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Politica

Lettera a Prodi, Fassino e Veltroni, da parte degli amici del Phorum Palestina e compagni

Sulla visita a Sharon: un documento da leggere subito e divulgare all’istante
sabato 21 maggio 2005 di Emiliano Morrone
All’On.le Romano PRODI
All’On.le Piero FASSINO
Al Sindaco Walter VELTRONI
Abbiamo appreso dalla stampa che avete in programma una visita in Israele, dove incontrerete ufficialmente il Primo Ministro Ariel Sharon. Riteniamo che questo incontro sia un atto politicamente inopportuno e moralmente deplorevole, per i seguenti motivi.
Ariel Sharon non è un leader politico qualsiasi: è direttamente responsabile dell’assassinio di migliaia di uomini e donne, la cui unica colpa era quella di essere (...)

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> Abu Mazen accusa Israele. Tensione altissima dopo la morte del ministro palestinese Ziad Abu Ein malmenato dai soldati a una manifestazione contro le colonie

giovedì 11 dicembre 2014

Colpito negli scontri muore un ministro palestinese e sale la tensione

Ziad Abu Ein stroncato da un infarto

Abu Mazen accusa Israele: barbarie dei militari

Vertice a Roma tra Kerry e Netanyahu

di Fabio Scuto (la Repubblica, 11.12.2014)

RAMALLAH «I can’t breathe», «non respiro», le sue ultime parole prima di crollare sul prato verde e soleggiato della valle di Turmusaya. È morto così Ziad Abu Ein, il ministro palestinese per gli insediamenti, stroncato da un infarto dopo essere stato colpito con un casco al petto e preso per la collottola da un soldato israeliano mentre con i duecento contadini che lo seguivano voleva piantare degli ulivi in quella terra confiscata agli agricoltori palestinesi, per consentire l’ampliamento dell’insediamento colonico di Adei Ad.

Era una delle tante manifestazioni di protesta che si svolgono ogni giorno nei Territori palestinesi occupati, per la distruzione di una fattoria, per l’acqua tagliata, per i frutteti distrutti, per la terra rubata. Proteste che finiscono invariabilmente per essere disperse dai venefici gas sparati dall’Esercito, granate assordanti e dalle pallottole di gomma. Proteste spontanee e quotidiane che segnalano il degrado della situazione in Cisgiordania, la continua erosione per mille motivi diversi, ma sempre giudicati validi dalle autorità israeliane, delle terre oggetto del negoziato di pace, quelle oltre la Linea Verde dove vivono ormai oltre 500 mila israeliani. E in questi insediamenti - nonostante le critiche interne e quelle internazionali - si continua a coduto struire creando una frizione continua con la popolazione araba residente.

Il timore adesso è che la morte del ministro palestinese inneschi un circuito di violenze in tutti i Territori occupati. Ziad Abu Ein è morto di infarto, probabilmente indotto dallo stress e dal pestaggio subito, come testimoniano le foto e le riprese della tv presente sul posto. L’esercito israeliano ha annunciato una sua inchiesta sull’acca- ma non basta per calmare gli animi.

All’autopsia del ministro nell’ospedale di Ramallah dove è stato trasferito parteciperà anche un patologo israeliano e altri esperti forensi stanno arrivando dalla Giordania. Nella capitale “de facto” della Palestina la tensione è altissima. Il presidente Abu Mazen è rimasto profondamente colpito dall’accaduto - Abu Ein era un dirigente di vecchia data di Fatah - ed ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. «Questa barbarie non può essere accettata», ha detto. Il presidente palestinese ha anche annunciato anche il blocco di tutti i contatti e del coordinamento di sicurezza con Israele. Dall’altra parte, l’esercito israeliano è stato messo in stato d’allerta per possibili manifestazioni e proteste anche a Gerusalemme.

Sul tavolo del premier uscente Benjamin Netanyahu, che sta combattendo per la sua sopravvivenza politica alle elezioni anticipate di marzo, sono piovute le richieste di Stati Uniti, Onu e dell’Ue di fare subito chiarezza sulle circostanze della morte del ministro palestinese. A loro si è unita anche l’Italia per voce del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Netanyahu ha anche un incontro con il capo della diplomazia Usa Kerry domenica a Roma, sul tavolo la prossima richiesta palestinese di riconoscimento al Consiglio di sicurezza Onu e la fine dell’occupazione della Cisgiordania entro il 2016.


Israele, l’esercito pronto a entrare nei Territori

Tensione altissima dopo la morte di un ministro palestinese malmenato dai soldati a una manifestazione contro le colonie

di Maurizio Molinari (La Stampa, 11.12.2014)

Il ministro palestinese Ziad Abu Ein muore nel villaggio di Turmus Aya, in Cisgiordania, dopo una colluttazione con i militari israeliani e Abu Mazen parla di «atto barbarico» ammonendo sulla reazione: «Ogni opzione è sul tavolo» inclusa la fine della cooperazione nel mantenimento della sicurezza. Turmus Aya è un villaggio fuori Ramallah dove circa 150 palestinesi si danno appuntamento per piantare olivi ad Adei Ad, un insediamento non autorizzato dal governo israeliano.

Fra i dimostranti c’è Abu Ein, 55 anni, ministro del governo palestinese incaricato di ostacolare «Insediamenti e Annessioni». Manifestanti e soldati vengono a contatto, la colluttazione è prolungata. Le immagini di SkyNews mostrano un militare con la mano sul collo del ministro, che gli grida: «Sei un cane». Le versioni a questo punto divergono. Un testimone palestinese, Abla Kook, sostiene che «il ministro è stato picchiato sul petto col fucile e con un elmetto» mentre il reporter israeliano Roy Sharon di «Channel 10» replica: «Ero lì vicino, non è stato picchiato dai militari».

Marcia per gli olivi

Reut Mor, del gruppo israeliano «Yesh Din» (C’è giustizia), parla di «marcia pacifica per piantare olivi ostacolata dai militari» e l’italiano Patrick Corsi - già ferito al petto dagli israeliani dieci giorni fa - conferma che «volevamo piantare olivi per solidarietà con i palestinesi». Dopo la colluttazione, il ministro si siede su una roccia, mostra segni di malessere e un’autoambulanza lo porta verso l’ospedale di Ramallah dove però arriva già senza vita.

La reazione del presidente palestinese è furente, parla di «morte causata dalle brutalità dei soldati», dichiara tre giorni di lutto nazionale e avverte: «Ogni reazione è possibile». Jibril Rajub, alto esponente di Al Fatah, assicura che «la cooperazione di sicurezza con Israele è sospesa».

Scontro ai check-point

Per scongiurare la rottura, Israele invia una raffica di messaggi a Ramallah: propone un’inchiesta congiunta, affianca suoi medici a quelli arabi nell’autopsia, e con il premier Netanyahu si appella ad Abu Mazen affinché «eviti di far precipitare le tensioni». Ma gli scontri iniziano, da Qalandya a Jilazun, l’esercito teme l’escalation e rafforza lo schieramento di truppe in Cisgiordania. Mentre Netanyahu fa sapere che lunedì sarà a Roma per incontrare il Segretario di Stato Usa Kerry e discutere come sbloccare il negoziato, per prevenire la risoluzione palestinese all’Onu sulla sovranità nel 2016.


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