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Politica

Lettera a Prodi, Fassino e Veltroni, da parte degli amici del Phorum Palestina e compagni

Sulla visita a Sharon: un documento da leggere subito e divulgare all’istante
sabato 21 maggio 2005 di Emiliano Morrone
All’On.le Romano PRODI
All’On.le Piero FASSINO
Al Sindaco Walter VELTRONI
Abbiamo appreso dalla stampa che avete in programma una visita in Israele, dove incontrerete ufficialmente il Primo Ministro Ariel Sharon. Riteniamo che questo incontro sia un atto politicamente inopportuno e moralmente deplorevole, per i seguenti motivi.
Ariel Sharon non è un leader politico qualsiasi: è direttamente responsabile dell’assassinio di migliaia di uomini e donne, la cui unica colpa era quella di essere (...)

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>Shoah, la svolta palestinese. Il leader Abu Mazen parla per la prima volta di «crimine odioso». David Grossman: “Così finalmente hanno capito la nostra tragedia”

lunedì 28 aprile 2014

Shoah, la svolta palestinese

Il leader Abu Mazen parla per la prima volta di «crimine odioso»

Nel giorno dell’Olocausto celebrato in Israele, il presidente dell’Anp ha definito la Shoah «il crimine più atroce che l’umanità abbia conosciuto nella storia moderna»

di Umberto De Giovannangeli(l’Unità, 28.04.2014)

Nel giorno dell’Olocausto celebrato in Israele, il presidente dell’Anp ha definito la Shoah «il crimine più atroce che l’umanità abbia conosciuto nella storia moderna». Una rara ammissione da parte di un leader arabo dell’immane sofferenza subita dagli ebrei. Parole che lasciano il segno. Un segno positivo. Sul piano politico ma anche, e non da meno, su quello storico. E morale.

Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha definito l’Olocausto il «crimine più atroce che l’umanità abbia conosciuto nella storia moderna». L’ha fatto durante una conversazione con il rabbino Marc Schneider, presidente della Fondazione per la Comprensione Etnica di New York, e le sue dichiarazioni sono state diffuse ieri dall’agenzia stampa palestinese Wafa. Abu Mazen ha aggiunto di provare compassione per le vittime e le loro famiglie. Poi ha ricordato come sei milioni di ebrei siano morti durante la Seconda Guerra Mondiale per il genocidio nazista.

Le dichiarazioni rappresentano una rara ammissione da parte di un leader arabo a proposito dell’immane sofferenza subita dagli ebrei. I palestinesi temono che accettare l’Olocausto possa sminuire la propria posizione di sofferenza. Inoltre il commento di Abbas è stato pubblicato poche ore prima la commemorazione annuale di Israele per le vittime dell’Olocausto.

«Il mondo - ha aggiunto il leader dell’Anp - deve fare il possibile per combattere razzismo e ingiustizia... Il popolo palestinese, che soffre di ingiustizie, oppressione, libertà e pace negate, è in prima linea per chiedere di contrastare l’ingiustizia e il razzismo contro altri popoli». E ancora: «Il giorno della commemorazione delle vittime dell’Olocausto, auspichiamo che il governo israeliano colga l’opportunità di concludere una pace giusta e globale nella regione, basata su una visione di due Stati in grado di convivere. Israele e Palestina, fianco a fianco, in pace e sicurezza».

IL GELO DI BIBI

Ma Benjamin Netanyahu non crede alle parole del presidente palestinese. O comunque, le ritiene contraddette dalle scelte operate in questi giorni. «Non si può affermare che (l’Olocausto) è stato terribile e al tempo stesso unirsi a coloro che desiderano la distruzione del popolo ebraico». Il riferimento è all’accordo tra Olp e Hamas, che entro sei mesi dovrebbe portare a una tornata elettorale nei Territori. «Hamas nega l’Olocausto - ha affermato il premier israeliano nel corso della riunione dell’esecutivo - e anzi ne cerca uno nuovo con la distruzione di Israele. Questa è la stessa Hamas con cui Abu Mazen ha deciso di firmare un’alleanza la scorsa settimana. La differenza principale tra l’Olocausto di ieri e oggi è l’esistenza di uno Stato sovrano forte e solido in grado di difenderci da coloro che vogliono le nostre vite».

Manel governo di Gerusalemme torna a farsi sentire il dissenso di Tzipi Livni. La ministra della Giustizia non lesina critiche verso Abu Mazen ma è più cauta, rispetto a Netanyahu e al titolare degli Esteri, Avigdor Liebermann, sulle conseguenze.«Abbiamo deciso di aspettare e vedere cosa accadrà nel campo palestinese quando sarà formato il nuovo governo», rimarca Livni, che guida la delegazione di negoziatori al tavolo della pace. In ogni caso, ha precisato, «io non condurrò negoziati, diretti o indiretti, con Hamas». Certo, ha rilanciato il ministro delle Finanze, Yair Lapid, «se Hamas accetterà le condizioni del Quartetto (ovvero il riconoscimento di Israele, ndr), allora non sarà più Hamase si porranno le basi per una discussione».

