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In principio era il LOGOS (non il "logo")!!!

LA MORTE DI SOCRATE, I GIOVANI, E LA SCUOLA "CATTOLICA"!!! Una "doppia" interessantissima riflessione (lettera di Patrizia e risposta di Umberto Galimberti).

domenica 3 dicembre 2006 di Federico La Sala
Per questo Socrate fu messo a morte
Diceva Oscar Wilde: "Se hai trovato una risposta a tutte le tue domande, vuol dire che le domande che ti sei posto non erano giuste"
Risponde Umberto Galimberti *
Gli studenti sono, e tutti noi siamo, in Italia, cattolici. Se non lo siamo più, lo siamo stati. Abbiamo ricevuto, sin dalla più tenera età, un’educazione religiosa. E ci siamo trovati cattolici senza averlo mai davvero scelto.
Per questo il metodo della catechesi è il più diffuso, (...)

In risposta a:

> LA MORTE DI SOCRATE, I GIOVANI, E LA SCUOLA "CATTOLICA"!!! Una "doppia" interessantissima riflessione (lettera di Patrizia e risposta di Umberto Galimberti).

domenica 3 dicembre 2006

Formazione: Fare domande

di Maria G. Di Rienzo °

Fare domande é l’attrezzo base per il cambiamento, giacché le domande muovono verso l’azione. Fare domande può cambiare l’intera vostra vita, può cambiare istituzioni e culture. Fare domande può rivelare il potere e i sogni che giacciono inascoltati dentro di voi e darvi la capacità di creare tecniche e soluzioni nuove. Fare domande ai vostri oppositori può spostarli verso la guarigione e la riconciliazione. Chiamiamole "domande chiave": sono quel tipo di domande che fanno la differenza. Esse danno inizio ad un processo che trasforma sia chi le pone, sia chi risponde. Quando ci apriamo ad altri punti di vista, le nostre stesse idee devono "muoversi", per accogliere informazioni diverse, nuove possibilità, tecniche differenti per risolvere i problemi. Vi hanno insegnato come fare domande? Siete state/i incoraggiate/i a farlo? E’ accettabile negli ambienti che frequentate porre domande di cui non si conoscono in anticipo le risposte?

Probabilmente no. A scuola, per esempio, ogni domanda ha la sua precisa risposta: quanto fa sei per sette? Dove morì Garibaldi? Quante mogli ebbe Enrico VIII? Noi abbiamo così appreso che le domande hanno risposte "fisse" e "corrette" e che, usualmente, vi é una sola risposta per ogni domanda. La risposta errata viene punita con una valutazione più bassa ed il vasto scenario dell’apprendere si divide in due rigidi contenitori: giusto e sbagliato. Naturalmente, sei per sette non può che fare quarantadue in questo mondo, e porre domande simili é utile per allenare la memoria, ma non offre alcuna preparazione alle questioni che le/gli studenti dovranno affrontare fuori dalla scuola.

In alcune famiglie, le bambine ed i bambini imparano che devono evitare di porre domande a cui non vi sia una risposta certa, perché ciò mette le persone adulte in imbarazzo. I genitori sembrano odiare il momento in cui devono dire "Non lo so". Può anche accadere che essi pensino meritevole di castigo o rimprovero il sentirsi porre domande imbarazzanti, al che i loro figli e le loro figlie smettono di farne. Questo é assai inefficace nella nostra epoca, in cui siamo circondati da domande che non hanno risposte immediate e certe. E se nessuno vi ha insegnato come maneggiare situazioni simili, é probabile che esse vi appaiano intimidatorie, spaventose, non risolvibili.

*

Apprendere come porre "domande chiave" é il sentiero su cui trasformiamo una percezione passiva e timorosa del mondo in un’esplorazione dinamica delle informazioni e delle soluzioni di cui abbiamo bisogno. Noi siamo in grado di assemblare una risposta per quasi ogni problema. Torniamo un attimo alla scuola tradizionale. L’insegnante vi ha chiesto "Quanto fa sei per sette?" e voi avete risposto "Ventinove". Che accadrebbe se invece di replicare: "Sbagliato!", l’insegnante vi chiedesse di spiegare attraverso quale processo siete giunte/i a tale risultato? Avreste l’opportunità di apprendere, assieme alla matematica, qualcosa su voi stessi, su come si forma il vostro pensiero, su come si interviene attivamente nell’apprendimento. E l’insegnante avrebbe la possibilità di capire come migliorare l’efficacia delle tecniche che usa per spiegare la lezione. Nelle famiglie in cui il porre domande non é incoraggiato, raramente gli adulti faranno seguire al loro "Non lo so" qualcosa del tipo: "Vediamo se si può trovare una risposta". Essi sono così presi dal loro imbarazzo da non essere in grado di offrire altro. Oggi questo "altro" ve lo offro io. Non é mai troppo tardi, d’accordo?

