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IRAQ. L’ "ANTICA BABILONIA" E’ FINITA. PRODI HA ANNUNCIATO IL COMPLETO RITIRO DELLA MISSIONE ITALIANA DA NASSIRIYA. 39 GLI ITALIANI CADUTI.

lunedì 27 novembre 2006 di Federico La Sala
I militari del nostro contingente ancora a Nassiriya sono circa sessanta
La missione era iniziata nell’aprile 2003 con l’impiego di 1.677 uomini
Iraq, Prodi annuncia ritiro completo:
"Ultimi italiani via entro il 2 dicembre"
E l’Inghilterra annuncia la riduzione delle truppe a partire dalla primavera del 2007
MILANO - "A Nassiriya rimangono solo 60-70 soldati italiani per la consegna delle caserme alla polizia irachena. Tra il primo e il due dicembre anche questi saranno tutti a casa". (...)

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giovedì 30 novembre 2006

NASSIRIYA, ULTIME ORE PER L’ANTICA BABILONIA *

KUWAIT CITY - Conto alla rovescia per Antica Babilonia, la missione militare italiana in Iraq. Tra poche ore la bandiera verrà ammainata a Little Italy, il campo - all’interno della base americana di Tallil - dove si sono ritirati i circa 60 soldati rimasti. E sabato quella stessa bandiera, insieme al generale Carmine De Pascale, il comandante della Garibaldi, che per ultimo lascerà Nassiriya, tornerà in Italia con tutti gli onori. Tempistica rispettata. A quel punto dall’inizio della missione - giugno 2003, quando i soldati schierati erano 3.200 - saranno passati tre anni e mezzo, durante i quali si sono alternati circa 30.000 militari di tutte le forze armate.

Trentadue di questi, oltre al funzionario del Sismi Nicola Calipari, "hanno sacrificato la vita per aiutare gli iracheni a costruire una nazione libera e democratica", come ha detto un paio di settimane fa il generale Usa George Casey, comandante delle Forze della Coalizione, salutando formalmente il contingente italiano. Dunque 33 vittime con la divisa, e sei civili, morti in diverse circostanze a Nassiriya e nel resto dell’Iraq. Il 6 novembre scorso i soldati italiani hanno lasciato agli iracheni la storica base di Camp Mittica, dove quasi l’intero contingente si era ritirato pochi mesi dopo l’attentato del 12 novembre 2003. Due settimane dopo, a Baghdad, l’addio e il ringraziamento di Casey: "il popolo italiano - ha detto il generale Usa- può essere orgoglioso del contributo dato dai suoi militari nella guerra al terrorismo e noi siamo fieri di aver lavorato fianco a fianco con alleati così coraggiosi. Avete completato la vostra missione nella provincia del Dhi Qar".

Completare la missione voleva dire ’restituire’ l’area di competenza, cioé questa provincia nel sud sciita dell’Iraq, ai suoi legittimi proprietari, gli iracheni, quando questi fossero stati in grado di garantire la sicurezza da soli. Per ottenere questo risultato soldati e carabinieri sono andati avanti a tappe forzate, addestrando due battaglioni della 3/a brigata dell’Iraqi Army e 12.000 poliziotti. Il trasferimento di responsabilità della sicurezza è avvenuto formalmente il 21 settembre, nel corso di una cerimonia blindata alla quale erano presenti il premier al Maliki e il ministro della Difesa Parisi. Ancora per circa un mese, poi, i militari della Garibaldi hanno continuato a monitorare l’operato delle forze di sicurezza locali, ma dal 31 ottobre pure questo periodo di supervisione (’operational overwatch’) è finito.

E agli italiani sono subentrati, in questo compito, i soldati australiani. A quel punto il comando del contingente, con il contributo del Sismi, si è concentrato esclusivamente sulla fase del rimpatrio, peraltro già avviata da tempo. Un’operazione logistica enorme - si trattava di riportare a casa tanti mezzi e container di materiali che, se allineati, avrebbero formato una colonna lunga 12 chilometri - e rischiosa. Il problema principale era giungere indenni in Kuwait: 350 chilometri di deserto dove, negli ultimi tempi, sono stati numerosi le rapine e i sequestri da parte della guerriglia. Fortunatamente non ci sono stati incidenti, merito anche dell’imponente dispositivo di sicurezza - con uomini delle forze speciali a terra, elicotteri e aerei senza pilota Predator a vigilare dall’alto - che ha accompagnato ogni convoglio.

Mezzi e materiali sono stati imbarcati su una decina di navi cargo, mentre i soldati sono rientrati quasi tutti con aerei militari o civili. Ma che cosa lasciano gli italiani? A parte una serie di infrastrutture militari, che verranno utilizzate dalla polizia e dall’Esercito del dopo Saddam, il contingente ha realizzato una serie di interventi nel campo civile, per diverse decine di milioni di euro, in vari settori: soprattutto quello scolastico e sanitario, ma anche energetico e idrico. Il lavoro più importante, però, è stato probabilmente proprio quello della ricostruzione delle forze di sicurezza locali. Un’attività, come ha annunciato nei giorni scorsi il capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Di Paola, che proseguirà anche in futuro.

Gli italiani, infatti (e in particolare i carabinieri, come ha confermato ieri il comandante generale dell’Arma Gianfrancesco Siazzu) continueranno a partecipare all’ attività addestrativa, anche nell’ambito della Training mission della Nato e in altri programmi, in corso a Baghdad. Un impegno che ci vede impegnati da tempo con una decina di uomini e che "forse - ha detto Di Paola - sarà potenziato in futuro". Ma anche sul versante civile resterà una presenza italiana, perché l’Unità di ricostruzione presente a Nassiriya (attualmente con a capo una donna) continuerà a lavorare. Riguardo ai costi, Antica Babilonia è stata finanziata con un totale di oltre 1.500 milioni di euro per le attività proprie del ministero della Difesa. Sono stati sette i decreti (poi convertiti in legge) che ogni sei mesi hanno assicurato la copertura degli oneri finanziari: circa 225 milioni di euro per il secondo semestre 2003, 208 milioni per il primo semestre 2004 e, a seguire, 284 milioni, 268 milioni, 213 milioni, 187 milioni e, infine, 128 milioni e mezzo per la fase di rientro.

* ANSA » 2006-11-30 17:42


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