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Eu-ropa - e filosofia! In memoria di Jan Patočka...

"CHARTA 77". La Cecoslovacchia, il rock dei "Plastic People of the Universe", e il manifesto di trenta anni fa. Praga celebra l’anniversario - a c. di pfls

I promotori di Charta 77 vennero in vario modo perseguitati, licenziati, inviati a lavori non qualificati, pedinati o arrestati. Il 13 marzo 1977 Jan Patocka, sottoposto per molte ore ad un estenuante interrogatorio nella sede della Stb, ebbe un attacco di cuore e morì.
giovedì 4 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Charta 77 nacque da un episodio apparentemente banale. Le autorità comuniste, ossessionate dall’ "influsso occidentale", avevano incominciato a perseguitare un innocuo gruppo musicale alternativo, i "Plastic People of the Universe", colpevole di suonare musica rock che trovava molti fan, soprattutto fra i giovani. Nel 1976 la Stb, equivalente del Kgb sovietico, dopo un concerto arrestò quattro membri del gruppo compreso il saxofonista Vrata Brabenec. Le accuse erano di «turbativa (...)

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> "CHARTA 77". --- Jan Palach, l’ultimo filmato. La veglia, l’agonia, i funerali: una straordinaria testimonianza di 8 minuti.

sabato 27 dicembre 2008

La pellicola fu girata sfidando la censura. Mai trasmessa in Italia, sarà proiettata a Roma

Jan Palach, l’ultimo filmato

La veglia, l’agonia, i funerali: una straordinaria testimonianza di 8 minuti

di Paolo Conti (Corriere della Sera, 27.12.2008)

Il bianco e nero restituisce l’atmosfera cupa, gelida e disperata della Praga del gennaio 1969. Appena 7 minuti e 49 secondi: ma «Jan 69», il breve filmato dedicato prima alla veglia durante l’agonia e poi ai funerali di Jan Palach, è un autentico e straordinario pezzo di storia audiovisiva contemporanea. Verrà proiettato in anteprima per l’Italia (dove non è mai stato proposto in pubblico né usato dalla Tv, il materiale è assolutamente inedito per il nostro Paese) il 16 gennaio a Roma, alle 21 al palazzo delle Esposizioni, durante la rassegna dedicata alla produzione cinematografica cecoslovacca censurata e «scomparsa» nel 1969.

Il ciclo fa parte della densa mostra «Praga. Da una primavera all’altra 1968-1969», curata da Annalisa Cosentino, dedicata quindi al periodo compreso tra il tentativo di democratizzare il sistema comunista cecoslovacco (primavera 1968) e poi la morte dell’esperimento (primavera 1969) in seguito all’invasione delle truppe del Patto di Varsavia, che entrarono il 20 agosto 1968 per «normalizzare » Praga su ordine di Mosca. In mostra, tra gli altri, anche un reportage fotografico di Dagmar Hochova inedito in Italia.

Lo studente Jan Palach si dette fuoco in piazza San Venceslao il 16 gennaio 1969 proprio per protestare contro l’invasione. Accanto a lui trovarono una lettera: «Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo».

Un gruppo clandestino di studenti aveva deciso per il gesto estremo, durante un’estrazione a sorte il numero 1 era capitato a Jan, iscritto a Filosofia, nemmeno 21 anni di età. La sua agonia durò 73 ore: rimase a lungo lucido, seppe del risalto internazionale del suo gesto, registrò alcune dichiarazioni. Morì il 19 gennaio. I funerali furono celebrati il 25 gennaio.

Il filmato diretto da Stanislav Milota con i produttori Yaromìr Kallista e Vlastimil Harnach, tutti dipendenti degli studi nazionali del cinema cecoslovacco, è la secca cronaca di quelle ore: centinaia di migliaia di persone che vegliano in piazza San Venceslao sotto la pioggia, poi l’omaggio alla bara, la disperazione della madre dietro la veletta nera, il pianto a dirotto di migliaia di cecoslovacchi: vecchie coppie di contadini, austeri borghesi chiaramente mal adattati al sistema comunista, giovani studenti, la guardia d’onore dell’università con gli ermellini delle cerimonie ufficiali, splendide ragazze che singhiozzano, le migliaia di corone di fiori candidi, la messa funebre cattolica. La maschera mortuaria di Jan guarda tutti dall’alto. Tante lacrime - non c’è ombra di retorica nel comprenderlo - non sono solo per Jan, ma per il fallimento di un sogno di libertà distrutto dai carri armati spediti da Mosca. Il taglio scelto dalla regìa è inquietante, svela le circostanze fortunose in cui venne realizzato il lavoro, la repressione della censura era in agguato anche per le strade in quelle ore: riprese panoramiche di piazza San Venceslao si alternano a primissimi piani, a scorci di volti, a particolari rivelatori. La musica di Leos Janácek accentua l’emozione, riconducendo tutto alle radici culturali nazionali.

Come racconta il curatore della rassegna, Francesco Pitassio, docente di Storia del cinema all’università di Udine, il materiale rimase disperso fino al 2002. I tre realizzatori furono licenziati dagli studi cinematografici nel 1969 proprio per la colpa di aver girato il documentario. Il film fu nascosto dal vecchio direttore degli studi, Myrtil Frìda, che lo salvò dalla distruzione. Fu ritrovato per un puro caso negli archivi degli studi solo nel 2002: nemmeno Stanislav Milota era riuscito a rintracciarlo nonostante mesi di accurate ricerche. Ora la sequenza torna a noi quarant’anni dopo e ci restituisce intatta l’angoscia di un Paese oppresso, di un popolo schiacciato da una vergognosa invasione.


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