Intellettuali e politici hanno firmato la petizione che sarà presentata all’Europarlamento Critiche alla politica degli insediamenti in Cisgiordania: deve nascere uno Stato palestinese
Appello di 3mila ebrei europei: «Israele, ragiona Basta colonie»
Un atto d’amore per Israele. Un amore vero e per questo anche critico. Tra i firmatari intellettuali e politici di primo piano come Bernard-Henri Levy, Alain Finkielkraut e Daniel Cohn-Bendit.
Reazioni contrastanti. La sinistra israeliana lo approva La destra lo rigetta
di Umberto De Giovannangeli (l’Unità, 04.05.2010)
«Siamo cittadini ebrei di Paesi europei impegnati nella vita politica e sociale dei nostri rispettivi Paesi. Qualunque sia il nostro percorso personale, il legame con Israele è parte costitutiva della nostra identità. Il futuro e la sicurezza di questo Stato al quale siamo molto legati ci preoccupano... Ancora una volta l’esistenza di Israele è in pericolo. Il pericolo non proviene soltanto dalla minaccia di nemici esterni, ma dall’occupazione e dalla continua espansione delle colonie in Cisgiordania e nei quartieri arabi di Gerusalemme Est, un errore morale e politico che alimenta, inoltre, un processo di crescente, intollerabile delegittimazione di Israele in quanto Stato...».
APPELLO COSTRUTTIVO
Un «Appello alla Ragione». Un atto d’amore verso Israele. Ma un amore sincero, e per questo anche critico. Un appello che sarà presentato al Parlamento europeo e illustrato in una conferenza stampa a Bruxelles sottoscritto da oltre tremila ebrei europei, tra cui intellettuali e politici di primo piano come Bernard-Henri Levy, Alain Finkielkraut e Daniel Cohn-Bendit. I promotori di questa iniziativa, denominata JCall, paragonano i loro obiettivi a quelli di JStreet, una lobby ebraica americana pro-Israele di indirizzo liberal. La petizione di JCall ribadisce il diritto di Israele a esistere come «Stato ebraico e democratico», ma critica anche la politica israeliana degli insediamenti in Cisgiordania e sostiene la creazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano, coesistente in pace al fianco di Israele.
«La nostra iniziativa vuole mostrare che all’interno della comunità ebraica c’è un dibattito un dibattito aperto e che non siamo monolitici», spiega al quotidiano Haaretz David Chemla, uno dei promotori. «Noi ci identifichiamo con Israele e con i suoi diritti, ma samo critici. Questo è salutare siamo ebrei, sionisti e pronti a sollevarci per difendere il diritto all’esistenza di Israele, ma vogliamo mostrare che è giusto identificarsi con Israele e allo stesso tempo criticare alcune sue azioni».
DIALOGO STRATEGICO
Per questa ragione rimarca l’Appello «abbiamo deciso di mobilitarci intorno ai principi seguenti : 1) Il futuro di Israele esige di giungere a un accordo di pace con il popolo palestinese sulla base del principio di “due popoli, due Stati”. Lo sappiamo tutti, l’urgenza incalza. Presto Israele sarà posta di fronte ad un’alternativa disastrosa: o diventare uno Stato dove gli ebrei saranno minoritari nel proprio Paese o mantenere un regime che trasformerebbe Israele in uno Stato paria nella comunità internazionale e in un perenne teatro di guerra civile; 2).
È essenziale che l’Unione Europea a fianco degli Stati Uniti eserciti una pressione forte sulle parti in lotta e le aiuti a giungere a una composizione ragionevole e rapida del conflitto. L’Europa in ragione della sua storia ha una grande responsabilità in questa regione del mondo;. 3) Se la decisione ultima appartiene al popolo di Israele, la solidarietà degli ebrei della Diaspora impone di adoperarsi perché questa decisione sia quella giusta.
Allinearsi in modo acritico alla politica del governo israeliano è pericoloso perché va contro i veri interessi dello Stato d’Israele. 4) Vogliamo dare vita a un movimento europeo capace di fare intendere a tutti la voce della ragione. Un movimento che si pone al di sopra delle differenze di parte e di ideologia con l’unica ambizione di adoperarsi per la sopravvivenza di Israele come Stato ebraico e democratico, che è strettamente legata alla creazione di uno Stato palestinese sovrano e autosufficiente».
DESTRA SPIAZZATA
Gli «amici» non fanno sconti. Lo chiarisce uno dei firmatari: «Non credo che Netanyahu sia serio quando dice: “Due Stati per i due popoli”. Penso che lui non si fidi dei palestinesi, che voglia garantire la stabilità della sua coalizione di governo», afferma Alain Finkielkraut in una intervista alla radio militare israeliana. Quando il premier israeliano pronuncia quella formula, osserva l’intellettuale francese, «non c’è dietro un contenuto, non c’è un significato reale». Finkielkraut ha aggiunto ancora di aver apposto la propria firma al documento «con grande sofferenza, e nella preoccupazione per il futuro di Israele».
