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Eu-ropa - e filosofia! In memoria di Jan Patočka...

"CHARTA 77". La Cecoslovacchia, il rock dei "Plastic People of the Universe", e il manifesto di trenta anni fa. Praga celebra l’anniversario - a c. di pfls

I promotori di Charta 77 vennero in vario modo perseguitati, licenziati, inviati a lavori non qualificati, pedinati o arrestati. Il 13 marzo 1977 Jan Patocka, sottoposto per molte ore ad un estenuante interrogatorio nella sede della Stb, ebbe un attacco di cuore e morì.
giovedì 4 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Charta 77 nacque da un episodio apparentemente banale. Le autorità comuniste, ossessionate dall’ "influsso occidentale", avevano incominciato a perseguitare un innocuo gruppo musicale alternativo, i "Plastic People of the Universe", colpevole di suonare musica rock che trovava molti fan, soprattutto fra i giovani. Nel 1976 la Stb, equivalente del Kgb sovietico, dopo un concerto arrestò quattro membri del gruppo compreso il saxofonista Vrata Brabenec. Le accuse erano di «turbativa (...)

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> "CHARTA 77". --- Patocka, critica della ragion tecnica... Non ha perso un briciolo della sua attualità, la quasi profeti­ca riflessione sull’Occidente e la sua civiltà sviluppata da Jan Pa­tocka più di trent’anni fa. Forse per­ché maturata negli anni più duri della repressione comunista nel Blocco o­rientale, forse perché sviluppata pro­prio ad appena un passo oltre la Cor­tina di ferro, l’indagine del coraggioso filosofo ceco, morto nel 1977 a causa delle torture subite per essere stato promotore del movimento democra­tico Charta 77, conserva intatta tutta la sua acuta capacità di comprensio­ne dell’Europa occidentale (che oggi è finalmente tornata ad abbracciare anche la sua Praga) e il destino che l’aspetta (di Edoardo Castagna).

sabato 31 maggio 2008

Patocka, critica della ragion tecnica

DI EDOARDO CASTAGNA (Avvenire, 31.05.2008)

Non ha perso un briciolo della sua attualità, la quasi profeti­ca riflessione sull’Occidente e la sua civiltà sviluppata da Jan Pa­tocka più di trent’anni fa. Forse per­ché maturata negli anni più duri della repressione comunista nel Blocco o­rientale, forse perché sviluppata pro­prio ad appena un passo oltre la Cor­tina di ferro, l’indagine del coraggioso filosofo ceco, morto nel 1977 a causa delle torture subite per essere stato promotore del movimento democra­tico Charta 77, conserva intatta tutta la sua acuta capacità di comprensio­ne dell’Europa occidentale (che oggi è finalmente tornata ad abbracciare anche la sua Praga) e il destino che l’aspetta. Pubblicati clan­destinamente nel 1975 in poche copie dattiloscritte e finora disponibili in ita­liano soltanto in una da­tata e incompleta versio­ne della prim’ora pubbli­cata nel 1981 dal bologne­se Centro studi Europa o­rientale, oggi i suoi Saggi eretici sulla filosofia della storia ven­gono riproposti da Einaudi in versio­ne integrale e curata criticamente, of­frendoci la possibilità di apprezzare nella sua completezza la profondità della riflessione di Patocka. Che aveva già lucidamente colto, pur nel pieno dell’epoca del trionfo delle ideologie, che «il pericolo - scrive Paul Ricoeur nella sua prefazione - non è più rica­dere nell’idealismo, ma di cedere al nichilismo. Ciò che tormenta Jan Pa­tocka è il destino dell’Europa occi­dentale al di là del nichilismo».

