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Politica

Lettera a Prodi, Fassino e Veltroni, da parte degli amici del Phorum Palestina e compagni

Sulla visita a Sharon: un documento da leggere subito e divulgare all’istante
sabato 21 maggio 2005 di Emiliano Morrone
All’On.le Romano PRODI
All’On.le Piero FASSINO
Al Sindaco Walter VELTRONI
Abbiamo appreso dalla stampa che avete in programma una visita in Israele, dove incontrerete ufficialmente il Primo Ministro Ariel Sharon. Riteniamo che questo incontro sia un atto politicamente inopportuno e moralmente deplorevole, per i seguenti motivi.
Ariel Sharon non è un leader politico qualsiasi: è direttamente responsabile dell’assassinio di migliaia di uomini e donne, la cui unica colpa era quella di essere (...)

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> Israele-Gaza, si tratta per una tregua. Hamas: pronti a discutere, ma fermare subito gli omicidi mirati.

sabato 17 novembre 2012

Israele-Gaza, si tratta per una tregua

Hamas: pronti a discutere, ma fermare subito gli omicidi mirati *

Si fa strada l’ipotesi di una tregua tra Gaza e Tel Aviv. Nel tentativo di fermare lo scontro, l’Egitto è al lavoro per mediare, mentre il gruppo dei Paesi arabi all’Onu discute gli ultimi sviluppi della situazione, anche alla luce delle condizioni che la dirigenza di Hamas avrebbe fatto trapelare - riportano media arabi - per una possibile tregua: rimozione del blocco alla Striscia e garanzie internazionali che impediscano ad Israele di colpire i loro esponenti di spicco.

Sul campo continuano senza sosta i raid dell’aviazione israeliana sulla Striscia e la pioggia di razzi su Israele da Gaza. E il terzo attacco di oggi (in tre giorni) su Tel Aviv sembra drammatizzare ancora di più la crisi in corso. Nella città più popolosa di Israele l’atmosfera si è fatta più pesante. Allo stesso tempo, Gaza, dove oggi è stato distrutto dai raid israeliani il quartier generale di Hamas, si sta preparando ad affrontare una nuova notte di paura.

Resta in campo però l’opzione dell’operazione di terra da parte delle forze armate di Israele - con 30 mila uomini già pronti al confine - : «Se nelle prossime 24-36 ore - ha detto il viceministro degli esteri israeliano Danny Ayalon - continueranno a cadere i razzi, questo potrebbe innescarla». Dall’altra, Hamas si è detta pronta a respingere la possibile operazione terrestre, se Israele deciderà in questo senso. Al di là delle mediazioni in atto, il campo indica però un’altra realtà ed è quella del conflitto: i morti palestinesi provocati oggi dai raid israeliani sono 12 (per un totale di 44 dall’inizio del conflitto). Da parte israeliana restano le tre vittime dei giorni scorsi, a fronte di 492 razzi lanciati da Gaza che hanno colpito Israele e altri 245 intercettati dal sistema di difesa “Iron Dome”, per un totale - dall’inizio del conflitto - di 737. Gli obiettivi centrati, nell’ intero periodo, dall’aviazione israeliana - ha rivelato oggi l’esercito - sono 1000: e uno di questi questa mattina ha distrutto, senza fare vittime, la sede del governo di Hamas a Gaza.

Alle porte di Gaza sono schierati oltre 30 mila soldati israeliani, pronti ad entrare in azione se - come hanno ripetuto oggi molti esponenti militari e politici dello stato ebraico -«fosse necessario». Un quadro che parla da solo e che la diplomazia tenta di fermare ad ogni costo: a parte l’iniziativa egiziana, la Casa Bianca, pur riaffermando il diritto di Israele alla difesa contro il continuo lancio dei razzi, pre-crisi, da Gaza (additato come motivo dello scontro), teme - secondo il New York Times - che «un’incursione via terra di Israele possa danneggiare la stessa Israele e aiutare Hamas». E per questo sta facendo pressioni sul governo Netanyahu per impedirla. Anche i leader europei, da Mario Monti a Angela Merkel - che pure sostengono Israele nella sua politica - hanno affrontato con il premier Netanyahu il precipitare della crisi stessa. Monti ha assicurato in un colloquio telefonico con il suo omologo israeliano che l’Italia è pronta a svolgere «un ruolo di mediazione» e Angela Merkel - che ha incoraggiato la mediazione del presidente egiziano Mohammed Morsi -, ha concordato con Netanyahu sulla necessità di arrivare al più presto ad un cessate il fuoco che raffreddi la situazione.

Meno conciliante il premier turco Recep Tayyp Erdogan -, anche lui oggi al Cairo dove ci sarebbero pure i dirigenti di Hamas - secondo il quale «Israele dovrà rendere conto per il massacro di bambini innocenti a Gaza». Gli ha fatto eco il segretario generale della Lega Araba Nabil el Araby, deciso insieme ai ministri degli affari esteri arabi a «non allentare tutto il sostegno incluso con la rottura dell’embargo». Su questo scenario, la notte sembra riservare una nuova tappa dello scontro.

* La Stampa, 17/11/2012


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