Sepolto Sharon con raid su Gaza resta il massacro di Sabra e Shatila
Due razzi dai territori palestinesi. Risposta dell’esercito nel giorno dell’addio
di Roberta Zunini (il Fatto, 14.01.2014)
La terra polverosa del deserto del Negev copre da ieri le spoglie di Ariel Sharon, ma non la sua macchia. Quella resterà indelebile, perché non risiedeva nel corpo ma nell’anima del contadino-generale-statista. E pertanto continuerà ad aleggiare come un cupo spettro sulla coscienza collettiva e a provocare incubi nelle notti spezzate dei sopravvissuti al massacro di Sabra e Shatila. Oltre a turbare quegli ebrei israeliani che, subito dopo la strage, nel settembre del 1982, scesero in piazza per chiedere le dimissioni del generale, allora ministro della Difesa.
Se l’inevitabile ritiro da Gaza e otto anni di coma hanno cancellato la memoria a tanti, compresi i leader mondiali, non solo israeliani, questo non è accaduto al parlamento europeo dove ad Ariel è stato negato il minuto di silenzio.
IL PRESIDENTE Martin Schulz ha respinto la richiesta presentata - in apertura della sessione plenaria - dall’olandese Laurence Stassen, esponente del partito xenofobo, razzista e anti-islam Pvv, appoggiando invece l’obiezione del deputato ceco Richard Falbr. Il socialdemocratico ha contestato la richiesta della Stassen chiedendo: “Vogliamo davvero tenere un minuto di silenzio per Sharon, responsabile della morte di decine di migliaia di palestinesi? ”.
Per quanto riguarda la strage nel campo profughi palestinese di Sabra e Shatila, a Beirut, la sua responsabilità non fu diretta ma indiretta. Che, in quel caso, però fu quasi peggio. Perché Sharon aveva il compito di tenere sotto controllo il campo, custodirlo, invece ha dato l’ordine ai suoi soldati, appostati su una collinetta confinante, di accendere tutte le luci affinché Sabra e Shatila (in realtà erano lo stesso campo, sebbene molto vasto), solitamente buie, fossero illuminate al meglio per consentire ai falangisti cristiani di entrare e uscire facilmente e trucidare quante più persone possibile. Molti avevano cercato rifugio negli anfratti più nascosti ma furono scovati grazie alla potente illuminazione.
Le immagini insopportabili di donne incinte sventrate, bambini sgozzati e vecchi fatti a pezzi, diffuse dalla stampa, generarono anche in Israele un’ondata di critiche e manifestazioni per quel generale-ministro dai modi gentili ma dall’animo spietato, che non aveva fatto nulla per fermare il massacro, anzi l’aveva appoggiato. Tanto che nel 1983 fu costituita una commissione d’inchiesta (Kahan Commission) i cui atti sono disponibili sul sito del ministero degli Esteri israeliano.
NEL CAPITOLO che riguarda le responsabilità israeliane si legge che “nonostante il Mossad non avesse avvisato delle intenzioni dei falangisti... a nostro avviso, anche in assenza di tale avviso, è impossibile giustificare il ministro della Difesa (Sharon, ndr) per il disprezzo del pericolo di un massacro. Non ripeteremo qui ciò che abbiamo già detto circa la conoscenza diffusa ‘dell’etica di combattimento dei falangisti’, il loro odio nei confronti dei palestinesi (...) Oltre a saperlo, il ministro della Difesa ha avuto anche relazioni speciali e non trascurabili con i responsabili falangisti ancora prima dell’assassinio di Bashir (Gemayel, il presidente falangista assassinato, ndr). Dare ai falangisti - si legge ancora - la possibilità di entrare nei campi profughi senza prendere misure per la supervisione delle loro azioni avrebbe creato un grave pericolo per la popolazione civile nei campi (...) Nelle circostanze che hanno prevalso dopo l’assassinio di Bashir, si era tenuti a sapere che esisteva il pericolo concreto di atti di macellazione quando i falangisti sono stati lasciati liberi di entrare nei campi (...) il senso di un tale pericolo avrebbe dovuto essere ben presente nella coscienza di chi conosceva la situazione e certamente nella coscienza del ministro della Difesa, che ha preso parte attiva in tutto ciò che riguarda la guerra... ”.
L’anno scorso Il Fatto si recò a Sabra e Shatila per la commemorazione del trentesimo anniversario. C’erano uomini che piangevano ricordando i padri sgozzati davanti a loro bambini, aggrappati a madri impazzite dal dolore. Il numero dei morti è stato calcolato intorno ai 3500, quasi tutti civili. Molti corpi furono fatti sparire per far sembrare meno enorme il massacro.