CULTURA E SOCIETÀ Firenze
Addio a Ranchetti, poeta «fuori tempo» anche nella Chiesa
di ALESSANDRO ZACCURI (Avvenire, 05.02.2008)
Aveva il dono dell’intempestività e, come solitamente accade in casi del genere, ne andava fiero. Tanto da scrivere in una sua poesia questi versi che oggi possono valergli da epitaffio: «Vivo in una cassa / da vivo: morto / sarò risorto». È l’autoritratto di Michele Ranchetti, l’inquieto intellettuale morto domenica a Firenze, la città in cui viveva da molti anni, in una bella e disadorna casa colonica sulle colline di via Giramonte. Nato a Milano nel 1925, era stato un bambino solitario, per il quale musica e letteratura avevano sostituito presto giochi e passatempi. Un primo segnale di quel suo essere sempre in qualche modo fuori tempo e fuori posto, che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Per molti, per esempio, Ranchetti rimane uno dei nomi più rappresentativi della concitata stagione catto-comunista, lungo una linea che va dal suo classico studio su Cultura e riforma religiosa nella storia del modernismo (Einaudi, 1963) fino al più recente Non c’è più religione (Garzanti, 2003), un pamphlet polemico ma animato, come sempre, da passione sincera. All’occasione, però, Ranchetti si era dimostrato capace di assumere posizioni scomode anche per la stessa cultura di sinistra: direttore delle librerie Feltrinelli negli anni Sessanta, era entrato in rotta con l’impostazione, secondo lui già all’epoca eccessivamente commerciale, voluta dallo stesso Giangiacomo.
Aveva scelto allora di dedicarsi all’insegnamento universitario (fu docente di Storia della Chiesa a Firenze), senza però mai abbandonare il rapporto con l’editoria, in particolare fornendo un contributo decisivo per la pubblicazione delle opere di Freud in Italia. E proprio la nuova edizione «tematica» degli scritti del fondatore della psicoanalisi, avviata per Bollati Boringhieri nel 2006 e caratterizzata da una radicale revisione della terminologia corrente, aveva confermato per l’ennesima volta la sua fama di irregolare, di irriducibile a qualsiasi convenzione.
La vastità dei suoi interessi e l’originalità del suo punto di vista è documentata in modo esemplare dai tre volumi di Scritti apparsi tra il 1999 e il 2000 presso le Edizioni di Storia e Letteratura, ma anche dall’ampio spettro degli autori ai quali aveva prestato la propria voce di traduttore, primo fra tutti l’amatissimo Paul Celan. Pur avendo scoperto la poesia già durante la sua infanzia appartata, in versi aveva pubblicato poco, tardivamente e con esiti di straordinaria intensità, come testimoniano le due raccolte apparse da Garzanti, La mente musicale (1988) e Verbale (2001). A -chi l’ha conosciuto piace ricordarlo così, come un poeta autentico. E intempestivo, si capisce.