L’ «Appello» è stato subito accolto con grande favore da esponenti della sinistra sionista (come gli ex ministri Yossi Sarid e Shlomo Ben-Ami), mentre è stato respinto da esponenti della destra.
«Si tratta di una importante assunzione di responsabilità dice a l’Unità Yossi Sarid da parte di personalità europee che non sono certo tacciabili di essere filo-palestinesi. I firmatari si schierano con le ragioni del dialogo e del compromesso. Concetti che non appartengono al vocabolario politico dei fautori di Eretz Israel».
Intervista a Zeev Sternhell
«Netanyahu ascolti questi veri amici del nostro Stato»
Lo storico israeliano: «Gli oltranzisti sono un pericolo per la nostra esistenza. Rischiamo di diventare un ghetto atomico. La pace con i palestinesi è fondamentale»
La dialettica. Giusto contestare le scelte sbagliate del governo israeliano
di Umberto De Giovannangeli (l’Unità, 04.95.2010)
Una iniziativa di grande valenza politica, culturale, etica. Un movimento di opinione che ha il coraggio di guardare a Israele con un atteggiamento costruttivamente critico». A sostenerlo è uno dei più autorevoli storici israeliani: Zeev Sternhell.
Qual è la valenza dell’«Appello alla Ragione »?
«Una valenza importante, sotto vari punti di vista. È importante sul piano politico, perché l’appello è molto chiaro su alcuni punti cruciali...».
Quali?
«Penso alla critica alla colonizzazione in atto nei quartieri arabi a Gerusalemme Est e in Cisgiordania; una politica che svuota di contenuto concreto il principio, che i firmatari dell’ appello sostengono, di “due popoli, due Stati”. Ma la forza dell’appello va oltre l’aspetto più propriamente politico. E tocca un nervo scoperto che investe il rapporto stesso tra lo Stato d’Israele e la Diaspora...».
Come viene ridefinito questo rapporto?
«In una concezione dialettica fecondamente critica. La Diaspora non è intesa come mera cassa di risonanza di qualsiasi scelta compiuta da coloro che governano Israele. Il rapporto si fa dialettico. E questa è un’acquisizione importante. Si critica Israele per quel che fa e non per quel che è. Si criticano scelte politiche, ritenute sbagliate; quelle scelte, come la colonizzazione, che non solo allontanano un accordo di pace ma che, rileva giustamente l’appello, alimentano la delegittimazione, a livello internazionale, di Israele come Stato. Molti degli intellettuali firmatari dell’appello sono considerati nei loro Paesi degli strenui difensori d’Israele. Ebbene, con questa presa di posizione ridefiniscono cosa sia “difendere” oggi Israele. Una difesa attiva, critica, costruttiva, il contrario di quell’appiattimento acritico che, rimarcano i firmatari, rappresenta un pericolo per Israele».
Qual è l’altro aspetto dell’appello che da storico e scienziato della politica che l’ha più colpita?
«L’aver evidenziato con chiarezza che la pace con i palestinesi e la costituzione di uno Stato di Palestina non sono delle concessioni al “nemico”, ma i fondamenti per salvaguardare e rafforzare due pilastri dell’identità nazionale d’Israele: l’identità ebraica e la sua struttura democratica. L’appello lo afferma con grande coraggio intellettuale: se non imbocca questa strada, Israele - cito un passaggio dell’ appello “sarà posto di fronte ad un’alternativa disastrosa: o diventare uno Stato dove gli ebrei saranno minoritari nel proprio Paese o mantenere un regime che trasformerebbe Israele in uno Stato paria nella comunità internazionale e in un perenne teatro di guerra civile...”. È la verità. Ed è importante che è ribadirla siano tremila veri “amici d’Israele”».
L’appello lancia un grido d’allarme: Israele è ancora una volta in pericolo, ma esso viene anche dall’interno.
«Israele ha il futuro nelle sue mani. Ha la forza per compiere scelte impegnative, deve trovare in sé la volontà, politica e morale, per imboccare la strada giusta: quella della pace. Una pace che non sarà a costo zero, ma senza la quale Israele vedrà erodere le fondamenta della sua identità... Certo, la nostre capacità militari basteranno a preservare la sicurezza del Paese, ma senza una scelta coraggiosa a favore della pace, Israele si vedrebbe trasformato in un ghetto atomico in perenne conflitto con l’esterno...».
La destra oltranzista israeliana non apprezzerà questo appello...
«Non me ne meraviglio né mi spavento. Considero gli oltranzisti un pericolo per Israele, per le idee che professano e per come le portano avanti. Costoro sono portatori di una visione fondamentalista di Israele. La loro ostilità è la conferma che l’appello dei Tremila va nella direzione giusta».