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O. - K.olossal-mente...

"AIDA": PROVA GENERALE. L’opera di Giuseppe Verdi, per Suez (Cairo, 1871). A MILANO, ALLA SCALA, TUTTO PRONTO. ZEFFIRELLI: RESTERA’ NELLA STORIA... Per "Zeus"!!! «La serata più bella della mia carriera».

giovedì 7 dicembre 2006 di Federico La Sala
ZEFFIRELLI: QUESTA AIDA RESTERA’ NELLA STORIA *
MILANO - "Attenzione prego: si tratta di una prova di lavoro", avverte l’altoparlante prima dell’inizio della ’generale’ di Aida, e aggiunge che qualunque parte dello spettacolo può essere cambiata in vista della prima del 7 dicembre. Ma al pubblico che stipava la Scala, in gran parte amici e parenti degli artisti, oltre a musicisti, musicologi, critici e cronisti, è piaciuta così e per il maestro Riccardo Chailly, Franco Zeffirelli, (...)

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> AIDA: PROVA GENERALE. A MILANO, ALLA SCALA, TUTTO E’ PRONTO. ZEFFIRELLI: RESTERA’ NELLA STORIA.

sabato 9 dicembre 2006

Sant’Ambrogio fa il miracolo. Tra le note tutti in pace: Prodi, la Moratti, ministri e petrolieri *

Finisce male per Aida e Radames, ma anche la morte si può sopportare con gioia, se poi, quando si rialza il sipario, tanto fragore di applausi riaccoglie nel mondo dei vivi i due sfortunati amanti, la schiava etiope e il guerriero egizio. Il teatro è in festa, di fronte a tanto balenar di ori e scintillar di voci, all’ascolto di una musica tanto bella, fascinosa e suggestiva, così italiana nel senso di popolare, che ti fa dimenticare il riconteggio delle schede bianche e nulle e sembrare persino il voto di fiducia sulla finanziaria una marcia trionfale con i balletti in coda e i battimani a scena aperta. Tutto a causa di Giuseppe Verdi, il primo colpevole di questo Sant’Ambrogio in gloria, per Milano e per l’Italia, per Romano Prodi che si gode il successo e il riposo nel palco reale accanto alla signora Angela Merkel, sorridente, radiosa collega tedesca, accanto naturalmente a Letizia Moratti, il sindaco che tesse la tela della candidatura milanese all’esposizione internazionale del 2015, per gli altri ministri in campo, Rutelli, Barbara Pollastrini, Clemente Mastella che lontano dall’Udeur pare ritrovare la gioia di un bambino nel giorno della sagra del paese e che regala la battuta migliore a ingresso in sala: «L’importante è non perdere la sedia». La scena ovviamente è complessa. Bisognerebbe cominciare dall’albero di Natale in piazza del Duomo, continuare traversando la Galleria, zeppa da shopping euforico (solo virtuale?), incocciando in un altro albero di Natale, questo offerto da Swaroski, finalmente giungere alla vista del Teatro alla Scala, vista in parte occultata da una fitta folla in attesa, da una fitta schiera di carabinieri, da otto cavalli bianchi, dal monumento a Leonardo, e dal drappello sparuto degli irriducibili, dei comitati unitari di base, che alzano i cartelli che sono «no alla finanziaria di Confindustria, governo, Cigl Cisl Uil», «no allo scippo del tfr» e gridano a Prodi: «Vieni in mezzo al popolo», come non avrebbero mai osato gridare a Berlusconi.

