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Eu-ropa - e filosofia! In memoria di Jan Patočka...

"CHARTA 77". La Cecoslovacchia, il rock dei "Plastic People of the Universe", e il manifesto di trenta anni fa. Praga celebra l’anniversario - a c. di pfls

I promotori di Charta 77 vennero in vario modo perseguitati, licenziati, inviati a lavori non qualificati, pedinati o arrestati. Il 13 marzo 1977 Jan Patocka, sottoposto per molte ore ad un estenuante interrogatorio nella sede della Stb, ebbe un attacco di cuore e morì.
giovedì 4 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Charta 77 nacque da un episodio apparentemente banale. Le autorità comuniste, ossessionate dall’ "influsso occidentale", avevano incominciato a perseguitare un innocuo gruppo musicale alternativo, i "Plastic People of the Universe", colpevole di suonare musica rock che trovava molti fan, soprattutto fra i giovani. Nel 1976 la Stb, equivalente del Kgb sovietico, dopo un concerto arrestò quattro membri del gruppo compreso il saxofonista Vrata Brabenec. Le accuse erano di «turbativa (...)

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> "CHARTA 77". ---- Vaclav Havel lascia un vuoto che va al di là dell’eco suscitato nell’opinione pubblica dalla sua scomparsa (di Gaston Piétri - Verità e libertà interiore)

martedì 14 febbraio 2012

Verità e libertà interiore

di Gaston Piétri, prete della diocesi di Ajaccio

in “La Croix” dell’11 febbraio 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Vaclav Havel lascia un vuoto che va al di là dell’eco suscitato nell’opinione pubblica dalla sua scomparsa. Lui stesso diceva, al tempo della sua dissidenza, che era con i suoi compagni in una “zona grigia”, cioè in una zona in cui le azioni da fare non erano affatto evidenti. Non era da parte sua mancanza di coraggio, ma preoccupazione fondamentale di preservare con il suo modo di resistenza non violento i valori stessi che davano senso alla sua lotta. Charta 77 si basava infatti su un’opzione etica, la cui radicalità può ancora oggi sconcertare coloro che pensano che la politica non abbia altra molla che il realismo.

Dov’è infatti la realtà più sicura? Nella linea di Martin Luther King e Nelson Mandela, è il “potere dei senza-potere” che Vaclav Havel e i suoi amici hanno voluto risvegliare. Sorprendente potere quello, che, escludendo la violenza, scommette sulla sola forza della verità per far vacillare il regno della menzogna eretto a istituzione. Una realtà che sfugge a coloro che il denaro e la forza delle armi hanno conquistato al loro potere.

Vaclav Havel voleva aprire una breccia e, attraverso quella, rifondare la politica. Mentre quella ha come scopo di forgiare la storia, il totalitarismo stava al contrario congelando la storia. Havel racconta che, diventato presidente, è entrato in un palazzo in cui non ha trovato neanche un orologio.

Strana assenza e terribile lezione questo simbolo: “Per lunghi anni, non c’è stato bisogno di guardare l’ora perché, per molto tempo, il tempo si era fermato. La storia si era interrotta.” Le certezze non erano mancate, al contrario. È la prova che, da sole, non bastano e che, perfino, possono trasformarsi in peggio. Delle certezze di cemento armato, suscettibili di essere imposte agli altri se le circostanze ce ne dessero il potere, non potrebbero essere, ancora oggi, il rimedio infallibile alla miseria spirituale delle nostre società. Tanto più che, secondo l’espressione del Vaticano II, “la verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore (1)”.

Certezze che pretendono di “fermare il tempo”, come scrive Havel, non hanno, per i credenti, alcuna chance di testimoniare il Dio che è entrato nel corso del tempo. È in questo tempo, con i suoi limiti e le sue opportunità, che Di si fa conoscere a coloro che accettano di essere i suoi compagni come artigiani della storia. La storia si scrive a partire dalle contingenze che, a volte, hanno a che fare con l’imprevedibile. Sono loro che chiedono la capacità di inventare e di innovare, mentre l’obbedienza al potere può limitarsi alla docilità statica.

Oggi, preoccupati nel vedere tanti spiriti senza bussola e senza punti di riferimento, potremmo dubitare della pertinenza delle parole di Vaclav Havel quando se la prende col “corto circuito del pensiero” rappresentato “dalla verità già completa e confezionata sotto forma di ideologia o di dottrina”. Se la prende con coloro che vorrebbero “togliere dalle spalle degli uomini il loro fardello di problemi incessanti (2)”. Le “risposte confezionate” contribuiscono ad anestetizzare nello spirito e nel cuore dell’uomo quella libertà interiore che la Buona Notizia di Cristo vuole promuovere.

Il messaggio di Vaclav Havel, indipendentemente dalla sua posizione personale nei confronti della fede cristiana, rimane ancora oggi uno stimolo per coloro che, a causa del Vangelo, cercano di servire la verità scommettendo sulla libertà interiore di ogni uomo. Non c’è evangelizzazione là dove non si accresce la libertà interiore.

L’esperienza del periodo successivo alla liberazione ha mostrato a questo resistente diventato responsabile politico che la libertà ritrovata non è così facile da vivere come si potrebbe sperare.

Infatti, ci dice Havel, l’uomo uscito da quella specie di prigione, dove non aveva più nulla da intraprendere e ancor meno da inventare, viene “preso da indecisione”. Sperimenta la “mancanza di sicurezza”, in fondo “desidererebbe ritornare là dove c’erano muri e limiti”. Lo salverà solo la libertà interiore, da scoprire o da riscoprire. La falsa tranquillità delle “verità ufficiali” lo preservava da questa ricerca.

Ma alla libertà interiore nuocciono anche le false libertà che permettono di errare senza scopo in una vita dove una cosa vale l’altra, dove le mode più effimere dettano legge. Perché, a sua volta, questo tranquillo asservimento, pur diverso, è il contrario della libertà interiore dell’uomo in ricerca di una verità che fa vivere.

-  (1) Dichiarazione sulla libertà religiosa, n° 1
-  (2) Essais politiques, Calmann-Lévy, 1994.


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