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W o ITALY !!!

ITALIA. PACE, DIALOGO, E FIDUCIA NEL FUTURO. SAPER GUARDARE LONTANO: IL PRIMO E BUON MESSAGGIO DI FINE ANNO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO. MOLTISSIMI AUGURI DALLA "VOCE DI FIORE" !!!

domenica 31 dicembre 2006 di Maria Paola Falchinelli
Messaggio di fine anno
del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Palazzo del Quirinale, 31 dicembre 2006 *
A voi che mi ascoltate, e a tutti gli italiani, in patria e all’estero, il più cordiale augurio di Buon Anno.
E’ un augurio che vi rivolgo per la prima volta da Presidente della Repubblica. Rivivo la lontana emozione del mio incontro con la politica nell’Italia appena rinata alla democrazia. E colgo l’occasione per dirvi dunque brevemente dell’esperienza che sto compiendo (...)

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> ITALIA. PACE, DIALOGO, E FIDUCIA NEL FUTURO. SAPER GUARDARE LONTANO: IL PRIMO E BUON MESSAGGIO DI FINE ANNO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO. MOLTISSIMI AUGURI DALLA "VOCE DI FIORE" !!!

martedì 2 gennaio 2007

Dalla parte dei deboli

di Vincenzo Vasile *

Dai tempi di Sandro Pertini non avevano l’onore di una citazione nei messaggi presidenziali di Capodanno. Gli «operai dell’industria» (con la raccomandazione di una «particolare sensibilità» per chi come loro lavora «in condizioni pesanti e per salari inadeguati») tornano in uno dei passaggi chiave del discorso di esordio a reti unificate di Giorgio Napolitano. La novità non è casuale. Il presidente è rimasto molto colpito dalle recenti contestazioni alla Fiat.

Partecipazione «A chi mi ascolta, e a tutti gli italiani, vorrei dire: non allontanatevi dalla politica. Partecipatevi in tutti i modi possibili, portatevi forze e idee più giovani. Contribuite a rinnovarla, a migliorarla culturalmente e moralmente»: al suo esordio a reti unificate, Giorgio Napolitano, impronta il suo messaggio di fine anno agli Italiani (18 minuti in diretta, per 13 milioni di telespettatori) a un appello alla partecipazione. Lo mutua da un’antica, ancor valida lettura. Quella dell’ultimo messaggio di un condannato a morte della Resistenza, il diciannovenne Giacomo Ulivi, fucilato dalle Brigate nere a Modena nel ‘44. In punto di morte il giovanissimo partigiano ammoniva sul letale lascito del ventennio fascista: «Ci hanno fatto credere che "la politica è sporcizia" o è "lavoro di specialisti", e invece "la cosa pubblica" siamo noi stessi». Parole ancora attuali, da vivificare nella difficile transizione italiana. A partire da due concetti, che con "assoluta imparzialità" e nel contempo, con "passione civile", rappresentano il manifesto programmatico del nuovo settennato. Il primo concetto riguarda, per l’appunto, lo stato della politica: chiamato sul Colle «all’indomani di un voto che ha visto gli elettori dividersi in due parti quasi uguali, tra loro nettamente contrapposte» il nuovo presidente sente il bisogno di una politica non urlata, che non spacchi ulteriormente un paese già diviso. «Le diversità, anche radicali, degli orientamenti e dei programmi, e quindi l’asprezza dei contrasti, non possono preoccupare perché fanno naturalmente parte della competizione democratica. E non cancellano tutto quel che ci unisce come italiani. Ma forte è il bisogno di un clima più sereno e costruttivo». È un invito che Napolitano vuol ripetere, "testardamente": «Se la politica diventa un continuo gridare, un gareggiare a chi alza di più i toni, uno scontrarsi su tutto, su ogni questione, in ogni momento, ne soffrono le istituzioni, a cominciare dal Parlamento, e ne soffre il rapporto con i cittadini. Quando nel frastuono generale non si possono nemmeno più cogliere bene le diverse posizioni e proposte, allora molti finiscono per allontanarsi non da questo o quel partito, ma dalla politica. È importante che vi sia più dialogo, più ascolto reciproco, tra gli opposti schieramenti. Non abbracci confusi, ma nemmeno guerre come tra nemici, piuttosto che polemiche tra avversari».