Per il fenomenologo ceco, il nichilismo è altrettanto dogmatico di «una fede ingenua e intatta del senso», quale quella che aveva caratterizzato l’uma­nità ’pre-istorica’ quando anche la morte, anche le catastrofi non pote­vano scuotere la fede ingenua dell’u­manità: a riscattare tutto era suffi­ciente il fatto che l’eternità, nel senso dell’immortalità, rimanesse preroga­tiva esclusiva degli dei. «La ricerca di un senso diverso - per esempio, della vita eterna - non è una faccenda u­mana », scrive Patocka, e tutto finiva lì. Ma poi questo senso comunemen­te accettato della pre-istoria è stato sconvolto, e ha fatto irruzione la sto­ria vera e propria con il suo attore protagonista: l’anima, che anela al­l’immortalità. È l’avvento di Cristo il salto decisivo: «La fede cristiana è il senso non cercato dall’uomo, e non da lui autonomamente trovato, ma dettato dall’altro mondo. Ad esso ap­partiene qualcosa che non si presen­ta nella vita greca, vale a dire la co­scienza della limitatezza dell’uomo».

Dal trionfo del cristianesimo, al mo­mento del tramonto dell’impero ro­mano, è sorta l’Europa come soggetto storico. I Saggi indagano l’intera sua parabola dal Medioevo al Novecento, ma è nel delicato passaggio dell’inizio della modernità che il filosofo indivi­dua la frattura decisiva, quella che ha posto le premesse dei problemi che oggi abbiamo di fronte a noi. Ovvero, l’affidarsi dell’uomo alla ’scienza na­turale matematica’, o ’tecno-scien­za’. «In seno alla società dell’Europa occidentale, educata dal cristianesi­mo, è sorta una concezione del reale che non solo si è a poco a poco di­staccata dalla sorgente stessa del sen­so cristiano, ma che è anche giunta a un completo divorzio tra la realtà e il senso». A questo strappo, a questa «realtà del sapere efficace, vuota e priva di senso» si aggrappa il moder­no nichilismo, contro il quale Patocka ricerca possibili germi di speranza.

Non si può, chiaramente, tornare in­dietro come nulla fosse, ignorare il postulato del non senso, perché vor­rebbe dire ignorare l’intera moder­nità ’tecno-scientifica’ laddove «bi­sogna tener conto anche della sua straordinaria effi­cacia ». Ma occorre anche denunciare come il suo po­tere «non si arresta neppure davanti all’uomo». Il filosofo ceco denuncia: «La civiltà industriale non ha risolto il grande, principale proble­ma interiore dell’uomo, cioè non soltanto vivere, ma vivere in mo­do umanamente autentico», e anzi ha allontanato tale pienezza attraver­so l’esaltazione di quelle facoltà ’tec­niche’ che nulla possono, in questo ambito. I concetti vincenti nella so­cietà contemporanea «appiattiscono il pensiero e offrono dei surrogati»; la civiltà industriale «indirizza la cono­scenza verso l’uniforme modello del­la matematica applicata e l’uomo è privato del suo ’sé’, del suo io inso­stituibile; viene identificato con il suo ruolo, esiste e cade con esso». Certo, «è anche vero che questa civiltà rende possibile ciò che nessun altro prece­dente agglomerato umano aveva reso possibile: una vita senza violenza e u­na generale uguaglianza di possibi­lità ». E questo va non solo difeso, ma anzi sostenuto quanto più possibile, e «sarebbe un tragica colpa (e non una disgrazia) dell’intellighenzia se que­sta possibilità non venisse compresa e colta». Ma per Patocka indispensa­bile è trarre il dado verso l’«assumere la responsabilità dell’insensatezza» attraverso un disciplinato «atteggia­mento di distacco», capace di realiz­zare un nuovo senso ’problematico’.

Mentre accogliamo il portato benefi­co della tecnica e della scienza, dob­biamo al tempo stesso riconoscere - e denunciare - come metta tra paren­tesi proprio il concetto intorno al quale l’Europa è sorta e dal quale ha tratto la sua linfa vitale: l’anima indi­viduale, e il suo destino anelante im­mortalità: «Questo dramma interiore - conclude Patocka - è un dramma di redenzione e di grazia».

-  Jan Patocka
-  SAGGI ERETICI SULLA FILOSOFIA DELLA STORIA a cura di Mauro Carbone
-  Einaudi. Pagine 184. Euro 17,50


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