro. Il problema è stato però prontamente affrontato dalla Commissione Lavoro della Camera. Già a metà luglio 2006 il suo presidente ribadiva l’esigenza di "un rapido intervento normativo volto all’emanazione di un testo unico in materia di sicurezza del lavoro". I membri della Commissione hanno espresso unanimi il loro consenso. I tempi? Forse un anno, un anno e mezzo, stando a dichiarazioni di alcuni membri e sottosegretari. Se tutto va bene, si arriva dunque a metà 2008 per vedere approvato finalmente un Testo unico. A quell’epoca, ricordano crudamente le serie statistiche, si saranno verificati altri 1800-2000 incidenti mortali sul lavoro. Che nessuno può pensare di azzerare, ma che sicuramente è possibile ridurre di molto con una legge adeguata. Forse è davvero giunto il momento di dare una scossa, almeno in questo campo, al processo legislativo.


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