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ETA’ DELLO SPIRITO. CHIESA ED EUCHARISTIA: "TERTIUS IN CHARITATE", ALTRO CHE BUONA (EU-) *CARESTIA*, *CARO-PREZZO*, E *MAMMONA*!

GIOACCHINO DA FIORE E LA CHIESA CATTOLICA. Lettera del cardinale Angelo Sodano, in occasione dell’VIII centenario (2002) della morte dell’Abate - a cura di Federico La Sala

sabato 9 gennaio 2016
[...] L’Abate di Fiore visse in grande povertà e considerò unica vera ricchezza il possesso di Dio. Incurante del prestigio che gli veniva dalla sua carica e della stima dei potenti del tempo, mantenne sempre un atteggiamento umile, e fu tenace e gioioso imitatore del Figlio di Dio che, da ricco qual era, si fece povero per noi (cfr 2 Cor 8, 9) sino a non avere dove posare il capo (cfr Mt 8, 20). Il suo continuo riferirsi a Cristo "mite ed umile di cuore" (cfr Mt 11, 29) è ricordato (...)

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> GIOACCHINO DA FIORE --- Lo studioso americano Bernard McGinn: «Ha mostrato l’intellegibilità, contenuta nelle Scritture, dei processi storici» (di Luca Miele -La storia trasfigurata di Gioacchino da Fiore).

giovedì 1 luglio 2010

La storia trasfigurata di Gioacchino da Fiore

In un saggio dell’americano McGinn l’influenza del pensiero dell’abate calabrese sul pensiero europeo «Ha mostrato l’intellegibilità, contenuta nelle Scritture, dei processi storici»

DI LUCA MIELE

Profeta e abile orga­nizzatore, vir spiri­tual capace di intes­sere relazioni con i potenti della Terra dell’epoca, scrit­tore ossessionato dall’Apo­calisse e inquieto fondato­re di monasteri, Gioacchi­no da Fiore (1135-1202) è stato una delle personalità più complesse della cri­stianità medioevale. Di più: per lo studioso americano Bernard McGinn, autore de L’abate calabrese. Gioacchi­no da Fiore nella storia del pensiero occidentale (Ma­rietti, pagine 280, euro 23,00), all’abate calabrese si deve «una delle più gran­di teologie cristiane della storia». Ma qual è l’humus nel quale affonda la visione di Gioacchino? E quale ruo­lo gioca l’apocalittica? La novità introdotta dal cri­stianesimo (e in esso dal­l’Apocalisse) può essere pienamente compresa so­lo se proiettata sullo sfon­do delle religioni cosmiche. Per il teologo Oscar Cull­mann, «l’espressione bibli­ca simbolica del tempo è la linea, mentre per l’elleni­smo è il circolo».

Il pensie­ro biblico rompe l’universo immutabile del kosmos greco. Per Aristotele il co­smo è «immortale e indi­struttibile », per Eraclito l’ordine universale «sem­pre era è e sarà fuoco sem­pre vivente», il tempo non è che un velo che avvolge ciò che è immutabile. Con il cristianesimo la storia cessa di essere la ripetizio­ne dell’identico, non è più una ri-presentazione del passato, per diventare in­vece attesa di un compi­mento, della redenzione. Per san Paolo «tutta insie­me la creazione geme e sof­fre le doglie del parto» e A­gostino vede nella storia il risultato di una tensione (’ intentio’).

Come ha scritto Karl Löwith, è stata la visione del profetismo a produrre «il concetto della storia in quanto essere del futuro». Senza questa accentuazio­ne, senza la scoperta stes­sa del futuro lo stesso pen­siero apocalittico rimar­rebbe incomprensibile. Nella visione dominata dal­l’ eschaton - nella quale è la fine a rivelare il senso cu­stodito fin dall’inizio nella creazione - gli avvenimen­ti storici sono «interdipen­denti e connessi da un filo conduttore: il Piano di Dio» (Delcor). E in questa dina­mica, nella quale storia e e­ternità si compenetrano, che si staglia la teologia del­la storia di Gioacchino. Sul­la storia si stende la figura del senso. Secondo l’inda­gine di Bernard McGinn «per Gioacchino il proces­so storico riceve il suo si­gnificato dagli eventi ulti­mi da cui muove».

La storia è trasfigurata: da mera successione di even­ti diventa «una realtà in cre­scita armonica, come mo­strano gli alberi armonio­si », una delle figurae più o­riginali a cui ricorre il mo­naco. «L’intenzione prima­ria di Gioacchino - spiega lo studioso americano - è dimostrare che esiste un’intellegibilità dell’inte­ro processo storico, che ta­le intelligibilità è contenu­ta nelle Scritture, e che ta­le comprensione non può essere separata da quella propria della dottrina del­la Trinità».


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