L’altro, parallelo concetto-guida è l’obiettivo di una nuova coesione sociale: essa è un obiettivo raggiungibile, perché «per fortuna, l’Italia non è ferma», ma occorre un cambio di passo nel senso dell’equità. Anzi, coesione significa equità: se l’Italia "ha già ripreso a crescere", lo si deve infatti al «contributo determinante di imprenditori che hanno imboccato la strada dell’innovazione e del rischio nel mercato globale»; e di «tecnici e lavoratori qualificati e aperti al cambiamento, consapevoli che è il momento di premiare il merito». Bisogna incoraggiare gli uni e gli altri: guardando con «particolare sensibilità» a chi lavora in condizioni pesanti e per salari inadeguati, «a cominciare dagli operai dell’industria». E non si può tollerare la ricorrente statistica degli infortuni che minacciano "sicurezza", e "vita di troppi occupati", in specie di chi, «italiano o immigrato, lavora in nero». L’elenco dei nodi sociali da sciogliere è lungo e serrato: «L’occupazione è in aumento. Ma c’è da creare ancora lavoro per molti giovani e donne, specialmente nel Sud: lavoro alla luce del sole e pienamente riconosciuto nei suoi diritti. È questa una delle condizioni per realizzare una maggiore coesione sociale e civile, e in particolare per combattere fenomeni di disgregazione e criminalità nelle regioni più difficili». E ancora: "Più coesione" significa anche «maggiore equità, meno disparità nei redditi e nelle condizioni di vita, più vicinanza e sostegno per le persone e le famiglie che versano - e sono tante - in penose ristrettezze. Più coesione significa uno sforzo maggiore per integrare nel sistema dei nostri principi e precetti costituzionali, senza discriminarli o tenerli ai margini, gli stranieri di cui l’Italia oggi ha certamente bisogno, e di cui è stato ed è giusto regolare l’ingresso legale nel nostro paese». Il Meridione: la parte più attiva del paese non si illuda di farcela da sola. Lo sviluppo del Paese non può prescindere da una «visione unitaria e solidale»: «Non si può fare a meno del grande potenziale rappresentato dal Mezzogiorno, occorre metterlo a frutto con politiche incisive e coraggiose». Il presidente non ha scordato le donne, le cui energie e talenti sono «tra le riserve preziose su cui contare». Ha portato in proposito due esempi concreti: quello della madre di un ragazzo che ha combattuto per salvare il figlio dalla criminalità e quello di una giovane che ha studiato con successo giungendo alla laurea e al dottorato, e lavora ora a un progetto avanzato di ricerca genetica, per mille euro al mese - e si considera fortunata - con un contratto che scade nel maggio prossimo, ma "non ci penso - ha detto - perché ho un lavoro bellissimo"».

Nell’agenda hanno un posto rilevante i temi etici: se grande è la sintonia rilevata con la Chiesa nell’incontro con il papa sui temi della pace e della dignità della persona, rimangono i nodi della famiglia e della vita, i Pacs e il caso Welby. "Nel discorso indirizzatomi in occasione di quell’incontro, il pontefice ha voluto richiamare ripetutamente i principi e i valori affermati nella Costituzione italiana. È mia convinzione che sia in effetti questo il riferimento essenziale per affrontare nel modo migliore anche i temi più delicati che oggi ci vengono proposti dagli sviluppi della scienza e dall’etica, da complesse situazioni sociali e da dolorosi casi umani come quelli che ci hanno di recente turbato e coinvolto. Alle scelte di cui si riconosca la necessità, il Parlamento può giungere nella sua autonomia attraverso un dialogo sulla vita e un confronto sulla realtà della famiglia che portino chiarezza ed evitino fratture».

Infine, per una vera coesione occorrono istituzioni stabili, riconosciute, riformate: «Per raccogliere le energie di cui è ricca la società italiana, indirizzarne e soddisfarne responsabilmente le domande, contrastando particolarismi e chiusure egoistiche, la politica ha bisogno di istituzioni più riconosciute e più forti. Si trovi dunque l’intesa per riformarle, senza toccare il patrimonio dei grandi valori e indirizzi costituzionali. Si concordino con realismo e misura quelle riforme che possono rendere più chiaro e coerente il ruolo delle autonomie regionali e locali, più efficace nelle sue decisioni il Parlamento nazionale, supremo fondamento della democrazia repubblicana». E c’è bisognosi una nuova legge elettorale: «Si ricerchi pazientemente l’accordo su meccanismi elettorali che rendano più lineare e sicura la formazione delle maggioranze chiamate a governare il paese», è l’ultimo appello alle forze politiche che chiude il denso discorso di Napolitano.

* l’Unità, Pubblicato il: 02.01.07, Modificato il: 02.01.07 alle ore 8.30


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