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Mnemosyne

LE IMMAGINI, L’IMMAGINAZIONE, E LA STORIA: LE "NINFE". Sulle tracce di Benjamin e Warburg, un lavoro di Giorgio Agamben.

lunedì 8 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
ninfe *
In ogni immagine un anticipo e un ricordo
L’osservazione del cielo è la grazia e la maledizione dell’uomo.
«La storia dell’umanità è sempre storia di fantasmi e di immagini, perché è nell’immaginazione che ha luogo la frattura fra l’individuale e l’impersonale, il molteplice e l’unico, il sensibile e l’intellegibile...»
di Giorgio Agamben (il manifesto, 06.01.2007)
Nei primi mesi del 2003 si poteva vedere al Getty Museum di Los Angeles una mostra di video di Bill Viola intitolata (...)

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> LE IMMAGINI, L’IMMAGINAZIONE, E LA STORIA ---- Immagini sacre come analgesico. Studiosi inglesi hanno analizzato gli impulsi cerebrali di credenti e atei.

venerdì 19 settembre 2008


-  Studiosi inglesi hanno analizzato gli impulsi cerebrali di credenti e atei
-  Fissare un soggetto religioso permette a chi ha fede di combattere la sofferenza

-  Immagini sacre come analgesico
-  guardare la Madonna placa il dolore

-  di SARA FICOCELLI *

LO chiamano "analgesico della fede" ma più che alla medicina deve la propria efficacia alla bellezza. Affreschi di madonne estatiche e santi in martirio, capolavori che descrivono Genesi e Vangelo: secondo uno studio della neuroscienziata inglese Katja Wiech, della Oxford University, l’arte sacra stimola il nostro cervello al punto da rendere più sopportabile il dolore.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Pain ed è nata proprio nel tentativo di dare una risposta alla sofferenza: può il cervello difendersi da solo? E perché chi si rifugia nella religione sembra essere più sereno? "I dati che abbiamo raccolto - spiega la coautrice dello studio, Irene Tracey, direttrice dell’Oxford Centre for Functional Magnetic Resonance Imaging of the Brain - dimostrano che le credenze religiose hanno il potere di alterare l’equilibrio mentale in modo diverso da persona a persona. Ci sono individui che, attraverso le immagini sacre, rispondono meglio al dolore, anche a quello fisico".

La ricerca è stata condotta prendendo in esame 12 cattolici dichiarati e 12 atei o agnostici, di età compresa fra i 19 e i 34 anni. I volontari sono stati sottoposti a un imaging a risonanza magnetica, una tecnica di generazione di immagini usata prevalentemente a scopi diagnostici in campo medico. La macchina ha misurato le variazioni della pressione sanguigna nel cervello a seguito della visione di due immagini molto simili: da una parte una Vergine Maria e dall’altra la Dama dell’ermellino, uno dei capolavori di Leonardo.

A tutti sono stati mostrati i dipinti per una trentina di secondi e, contemporaneamente, somministrate 20 microscosse elettriche, lievemente dolorose, su una mano e sull’altra. Nei cattolici la macchina ha registrato sensazioni di pace e serenità; i 12 atei hanno invece sopportato in silenzio e con sofferenza tutte le microscosse. Ma non è tutto: tra i credenti, la sensazione di sollievo provocata dalla visione della Madonna è stata accompagnata da una vivace attività cerebrale, cosa non riscontrata negli altri partecipanti.

"Ogni immagine che per noi è fonte di rassicurazione, nella quale possiamo identificarci, è in grado di alleviare il nostro dolore - spiega la psicologa Sara Ruiba, specializzata in problematiche dell’identità personale - non si tratta di un effetto placebo: vengono stimolati degli specifici canali sensoriali. Bisogna tenere presente che i binari sono due, quello della sofferenza fisica e quello del disagio mentale. Un’immagine sacra può stimolare questi percorsi neuronali - continua la psicologa - e sottrarci all’intensità del dolore. Un po’ come fanno i fachiri che, meditando, riescono a dormire sui chiodi".

Secondo lo psicologo Tor Wager della Columbia University, quella delle immagini sacre è però solo una delle strade percorribili. "Ognuno di noi può creare un nuovo, positivo universo di microeventi cui fare riferimento. Qualcosa in cui credere: è questa la chiave. Che si tratti di una divinità o di uno scopo nella vita, è sempre questo il miglior analgesico".

* la Repubblica, 19 settembre 2008


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