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Politica

Lettera a Prodi, Fassino e Veltroni, da parte degli amici del Phorum Palestina e compagni

Sulla visita a Sharon: un documento da leggere subito e divulgare all’istante
sabato 21 maggio 2005 di Emiliano Morrone
All’On.le Romano PRODI
All’On.le Piero FASSINO
Al Sindaco Walter VELTRONI
Abbiamo appreso dalla stampa che avete in programma una visita in Israele, dove incontrerete ufficialmente il Primo Ministro Ariel Sharon. Riteniamo che questo incontro sia un atto politicamente inopportuno e moralmente deplorevole, per i seguenti motivi.
Ariel Sharon non è un leader politico qualsiasi: è direttamente responsabile dell’assassinio di migliaia di uomini e donne, la cui unica colpa era quella di essere (...)

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> Chiamatela col suo nome: carneficina. - Adham, di dodici anni, era quasi arrivato a scuola, nel campo profughi di Jabalya. Quando il drone lo ha colpito a morte teneva lo zainetto nella mano destra e la mano del fratellino di sette anni nella sinistra (di Nandino Capovilla).

lunedì 19 marzo 2012

Chiamatela col suo nome: carneficina

di Nandino Capovilla

in “Pax Christi” ( www.paxchristi.it) del 15 marzo 2012

Adham, di dodici anni, era quasi arrivato a scuola, nel campo profughi di Jabalya. Quando il drone lo ha colpito a morte teneva lo zainetto nella mano destra e la mano del fratellino di sette anni nella sinistra. Muhammad al-Ghumri, è stato fatto a pezzi dai missili israeliani che hanno disintegrato la sua sua auto nella cittadina di Deir el-Balah. Il corpo di Hamed, anziano contadino, era irriconoscibile quando è stato portato all’Ospedale Al Shifa. A Khan Yunis, un aereo di ricognizione ha bersagliato la motocicletta guidata da Husayn, di cinquant’anni mentre Mansur e tanti altri sono stati colpiti dai raid mentre sfilavano in processione durante il corteo funebre dei primi uccisi.

A fianco del fotografo dell’agenzia Maan, ucciso dai missili mentre guidava la sua auto, c’era sua moglie. In questo caso sono tre i morti, perché tragicamente, lei era incinta.

Vogliamo immaginarci lì, per le strade e nelle case di Gaza, con i genitori di Adham e i ragazzini della scuola di Jabalya...

Persone, gazawi, giovani vecchi, bambini e nascituri, accomunati dal destino di nascere e - obbligatoriamente crescere - in una striscia di terra senza vie di fuga, anche volendo. Tra loro, probabilmente qualche militante nella lotta armata. Per tutti, la pena di morte senza nessun tribunale, senza nessun arresto, nemmeno preventivo. Tra loro, come sempre, la maggioranza era composta da civili. Eppure.

Eppure ancora una volta non ce l’hanno detto, o meglio, ci hanno raccontato versioni distorte di una carneficina. Ai giornalisti radio televisivi e della carta stampata che ancora si ostinano a cercare di raccontarla, vorremmo dire che non si affannino nemmeno più a dare una parvenza di resoconto obiettivo ai loro reportage.

Ormai lo sappiamo che le notizie non arrivano dalle loro voci colpevoli di occultamento di verità. Le dobbiamo cercare, le notizie. Tra chi vive con la povera gente della Striscia. Tra chi tra i giornalisti verifica le fonti e non ha paura di raccontare, di denunciare, di squarciare il velo.

Quanta ipocrisia nel risolvere tutto nella “necessaria risposta” di Israele! L’inizio di tutto è stato un assassinio di stato: il 9 marzo è stato ucciso un leader palestinese con un’esecuzione, un omicidio mirato. E da lì è iniziata una notte di inferno per Gaza, dove l’aviazione israeliana ha lanciato raid a ripetizione, in risposta al lancio di alcuni razzi, in vari punti del capoluogo, uccidendo, nella sola nottata, 12 palestinesi e ferendone 25. Raid che non si sono più fermati.

Mentre scriviamo, le agenzie continuano ad aggiornare il numero dei morti, anzi, degli uccisi. E la gran parte sono donne, bambini, civili, insomma. Non terroristi. Chiamiamola con il suo nome: carneficina.


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