Prodi, che qualcuno tra quelli che sanno tutto, aveva annunciato all’ultimo minuto e di corsa per "evitare contestazioni», s’è presentato invece calmissimo con mezz’ora d’anticipo, tanto per salutare questo e quello e per dare il benvenuto alla signora Merkel, sopraggiunta un quarto d’ora dopo, al presidente greco, al capo del governo croato, ai ministri del petrolio, agli ormai famigerati "signori del petrolio" in conto Eni, ai nostri manager, Scaroni in prima fila per dovere d’ufficio, ai nostri finanzieri come Antoine Bernheim o Tarak Ben Ammar, al professor Monti, ai nostri banchieri, Guzzetti, Bazoli e Profumo, new entry nel consiglio d’amministrazione della Scala insieme con il presidente della provincia Penati. Insomma la «prima» della Scala s’è presentata sotto la specie dell’armonia, ben al di là dello spartito verdiano. Messi fuori gioco i destri più accesi, da Ignazio La Russa a Giulio Tremonti, la trama s’è intessuta di buone maniere e di complimenti reciprochi. Così Romano Prodi ha potuto riconoscere a cuor leggero: «Serata perfetta». Ha insistito: «Se c’è una perfezione, questa è la perfezione». Ovviamente la lirica soffre di qualche problema, ma per questo ci sono gli sponsor. Che per la Scala non si tirano mai indietro. Ovviamente, gli ha ricordato Rutelli, si dovrebbero aumentare le risorse. E Prodi non s’è negato: aumenteranno. Ma attenzione, ci ha ricordato: «Questo non è uno spettacolo di opera lirica. Questo, a Milano, è l’ evento lirico dell’ anno». Anche la Merkel lo ha capito, tanto è vero... «L’ ho invitata molto sommessamente alla prima - ha rivelato il presidente del consiglio - e lei mi ha detto subito di sì. Non c’è stata alcuna incertezza. Questo vuol dire che l’ Italia, bella di arte e spettacolo, attrae spontaneamente e immediatamente. Questo vuol dire che bisognerebbe sfruttarla di più». Ma, trovandosi a Milano, stretto tra la Moratti e Formigoni, ha dovuto dimenticare momentamente le piramidi per rinverdire la metafora della locomotiva che traina l’Italia. Infatti ha spiegato: «Senza la Lombardia non si muove nulla. Qui si produce più di un quarto del Pil nazionale». E siccome qualcuno, ricordando che Aida è un’opera nata per celebrare una "grande opera" quale il canale di Suez, gli ha chiesto quale "grande opera" andrà a celebrare il centrosinistra, Prodi ha risposto con sicurezza: «L’alta velocità». E siccome qualcuno gli ha obiettato: «E il Ponte sullo stretto?», Prodi saggiamente ha chiuso: «Prima dovremo fare le strade che conducono al Ponte». Prima ancora gli capitano altri problemi, ad esempio Alitalia. L’ingegner Carlo De Benedetti, supposto scalatore di Alitalia, ha schivato i cronisti: «Ascoltare Aida è il miglior modo per volare».

L’intervallo (35 minuti, tra il terzo e il quarto atto) s’usa ovviamente per parlare di tante cose. A Giovanni Bazoli è toccato persino di dire che non sa ancora nulla del patto di sindacato che gopvernerà la nuova Banca Intesa- SanPaolo. A Ben Ammar di assicurare che Generali non cadrà in mani nemiche e proprio Tarak Ben Ammar, con quel nome, libanese e socio in Mediaset di Berlusconi, s’è trovato a difendere l’italianità e l’idea di D’Alema di difesa dell’italianità. Ascoltato da Profumo, che l’italianità aveva considerato una settimana fa una sorta di cappio al collo dell’impresa. Tutto questo non c’entra nulla con Verdi, ma è per far capire che tribuna sia la Scala non solo per Zeffirelli, il regista e lo scenografo, e per Chailly, il direttore d’orchestra, che ha strappato gli applausi (a scena aperta) per la sua «marcia trionfale», ma anche per l’Inno di Mameli, che ha aperto con impeto la serata. «Mai - hanno commentato - s’era sentito così bello».

Calato il sipario, per una conclusione all’altezza dei tempi Prodi s’è ritirato negli uffici della Scala in riservatissima conversazione con i ministri del petrolio presenti (Arabia, Egitto, Nigeria, Congo, più il competente figlio di Gheddafi). Forse anche per questo, a sentire aroma di greggio, Letizia Moratti, sempre così polemica, s’è lasciata prendere dall’entusiasmo: «Credo che questa serata abbia tanti significati. È una rappresentazione che consente di avere in scena tutta la Scala che si mostra nella sua bellezza, nella straordinaria capacità dei tecnici. Ma ha anche una valenza internazionale con la presenza del presidente del Consiglio e di tanti ministri, ministri anche stranieri. Ci prepariamo anche così all’Expo 2015». E alla fine lo ha ammesso: «Questa è la prova della collaborazione fra la città di Milano e il governo». Sant’Ambrogio ha fatto il miracolo. Spalleggiato da Formigoni: «È il momento di partire».

* www.unita.it. Pubblicato il: 08.12.06. Modificato il: 08.12.06 alle ore 18.19


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