IL CIELO
Tornado su altri pianeti: Venere, Saturno, Giove
di Piero Bianucci *
La navicella europea «Venus Express» in questi giorni ci sta svelando nuovi aspetti dei giganteschi vortici atmosferici che si avvitano intorno ai poli del pianeta Venere. Intanto la sonda «Cassini» (Nasa ed Esa) ha osservato la formazione di un tornado su Saturno. E da più di un anno su Giove è comparso un nuovo vortice (non polare) simile alla «Macchia Rossa», proprio mentre questa storica tempesta gioviana in corso da circa tre secoli sta perdendo vigore.
Sono tutti fenomeni interessanti in sé, ma diventano ancora più interessanti se messi a confronto con fenomeni analoghi che avvengono sulla Terra. La «planetologia comparata» è una delle tante nuove discipline scientifiche che l’esplorazione dello spazio ha reso possibile.
L’atmosfera di Venere compie un giro intero del pianeta nell’arco di quattro giorni. La sonda della Nasa Pioneer Venus 25 anni fa scoprì il vortice polare Nord. Le immagini erano a risoluzione molto bassa, oggi Venus Express ci mostra particolari minutissimi. La cosa singolare è che questo ciclone Nord aveva due «occhi». Due tornadi in uno! Quando la sonda europea nell’aprile scorso è arrivata in vista di Venere, subito gli scienziati dell’Esa sono andati a vedere se il polo Sud di Venere avesse un ciclone simile: e in effetti ce l’ha.
Questi vortici polari, presenti anche su Giove, Saturno, Urano e Nettuno, sia pure con diversa intensità, sono la chiave per capire come funzionano le atmosfere di questi pianeti. Ogni vortice risente, naturalmente, della Forza di Coriolis, una componente trasversale dovuta alla rotazione del pianeta. E poiché la velocità di rotazione varia molto da pianeta a pianeta (per esempio Giove ruota molto rapidamente e Venere molto lentamente), la Forza di Coriolis contribuisce al diverso aspetto dei vortici polari.
«Siamo però ancora lontani - dice Pierre Drossart, astronomo dell’Osservatorio di Parigi - dall’aver compreso la genesi dei vortici polari di Venere: qui la Forza di Coriolis è debolissima, e certamente ciò ha a che vedere con i due lobi in cui si suddivide il ciclone, formando i suoi due “occhi”. Il meccanismo preciso tuttavia ci sfugge.»
Le ricerche ora in corso utilizzano due strumenti di «Venus Express», uno per osservare nella luce visibile e l’altro per l’infrarosso. Queste due lunghezze d’onda permettono agli astronomi di scrutare il vortice a profondità diverse: in superficie nel visibile, e 100 chilometri più in basso nell’infrarosso. Può darsi che confrontando le immagini il meccanismo di formazione di questi vortici diventi meno misterioso.
E chissà che non si impari qualcosa che ci riguarda da vicino: la circolazione atmosferica sul polo Nord e sul polo Sud della Terra è determinante anche per il clima delle zone temperate.
* La Stampa, 28/11/2006