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Ci sono sette caratteristiche principali per formulare una "domanda chiave":

a) Una "domanda chiave" crea movimento.

La maggior parte delle domande che poniamo sono statiche. Una domanda chiave chiede esplicitamente: "Come possiamo muoverci?". Si tratta di domande dinamiche, che tendono a non permettere alle situazioni di restare inchiodate dal senso di impotenza. Poniamo il banale caso che la vostra amica Sara abbia l’occasione di trasferirsi in un’abitazione che, a differenza di quella in cui vive ed é nata, é più grande, o ha un giardino, ecc. Sara é molto attaccata alle sue origini e pur essendo tentata non sa cosa fare. Voi potete dirle: "E’ un’occasione. Perché non ti trasferisci?", ma non le sarete di molto aiuto. Le state facendo un suggerimento, non una domanda. Per le vostre ragioni, quali esse siano, voi pensate che dovrebbe trasferirsi, ed é probabile che più farete pressione in questo senso, più Sara si irrigidirà. Una "domanda chiave" potrebbe invece essere: "In che tipo di posto ti piacerebbe trasferirti, se volessi farlo?"; oppure: "Che posto ti viene in mente se pensi ad un futuro felice?", o ancora: "Che significato ha il cambiare residenza, nella tua vita?". Sara, in questo modo, viene incoraggiata a parlare delle qualità delle sue scelte, dei suoi scopi e di come raggiungerli: ed é in questo che potete aiutarla.

Porre domande simili può muovere le persone verso l’attivismo: "Che cosa ti piacerebbe fare per ripulire il fiume dall’inquinamento?", "Che cosa potresti fare per la pace?". Molte idee di valore nascono dalle repliche: soprattutto perché le domande implicano il valore delle persone a cui vengono poste, sottintendono la loro volontà e la loro capacità di cambiamento. Quando ci troviamo incastrate/i in un problema, ciò che ci trattiene dall’agire per il cambiamento é la mancanza di informazioni, o l’aver sperimentato una ferita personale rispetto all’istanza che stiamo fronteggiando, o il percepire che non vi sia posto e modo per muoverci rispetto ad essa. Quando io pongo la domanda: "Cosa ti piacerebbe fare per ripulire il fiume?" apro una porta, e invito le persone a muoversi oltre la sofferenza, il senso di colpa e di impotenza relativi all’inquinamento; le invito a sognare attivamente ed a creare il proprio contributo originale.

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b) Una "domanda chiave" crea opzioni.

Se chiedete a Sara: "Perché non ti trasferisci in quella casa?", state ponendo una questione che é dinamica solo in un senso (quella casa) e limitate le opzioni a disposizione della vostra amica. Una "domanda chiave", che é più potente, ne offrirà altre: "In che tipo di posto ti piacerebbe trasferirti?". E’ importante riuscire ad uscire dal pensiero binario (o/o) per porre domande di questo tipo: usualmente noi consideriamo solo due opzioni e non facciamo lo sforzo creativo di guardare a tutte le possibilità. Mi si dirà che la scelta fra due opzioni ci é familiare, e che é più facile operare scelte in questo modo, ma rifletteteci un attimo: poiché due alternative sono comunque più complesse di una, allora perché non smettere semplicemente di pensare? Prendete quest’altra situazione. Una giovane donna decide all’improvviso di andarsene di casa: in famiglia si é litigato spesso, la ragazza ha avuto problemi seri di qualsiasi tipo, ecc. La madre sa che treno prenderà la figlia e dove ella é diretta, e pensa di avere solo due opzioni a disposizione: lasciarla andare, o correre alla stazione e tentare di convincerla a non prendere il treno. Pensando creativamente, ovvero ponendosi la domanda: "Cos’altro potrei fare per agire questo conflitto in modo positivo?", la madre potrebbe avere l’idea di prendere il treno con la figlia, e di parlare con lei durante le sei ore di viaggio...

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c) Una "domanda chiave" va a fondo.

Avete mai provato ad aprire un barattolo di pittura murale quando il coperchio si é incrostato con la pittura secca? Certo, avete fatto leva con qualcosa. E avete usato un bastoncino per rimestare la pittura, andando a fondo. Con le "domande chiave" é lo stesso. Alcune persone affrontano i problemi come se le loro teste fossero barattoli con il coperchio incrostato: se ponete loro la domanda che fa leva, e se questa riesce a smuoverle in profondità, vedrete scaturire da quelle teste una miriade di soluzioni creative, innovative, originali.