Da Gerusalemme a Bruxelles. L’Unione europea ha esortato ieri Israele e Anp a tornare al tavolo dei negoziati, evidenziando che non si devono «sprecare » gli sforzi di mediazione finora compiuti dagli Stati Uniti. «I negoziati sono il modo migliore per andare avanti - ha detto l’Alta responsabile per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton -. Gli ampi sforzi compiuti negli ultimi mesi non devono essere gettati ai rifiuti». L’Ue, ha aggiunto Ashton, «invita tutte le parti a esercitare la massima moderazione e ad evitare qualsiasi azione che possa ulteriormente minare gli sforzi di pace e la fattibilità di una soluzione tra i due Stati». «Mrs Pesc» ha rimarcato che «l’Unione europea si aspetta che si continui a sostenere il principio della non violenza, rimanendo impegnati a raggiungere una soluzione negoziata e pacifica, compreso il legittimo diritto di Israele ad esistere». «Il fatto che il presidente Abbas rimarrà pienamente responsabile del processo di negoziazione avendo mandato per negoziare a nome di tutti i palestinesi - conclude Ashton - significa inoltre la garanzia che i negoziati di pace possono e devono procedere».


Grossman: “Così finalmente hanno capito la nostra tragedia”

di Vanna Vannuccini (la Repubblica, 28.04.2014)

GERUSALEMME. DAVID Grossman, che effetto le hanno fatto le parole di Abu Mazen? «Credo che la sua dichiarazione sia un passo molto positivo di comprensione per quello che gli ebrei hanno subito nella Shoah. I palestinesi non sono stati in grado di esprimerlo in passato, anche perché si sentivano loro stessi vittime delle vittime. Ed è necessario aver presente che non è possibile paragonare ciò che Israele compie nei Territori occupati con l’orrore della Shoah. Sono due dimensioni di malvagità totalmente differenti ed il paragone fra loro è sbagliato. Spero che questo consenta anche agli israeliani di capire l’essenza della tragedia dei palestinesi, anche se probabilmente questo è ancora più difficile, poiché si aggiungono sensi di colpa inevitabili, dovuti a ciò che noi abbiamo fatto loro».

Si parla sempre di due narrative inconciliabili, è stato fatto ora il primo passo?

«Riconoscere le sofferenze del popolo ebraico durante la Shoah è un passo molto importante nella comprensione della narrativa ebraica e israeliana. La prima fase di ogni processo di pace secondo me è che le due parti riescano identificarsi vicendevolmente con la sofferenza dell’altra parte, con quella di cui loro stessi sono responsabili e con quella che altri hanno inflitto all’altra parte. Solo se smetteremo di difenderci, a volte selvaggiamente, contro la sofferenza del nostro avversario saremo in grado di capire la narrativa dell’altro. Questa può non essere sempre in accordo con i fatti storici, ma ha una forza enorme nel fissare l’identità di un popolo e va rispettata».

Perciò la dichiarazione di Abu Mazen è un buon segno?

«La cosa più deprimente per me è vedere il livello di sfiducia, di sospetto e di odio esistenti fra Israele ed i palestinesi. Sembra che ogni volta che le parti arrivano a un bivio, entrambe prendano la direzione più distruttiva e più aggressiva possibile. Anche quando usano espressioni apparentemente moderate, è percepibile l’odio che le pervade. Per questo è molto preoccupante che Israele abbia deciso di interrompere i colloqui di pace. E per questo è bene che il presidente dell’Anp, nel giorno della Memoria della Shoah, abbia riconosciuto la dolore degli ebrei».

Che cosa pensa dell’accordo di Fatah con Hamas?

«Anche se Hamas viene considerata un’organizzazione terroristica, e di fatto spesso agisce come tale, penso che sia stato fatto un passo molto importante: la riunificazione di due parti di un popolo che le circostanze hanno separato. Se siamo interessati ad avere un giorno una pace stabile, essa deve includere il milione e mezzo di palestinesi che vivono nella striscia di Gaza. Per anni in Israele molti si opponevano alle trattative con Abu Mazen con il pretesto che non rappresenta tutto il popolo palestinese. Può darsi che ora vi sia una opportunità: molto piccola forse, ma che non possiamo tralasciare».

Non teme che Hamas sia un pericolo?

«Ieri ho sentito Abu Mazen dichiarare che il nuovo governo unitario sotto la sua guida riconoscerà Israele, si opporrà alla violenza e si impegnerà a rispettare tutti gli accordi internazionali firmati in passato da Al Fatah. Se sarà effettivamente così, può darsi che si crei davvero una situazione nuova. La reazione del governo israeliano è ancora una volta di paura e di rifiuto. Io vedo nella riunificazione palestinese piuttosto la possibilità di dare una spinta al processo politico fra i due popoli. È una sfida per Hamas, che dovrebbe dichiarare esplicitamente che cambia direzione e che rinuncia alla parte del proprio statuto in cui è invocata la distruzione di Israele. Però non nascondo di essere scettico sulla possibilità che l’accordo regga, e che Hamas e Al Fatah riescano veramente a mettersi d’accordo: perché Hamas dovrebbe cessare di essere Hamas. E non è facile credere che ciò possa succedere».

Che ruolo dovrebbero avere gli Stati Uniti e l’Europa?

«Vedo con dispiacere che anche a Washington hanno cominciato ad arrendersi. Quando Obama dice che forse gli israeliani ed i palestinesi non sono ancora pronti alla pace, vuol dire che gli Stati Uniti stanno convincendosi che non gli conviene investire sforzi e prestigio nella risoluzione di un problema così complesso da non far intravedere vie d’uscita. Ma nella realtà il vuoto non esiste: senza un accordo fra Israele ed i palestinesi tra poco la terra qui comincerà a bruciare. Sarà difficile impedire ai palestinesi di intraprendere azioni anche violente. E in un clima di violenza e frustrazione la voce che prenderà il sopravvento sarà quella bellicosa ed estremista di Hamas».


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