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Politica

Lettera a Prodi, Fassino e Veltroni, da parte degli amici del Phorum Palestina e compagni

Sulla visita a Sharon: un documento da leggere subito e divulgare all’istante
sabato 21 maggio 2005 di Emiliano Morrone
All’On.le Romano PRODI
All’On.le Piero FASSINO
Al Sindaco Walter VELTRONI
Abbiamo appreso dalla stampa che avete in programma una visita in Israele, dove incontrerete ufficialmente il Primo Ministro Ariel Sharon. Riteniamo che questo incontro sia un atto politicamente inopportuno e moralmente deplorevole, per i seguenti motivi.
Ariel Sharon non è un leader politico qualsiasi: è direttamente responsabile dell’assassinio di migliaia di uomini e donne, la cui unica colpa era quella di essere (...)

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> RACHEL CORRIE. LA SENTENZA...Finisce con una sconfitta la battaglia legale avviata in Israele dai genitori di Rachel Corrie, l’attivista americana di 23 anni schiacciata da un bulldozer dello Stato ebraico mentre faceva da scudo umano contro la demolizione di alcune case palestinesi.

martedì 28 agosto 2012

LA SENTENZA

-   La morte di Corrie "uno spiacevole incidente"
-  per corte di Haifa avrebbe ignorato il pericolo

L’attivista Usa, travolta da un bulldozer militare nel 2003 a Gaza, è stata uccisa mentre protestava in forma non violenta contro la demolizione di alcune abitazioni palestinesi. Lo Stato, ha detto il giudice, non può considerarsi responsabile per alcun "danno causato" in situazioni di combattimento *

ROMA - Finisce con una sconfitta la battaglia legale avviata in Israele dai genitori di Rachel Corrie, l’attivista americana di 23 anni schiacciata da un bulldozer dello Stato ebraico mentre faceva da scudo umano contro la demolizione di alcune case palestinesi.

La morte della ragazza è infatta stata definita in ultima analisi "uno spiacevole incidente". Per la corte di Haifa, l’uccisione di Rachel è stato niente altro che un deplorevole evento che la vittima avrebbe potuto evitare, perché consapevole dei rischi cui andava incontro.

Il tribunale distrettuale di Rafah ha così respinto la richiesta di indennizzo dei genitori, che avevano avviato un causa civile contro lo Stato israeliano, accusandolo di essere responsabile dell’uccisione della figlia e di non aver condotto un’indagine credibile.

Il giudice Oded Gershon ha sottolineato che Israele non può considerarsi responsabile per alcun danno provocato in situazioni di combattimento, ha ricordato l’attacco subìto dai militari dello stato ebraico, nella stessa zona, nelle ore immediatamente precedenti la morte di Corrie, e ha infine spiegato di non aver riscontrato alcuna negligenza da parte dell’esercito israeliano e che l’inchiesta della polizia militare è stata condotta nel modo opportuno.

"Non vi è alcun fondamento per richiedere un indennizzo allo Stato", ha concluso, sottolineando che Rachel "si mise da sola e volontariamente in pericolo. Fu un incidente da lei stessa provocato". Una formula che ha lasciato Cindy Corrie, madre della vittima, "profondamente rattristata e dispiaciuta".

"Anche se non sorprendente, questo verdetto è un esempio ulteriore della vittoria dell’impunità sulla responsabilità e sulla onestà ", ha commentato l’avvocato Hussein Abu Hussein, legale della famiglia Corrie, dopo aver appreso della decisione del tribunale.

Attivista dell’International Solidarity Movement - lo stesso in cui militava Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza l’anno scorso - Rachel era originaria di Olympia, nello Stato di Washington. Il 16 marzo 2003, assieme ad altri compagni, stava cercando di ostacolare le operazioni di demolizione israeliane a Rafah, nel sud della Striscia, al confine col Sinai. Era di fronte alla casa di un medico palestinese, un amico, quando fu investita da una ruspa. Gli israeliani stavano portando avanti una campagna di demolizioni delle abitazioni arabe e l’obiettivo, secondo le autorità di Tel Aviv, era fermare gli attacchi contro l’esercito e i coloni ebrei a sud della Striscia, lungo il confine con l’Egitto.

La comunità internazionale condannò la pratica, che secondo l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, lasciò senza la casa oltre 17mila persone tra il 2000 e il 2004. Per gli attivisti filopalestinesi Corrie è diventata il simbolo delle repressioni da parte delle autorità israeliane nei confronti del movimento nonviolento di protesta.

"Questa corte - ha aggiunto l’avvocato - in questo modo ha avvallato pratiche illegali, fra cui l’aver trascurato la protezione di vite umane. E questo verdetto biasima in definitiva la vittima, sulla base di fatti presentati al giudice in forma distorta".

Da parte sua, la rappresentante della pubblica accusa ha sostenuto che nel dibattito processuale è stato dimostrato oltre ogni dubbio che il conduttore del bulldozer militare non poteva in alcun modo vedere, dalla propria cabina, la figura di Rachel Corrie, che si era venuta a trovare a brevissima distanza dal veicolo.

* la Repubblica, 28 agosto 2012


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