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d) Una "domanda chiave" evita il "perché".

Ricordate Sara? Quando le avete chiesto "perché" non si trasferiva, la vostra domanda intendeva conoscere le ragioni per cui lei non avrebbe voluto farlo, piuttosto che creare un contesto creativo sulla questione. Molti "perché" sono di questo tipo. Forzano a difendere la prima decisione presa e creano resistenza al cambiamento. Riuscite a percepire la differenza fra il chiedere: "Perché non vieni più alle riunioni?" e "Cosa ti trattiene, o ti impedisce, dal partecipare al lavoro di gruppo?". Chiedere "perché" può servire quando state definendo valori e significato del vostro gruppo o del vostro lavoro, ma in generale é una leva corta.

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e) Una "domanda chiave" viene formulata in modo da evitare le risposte "sì/no".

Una domanda a cui si possa rispondere solo sì o no é un vicolo cieco: lascia la persona a cui é stata fatta in uno stato passivo, non creativo, e non incoraggia l’approfondimento della questione. Fate una prova: mettetevi d’accordo con qualcuno (il vostro migliore amico, vostro marito o vostra moglie, il vostro gruppo di attiviste/i, ecc.) e per una giornata riformulate tutte le domande che vi ponete l’un l’altro di modo da rendere impossibile rispondere solo sì o no. Preparatevi a dire, felici e meravigliati, il giorno dopo: "Non ho mai parlato tanto in vita mia. Sembra che in realtà ci conoscessimo assai meno di quel che credevamo".

* f) Una "domanda chiave" dà potere.

Essa crea infatti fiducia: la fiducia che ci si può muovere insieme, e che ciascuno ha la capacità di intervenire. La domanda "Cosa ti piacerebbe fare per ripulire il fiume dall’inquinamento?" implica che colui/colei a cui viene posta ha il potere di cambiare qualcosa, ha una parte attiva nel processo di guarigione. E questo non é limitato ai nostri amici e compagni. Una delle domande da fare sempre, ove possibile, ai nostri oppositori é: "Cosa potrebbe indurla a cambiare idea sulla questione?". Ciò significa che noi intendiamo percorrere con essi il sentiero della trasformazione, che abbiamo fiducia nella loro capacità di cambiamento. Immaginate che io vada a protestare contro un’azienda agricola i cui lavoratori stanno tagliando alberi centenari e chieda loro: "Cosa potrebbe farvi cambiare idea, e indurvi a non tagliare alberi così antichi?". La domanda é un invito a chi ha in mano la sega a posarla un attimo, per trovare con me opzioni differenti. I lavoratori potrebbero rendermi palesi i loro ostacoli e i loro bisogni, io potrei porre alla loro attenzione le preoccupazioni dell’intera comunità per quell’area, ecc. Se questo approccio riesce, la pianificazione risultante dal dialogo molto probabilmente non sarà la prima opzione che entrambe le parti avevano in mente, ma una nuova via che terrà insieme gli interessi di tutti. Dare potere é l’opposto della manipolazione. Quando usate le "domande chiave" permettete alle persone di tirar fuori ciò che avevano in testa e di lavorarci sopra, piuttosto che cercare di stipare le vostre idee nei loro cervelli.

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g) Una "domanda chiave" chiede ciò che non si deve chiedere.

Per ogni individuo, gruppo o società esistono delle domande tabù. Una "domanda chiave" é spesso una di queste, perché mette in discussione strutture, valori e assunti di base su cui l’istanza in questione si regge. Dunque, pensate a quella fiaba in cui l’imperatore, convinto di indossare dei meravigliosi abiti, si presenta nudo ad una parata. C’é un bambino, o una bambina, che fa la domanda tabù: "Perché l’imperatore é senza vestiti?". Se il piccolo o la piccola fossero stati attivisti politici avrebbero magari fatto altre domande tabù: "Abbiamo davvero bisogno dell’imperatore?"; oppure "Come potremmo avere un governo più saggio di questo?". Ragionare su valori, abitudini, schemi di pensiero e azione, é essenziale per il cambiamento. Se riuscite a farlo in maniera non faziosa, senza suscitare in chi parla con voi imbarazzo o senso di colpa, ma dirigendo le vostre domande verso il comune futuro, avrete reso un incomparabile servizio all’istanza di cui vi occupate.

° Fonte: La nonviolenza in cammino, Numero 546 del 25 marzo 2003


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