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Politica

Lettera a Prodi, Fassino e Veltroni, da parte degli amici del Phorum Palestina e compagni

Sulla visita a Sharon: un documento da leggere subito e divulgare all’istante
sabato 21 maggio 2005 di Emiliano Morrone
All’On.le Romano PRODI
All’On.le Piero FASSINO
Al Sindaco Walter VELTRONI
Abbiamo appreso dalla stampa che avete in programma una visita in Israele, dove incontrerete ufficialmente il Primo Ministro Ariel Sharon. Riteniamo che questo incontro sia un atto politicamente inopportuno e moralmente deplorevole, per i seguenti motivi.
Ariel Sharon non è un leader politico qualsiasi: è direttamente responsabile dell’assassinio di migliaia di uomini e donne, la cui unica colpa era quella di essere (...)

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> La bandiera palestinese sventola da oggi tra i vessilli di 193 Stati indipendenti, davanti al Palazzo di Vetro. Ma la questione palestinese è finita in fondo al cassetto.

mercoledì 30 settembre 2015

Se i grandi dimenticano la questione palestinese

di Elisabetta Rosaspina (Corriere della Sera, 30.09.2015)

La bandiera palestinese sventola da oggi tra i vessilli di 193 Stati indipendenti, davanti al Palazzo di Vetro, in rappresentanza del nuovo Paese accolto nella comunità come «osservatore». Ma la questione palestinese è finita in fondo al cassetto. Nei loro attesissimi discorsi all’Assemblea generale, il presidente americano Obama e il russo Putin non l’hanno nemmeno menzionata. Rendendo dunque molto meno attese le dissertazioni del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, oggi, e del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, domani. Da protagonisti incontrastati della scena mediorientale, i due leader, e litigiosi vicini di casa, sono finiti fra le comparse, oscurati dalla Siria e soprattutto dall’Iran. Se Netanyahu protesterà ancora per l’accordo sul nucleare stipulato dall’Occidente con Teheran a metà luglio, e se Abbas si lamenterà della proliferazione di colonie fuori dai confini del 1967, saranno entrambi ascoltati con la cortese sopportazione che si deve a due rispettabili decani rimasti sfortunatamente un po’ indietro, fermi ai temi del «giorno prima».

L’agenda internazionale ha nuove scadenze: «L’Isis è la sola partita in città», l’editorialista di Haaretz, Chemi Shalev, avverte «Bibi». E se Netanyahu ha mai sperato in un patto strategico con Mosca, appare chiaro che la potente coalizione anti Califfo messa in piedi dal Cremlino non lo prevede.

Anche a Ramallah il silenzio dei potenti è suonato oltraggioso: «Obama crede di poter battere l’Isis e il terrorismo o di pacificare il Medioriente, ignorando l’occupazione israeliana e i continui attacchi alla Moschea al-Aqsa?» chiede indignato il capo dei negoziatori dell’Olp, Saeb Erekat. Sembra proprio di sì: le sassaiole, le cariche di polizia, le molotov e i lacrimogeni che alimentano la guerra a bassa intensità a Gerusalemme est e sulla Spianata delle Moschee, la processione di sirene e lampeggianti sul Monte degli Ulivi appartengono a un repertorio passato di moda .


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