Quando, di recente, Emiliano Morrone m’ha richiamato all’ordine, ricordandomi che, oltretutto, sono una redattrice della Voce, io mi sono sentita risvegliabile. Mi sembrava, infatti, di non avere più qualcosa di veramente utile da dire o scrivere. Mi pareva di dovermi rifugiare per forza (di cose o di cause) nel quieto silenzio privo di preoccupazioni; tipo Trainspotting, senza, però alcaloidi, oppiacei e tofranilici. Ho (ri)scoperto, poco dopo, che questo sentimento nichilistico della mia (...)