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Memoria della libertà e della resurrezione. Con Dante, per la nostra Costituzione ...

GESÙ "CRISTO", GESÙ DI NAZARET. MA CHI ERA COSTUI?! CERTAMENTE IL FIGLIO DELL’AMORE ("CHARITAS") DI GIUSEPPE E DI MARIA!!! NON IL FIGLIO DEL "DIO" ("CARITAS") DELLA CHIESA AF-FARAONICA E COSTANTINIANA !!! A memoria eterna di PIERGIORGIO WELBY e della sua lezione di sovranità umana, civile, e "christiana".

mercoledì 2 maggio 2007 di Federico La Sala
"CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1Gv., 4. 1-16).

"Duemila anni fa, un ovulo fu miracolosamente fecondato dall’azione soprannaturale di Dio, da questa meravigliosa unione risultò uno zigote con un patrimonio cromosomico proprio. Però in quello zigote stava il Verbo di Dio"(dichiarazione del Cardinale Dario Castrillon Hoyos alla XV conferenza internazionale del Pontificio consiglio, la Repubblica del 17 novembre 2000, (...)

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> GESU’ "CRISTO", GESU’ DI NAZARET. MA CHI ERA COSTUI?! --- Amore e accoglienza al «Bar Giuseppe»: il film di Giulio Base girato tra Puglia e Basilicata (di Livio Costarella).

domenica 31 maggio 2020

SPETTACOLI

Amore e accoglienza al «Bar Giuseppe»: il film di Giulio Base girato tra Puglia e Basilicata

Domani su Rai Play, protagonisti Ivano Marescotti e Victoria Diop

di Livio Costarella (la Gazzetta del Mezzogiorno, 27 Maggio 2020)

Natività, famiglia, l’essere migranti. E l’eterna «novella» di Giuseppe e la sua sposa, tra il mistero del concepimento e il concetto di accoglienza. È di un’attualità inaspettata Bar Giuseppe, il film del regista Giulio Base presentato con successo lo scorso anno alla Festa del Cinema di Roma, con protagonista la strana coppia - ma «divina» - formata da un gigantesco Ivano Marescotti e una bravissima esordiente, Victoria Diop. Il film, girato in gran parte in Puglia, a Bitonto (con ciak anche nei territori tra Terlizzi, Palo del Colle e Canosa, fino a Lavello, in Basilicata), è il secondo che da domani, giovedì 28 maggio, sarà disponibile alla visione su RaiPlay, dopo Magari di Ginevra Elkann, lanciato la settimana scorsa. È una prima visione assoluta, in un momento in cui l’apertura delle sale cinematografiche è ancora un grosso punto interrogativo.

«Una grande opportunità per vedere un film che avrebbe avuto una normale distribuzione», ha detto ieri lo stesso regista torinese in una conferenza stampa svoltasi on line. Insieme a lui gli attori protagonisti Marescotti e Diop, oltre allo stato maggiore di One More Pictures e Rai Cinema, che insieme hanno prodotto il lungometraggio, sostenuto da Regione Puglia e Apulia Film Commission (rappresentata dalla presidente Simonetta Dellomonaco e dal direttore generale Antonio Parente).

«È una storia che mi ha commosso», ha detto il presidente della Regione Michele Emiliano, intervenuto per salutare tutto lo staff insieme al sindaco di Bitonto Michele Abbaticchio, felice che la sua città sia stata «messa sottosopra», dal set di un film coraggioso e toccante.

Il Bar Giuseppe, nella trama del film, è gestito dal suo omonimo proprietario, insieme a una stazione di servizio, dislocata in una zona ai confini tra un mondo rurale - il paese in cui vivono i protagonisti, in un cast ricco di attori pugliesi -, e una strada provinciale, un limine simbolico in cui rombano i motori della modernità. Dopo essere rimasto vedovo, con due figli già adulti e diversi tra loro (interpretati da Nicola Nocella e Michele Morrone), Giuseppe assume come cameriera Bikira, una diciottenne giunta da poco dall’Africa. I due si innamorano creando grosso scandalo nel paese. E si sposano, nonostante il conflitto coi figli di lui.

In un film in cui la fotografia di Giuseppe Riccobene e le scenografie di Isabella Angelini s’intrecciano creando un suggestivo contrappunto di luci e ombre, tra albe e tramonti (nel cast anche Vito Mancini, Teodoso Barresi, Ira Fronten, Emmanuel Dabone, Selene Caramazza), Bar Giuseppe racconta sullo sfondo metaforico la parabola biblica di Giuseppe e Maria, interrogandosi sul mondo degli esiliati, sull’angoscia di non essere accolti, e sul sottile limite tra umanità e disumanità, con la strisciante e abietta visione maschilista e secolare della donna.

«Il lavoro nasce dall’incontro con un testo di Gianfranco Ravasi intitolato Giuseppe. Il Padre di Gesù - ha spiegato il regista -, che mi ha permesso di incontrare la figura di un uomo che non avevo mai approfondito. Mi ha colpito il fatto che nessuno l’avesse mai sentito parlare: non a caso i suoi silenzi, nella straordinaria maschera di Marescotti, contengono pensieri da decifrare. In lui contano più le mani che la bocca, più il lavoro che le parole. Simbolo di un’umanità che non strepita, che passa impercettibile e anonima in questo mondo, ma che spesso viene coinvolta in eventi imperscrutabili (e non parlo di miracoli) alla pietas umana».


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