Ancora polemiche per l’articolo che dovrebbe inserire la nostra lingua accanto al tricolore. La proposta arriva da un testo unificato di Ulivo e An
L’italiano entra nella Costituzione? Rifondazione e Lega dicono no
Si riapre lo scontro alla Camera, e anche il Pdci annuncia che si asterrà
ROMA - Una proposta di legge basata su di un solo articolo è bastata per scatenare le polemiche in Parlamento. E mettere d’accordo per il no sia Rifondazione che la Lega, seppure con motivazioni opposte. L’articolo della discordia, un testo unificato di 4 proposte di legge venute da An e Ulivo, riguarda la lingua italiana, che si vorrebbe inserire nella Costituzione come lingua ufficiale del Paese. La norma, che andrebbe inserita alla fine dell’articolo 12 della Costituzione, quello che stabilisce che il tricolore è la bandiera della Repubblica, recita così: "L’italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali".
Sul provvedimento, già proposto nelle precedenti legislature, c’è sempre stato scontro. Già negli anni scorsi il "fronte del no" è stato guidato dalla Lega, che chiedeva con forza la salvaguardia dei dialetti e delle minoranze linguistiche e che nuovamente ripete che la norma sarebbe "centralista". Ora invece, spiegano dal Prc, c’è addirittura il sospetto che si provi a mettere in Costituzione una "gabbia" sull’italiano solo per agganciare la concessione della cittadinanza alla conoscenza della lingua nazionale. Un modo, sostiene il partito di Giordano, per ridurre ulteriormente gli spazi di concessione della cittadinanza agli stranieri.
"I veri convitati di pietra in quest’aula - ha sottolineato Franco Russo di Rifondazione - sono infatti tutti quei cittadini extracomunitari" che chiedono di diventare cittadini italiani. Per la Lega arrivano le dichiarazioni di Angelo Alessandri per cui "un paese saggio guarderebbe al suo passato e saprebbe mantenere e alimentare l’orgoglio della tradizione. Un Parlamento responsabile valorizzerebbe le lingue locali, i dialetti, gli idiomi dei nostri padri. Un Parlamento anormale come il nostro - ha concluso l’esponente della Lega - vuole favorire la lingua araba. Una vergogna".
Contrario anche il Pdci che con il Orazio Licandro, capogruppo in commissione Affari Costituzionali, fa sapere che ci sarà l’astensione perché "in Costituzione vanno tutelati solo i diritti delle minoranze e non quella della maggioranza". Con la questione della tutela delle minoranze linguistiche che non è affatto archiviata. Forza Italia ha presentato un emendamento per chiedere che la norma venga inserita non all’articolo 12, ma al 6: quello che stabilisce come le minoranze linguistiche vengano tutelate dalla Repubblica con apposite norme. Mentre il Carroccio, con Roberto Cota, ha continuato a chiedere con forza la tutela delle lingue "che con legge regionale sono riconosciute come lingue storiche regionali".
Luciano Violante, presidente diessino della commissione Affari Costituzionali, ha cercato di spiegare le ragioni dei due schieramenti: "Nella destra la questione della lingua, così come quelle della nazione e del sangue, fanno parte di un patrimonio ideale che risale alla lettura conservatrice del Risorgimento. Per la sinistra basta citare l’esempio di Pasolini, ha proseguito Violante - che sottolineò con forza la funzione di koinè della lingua italiana, lingua che nasce prima della nazione italiana, e prima dello stato".
(la Repubblica, 12 dicembre 2006)