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Questione antropologica

IL PROGRAMMA DI KANT. DIFFERENZA SESSUALE E BISESSUALITA’ PSICHICA: UN NUOVO SOGGETTO, E LA NECESSITA’ DI "UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA".

sabato 16 dicembre 2006 di Federico La Sala
COME ALL’INTERNO, COSI’ ALL’ESTERNO: "VERE DUO IN CARNE UNA". NOTE SUL PROGRAMMA DI KANT
di Federico La Sala *
Kant elaborò esplicitamente tutto l’apparato di concetti, di principi, di argomentazioni della sua filosofia, per giustificare la validità della conoscenza nel caso di un soggetto attivo e recettivo insieme, cioè in vista di un punto di partenza precisamente dualistico, e non unitario (V. Mathieu, Introduzione all’Opus Postumum di Kant, Zanichelli, Bologna, 1963). (...)

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> IL PROGRAMMA DI KANT. DIFFERENZA SESSUALE E BISESSUALITA’ PSICHICA: UN NUOVO SOGGETTO, E LA NECESSITA’ DI "UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA".... L’esperienza. Perché i neuroni non spiegano (interv. a Riccardo Manzotti).

lunedì 28 luglio 2008

RICCARDO MANZOTTI

«La conoscenza non è fatta solo dal cervello» *

Riccardo Manzotti è un ingegnere-filosofo che insegna Psicologia allo Iulm di Milano. E dedica le competenze multidisciplinari al ’mistero della coscienza’. Il punto sulla sua ricerca l’ha fatto in un volume scritto a quattro mani con Vincenzo Tagliasco, decano della robotica italiana, tragicamente scomparso in maggio: L’esperienza. Perché i neuroni non spiegano tutto (Codice edizioni).

Professor Manzotti, quello di ’esperienza’ sembra un concetto immediato, ma forse descriverlo non è così semplice... «Dalla mattina alla sera, ognuno di noi vive dentro la propria esperienza: dei colori, dei sapori, degli aspetti piacevoli e meno piacevoli della vita. L’esperienza è il materiale di cui è fatta la nostra esistenza. Senza l’esperienza il mondo non sarebbe che polvere, atomi, cellule, reazioni chimiche. Per fortuna, il mondo è anche qualcos’altro».

Quello che ci dicono le neuroscienze esaurisce l’esperienza?

«Grazie a nuove tecniche di ’brain imaging’, i neurobiologi sono stati in grado di fare passi da gigante nel comprendere come il cervello distingua stimoli diversi, memorizzi l’informazione, faccia associazioni, controlli il comportamento, che ruolo abbiano i neuroni specchio. Ma se guardiamo all’attività delle cellule nervose, non troviamo niente che assomigli alle nostre esperienza quotidiane. Al massimo il neurobiologo trova una correlazione tra certi neuroni e certe esperienze, ma non quello che il paziente prova. La distanza tra i neuroni e una semplice esperienza quale può essere quella di gustare un buon gelato al cioccolato è incolmabile. Per i neuroscienziati, quindi, resiste il mistero della ’coscienza fenomenica’, il termine filosofico per la capacità di fare esperienza».

Si dice che quello della coscienza sia uno degli ultimi ’misteri’. Che soluzione viene proposta nel libro?

«La rivista Science (che, insieme con Nature, è una delle massime autorità scientifiche al mondo) ha inserito la coscienza tra i cinque più grandi misteri che la scienza dovrà affrontare nei prossimi anni. Nel libro, io e Tagliasco, abbiamo delineato, con un lavoro che ha richiesto una decina di anni, un quadro di riferimento alternativo a quello comunemente utilizzato dalle neuroscienze».

In sintesi, che cosa proponete?

«I neuroscienziati cercano l’esperienza dentro il cervello. Noi suggeriamo di prendere in considerazione un supporto fisico più ampio, che comprende una parte del mondo esterno al corpo. Quando, ad esempio, guardiamo un giglio di montagna, si ha una catena di fenomeni fisici che procedono dalla superficie del giglio, entrano nel nostro occhio, procedono lungo il nervo ottico e scatenano complesse attività nel cervello. Le neuroscienze insistono nel cercare l’esperienza del giglio nell’ultimo tratto di questa catena di fenomeni, nel ’pezzetto neurale’. Noi suggeriamo di considerare tutta la catena. Secondo noi, l’esperienza è fatta anche dal giglio che sta di fronte a noi, e non solo dai neuroni dentro il nostro cervello».

Perché si dice già nel sottotitolo che i neuroni non spiegano tutto, proprio in un momento in cui le neuroscienze affrontano la morale, l’estetica e la politica?

«Ogni tanto nella scienza ci si lascia affascinare da quello che è stato definito il ’pensiero magico’. Si comprende un nuovo fenomeno, in questo caso i neuroni, e si cerca di utilizzarlo per spiegare tutto. È ovvio che il funzionamento del cervello ha un ruolo in tutte le attività del genere umano (estetica, morale, economia); ma non esistono cervelli isolati e autonomi. I cervelli sono necessari per l’esistenza delle persone, le due entità però non coincidono. Il nostro libro cerca di chiarire la differenza».

Una teoria che voglia spiegare come funziona la nostra mente deve essere necessariamente materialistica per risultare scientifica e affidabile?

«La mente non è l’anima. La mente è un fenomeno che, con tutta probabilità, condividiamo con molti animali, anche se in gradi diversi. Chi infliggerebbe dolore a una scimmia o a un cane? Il motivo è che, al di là di tante teorie, riteniamo che questi animali abbiano una mente che fa esperienza del dolore. La mente è probabilmente un fenomeno fisico, ma non limitato al solo cervello. Quanto alla definizione di materialismo, vorrei far notare che non comprendiamo appieno la natura della realtà fisica e quindi si tratta di un confine ancora molto vago».

Chi non aderisce a uno stretto fisicalismo su mente/cervello viene emarginato dalla comunità dei ricercatori?

«Un filosofo e scienziato come Alfred North Whitehead ha scritto che in ogni epoca esistono ipotesi o metafore che vengono accettate implicitamente. Queste ipotesi appaiono così ovvie che la gente non si rende conto di usarle, né delle alternative. Lo scopo della scienza è quello di superare questi limiti. L’occasione è fornita proprio dai grandi interrogativi sull’esperienza e sulla mente».

* Avvenire, 27.07.2008


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