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JEAN-PIERRE VERNANT (1914-2007): UN "EU-ROPEUO". LA LEZIONE DI UN DISCEPOLO E DI UN MAESTRO DELLA GRECIA ANTICA.

giovedì 11 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] «Ho studiato la Grecia antica per più di mezzo secolo... ho cercato di farmi greco interiormente. Che lezioni ne ho tratto? Anzitutto l’esigenza di una totale libertà di spirito. Poi, che il carattere umano dell’uomo è legato alla sua condizione di cittadino, alla sua partecipazione attiva a una comunità di eguali in cui nessuno può esercitare alcun potere di dominio su un altro...» [...]

ANTICHITÀ
Morto in Francia a 93 anni il (...)

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> JEAN-PIERRE VERNANT (1914-2007): LA LEZIONE DI UN DISCEPOLO E DI UN MAESTRO DELLA GRECIA ANTICA, DI UN "EU-ROPEUO".

domenica 11 marzo 2007

MAURIZIO BETTINI RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT [Dal quotidiano "La repubblica" dell’11 gennaio 2007...] *

Sali’ sulla pedana dove stava la cattedra, tiro’ a se’ la sedia, ma non si sedette. Il pubblico senese - numerosissimo: come si poteva mancare a una conferenza del grande Jean-Pierre Vernant? - lo guardava con ammirazione, ma anche con un po’ di sconcerto. Perche’ restava in piedi? Indugio’ ancora qualche secondo, poi scosse la testa e finalmente si sedette. Vernant parlava malvolentieri da seduto. Forse fu per questo che, prima di iniziare la sua conferenza, volle almeno togliersi la giacca; ma non avendo dove appoggiarla, la lascio’ scivolare tranquillamente a terra, davanti a tutti. Poi comincio’ a parlare, a braccio, come sempre faceva.

A mia conoscenza, Vernant e’ stato l’unico ellenista che, quando parlava, pareva veramente ispirato da una musa, come l’aedo omerico. Salvo che poteva lasciar scivolare la giacca per terra con una semplicita’ inaudita. Beniamino Placido, che assisteva alla conferenza, il giorno dopo scrisse che quel gesto gli aveva ricordato un film con Jean Gabin.

*

Vernant se n’e’ andato all’eta’ di novantadue anni, ma avremmo voluto averlo con noi ancora a lungo. Nel mondo degli studi classici Jipe’, come lo chiamavano i suoi amici, costituiva una presenza fondamentale, il vuoto che lascia non potra’ essere colmato da nessuno. L’oratore dalla meravigliosa semplicita’, l’aedo omerico che sapeva raccontare il mito greco anche ai suoi nipoti e bisnipoti (come ha fatto in due libri pubblicati in Italia da Einaudi), il saggista elegante, dallo stile trasparente come il cristallo, al mondo greco in realta’ non c’era arrivato lungo la via della letteratura.

La sua "agregation" l’aveva infatti ottenuta in filosofia, nel lontano 1937, e i suoi primi studi furono dedicati a Diderot. Nel 1940 c’era stato poi l’incontro con Ignace Meyerson, che lo aveva coinvolto nel suo appassionante progetto di psicologia storica, e nel 1948 quello, altrettanto fondamentale, con Louis Gernet, grande studioso di diritto greco e fondatore dell’antropologia storica. Ma qualsiasi autobiografia intellettuale di Vernant, anche la piu’ sintetica, non puo’ ignorare l’altra grande componente, o per meglio dire passione, della sua vita: la politica.

Iscritto al Pcf dal 1932 al 1970, il giovane Vernant aveva svolto un ruolo rilevante nella Resistenza antinazista a Toulouse, e la politica ha continuato ad appassionarlo lungo l’intera esistenza.

Ci si accorge cosi’ che lo studioso il quale, a partire dagli anni Sessanta, ha in qualche modo rivoluzionato il mondo degli studi classici, e di quelli greci in particolare, era in realta’ un filosofo che aveva attraversato le scienze sociali, e un "resistente" innamorato della politica. Alla Grecia Vernant ci era arrivato per una scelta piu’ che matura, ecco perche’, probabilmente, e’ stato capace di cambiarne l’immagine. Il fatto e’ che Jipe’ ha trascorso la sua vita ad "attraversare le frontiere", come suona il titolo del suo ultimo libro. Ha insegnato a farlo anche a molti di noi e, ci auguriamo, anche a tanti giovani che debbono ancora affacciarsi all’orizzonte degli studi classici.

*

Guardo la pila dei suoi libri, ammucchiati sulla scrivania. Li ho messi li’ per aiutare la memoria, certo, ma anche per un ultimo omaggio a un uomo che abbiamo molto amato. Non e’ stato forse lui ad insegnarci che, per i greci, l’impalpabile psyche’ -l’anima del defunto che continua ad aleggiare nell’Ade - corrisponde a cio’ che essi chiamavano kolossos, la rigida stele di pietra che garantisce il passaggio fra i due mondi, quello di sopra e quello di sotto? Di lui ci resta un kolossos di libri, uno piu’ bello dell’altro. Mito e pensiero presso i greci, Le origini del pensiero greco...

Da studenti li leggevamo quasi di nascosto, nelle Universita’ di allora Vernant era considerato abbastanza eretico, e soprattutto poco attendibile. Non e’ un grecista! si sussurrava, e a volte questo veniva perfino gridato ad alta voce. Un po’ come Noam Chomsky che non sapeva, dicevano alcuni, se non l’inglese, e per questo non poteva essere un buon linguista. Ma noi i libri di Vernant li leggevamo lo stesso. A volte penso che i giovani abbiano un dio (naturalmente greco) che li aiuta a scegliere i libri giusti, e che questo dio non possa che essere Eros, pungente dio della passione e dell’amore: quello a cui Vernant ha dedicato uno dei suoi saggi piu’ belli.

Guardo ancora il kolossos dei suoi libri. La morte negli occhi, Mito e tragedia... Altri li ha scritti assieme a compagni di strada come Marcel Detienne e Pierre Vidal-Naquet, ad allievi diventati nel tempo amici e collaboratori, come Francoise Frontisi. A questo punto, quando i libri ricominciano a farsi persone, ad assumere volti e voci, qualsiasi classicista non puo’ fare a meno di pensare ad un luogo, quello in cui molti si sono recati, nel corso del tempo, come per un pellegrinaggio o un rito di passaggio.

Erano poche stanze in Rue Monsieur Le Prince, a Parigi, dove Vernant aveva fondato il ’Centre des recherches comparees sur le societes anciennes". Un istituto diventato rapidamente celebre, un punto di riferimento. A chi si meravigliava della sproporzione fra la semplicita’ dei locali, e la fama raggiunta dal "Centre", veniva risposto che, al piano di sopra, abitava nientemeno che il grande Greimas. Dopo di che non restava che allargare le braccia, rassegnati. La vera grandezza si raggiunge nei luoghi semplici, oltre che nei gesti semplici: come una giacca scivolata a terra.


EVA CANTARELLA RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT [Dal "Corriere della Sera" dell’11 gennaio 2007...] *

E’ impossibile, in poche righe, dire quel che si vorrebbe di Jean-Pierre Vernant, nell’apprendere la sua scomparsa a Parigi. Impossibile rendere almeno in parte giustizia alla grandezza di un uomo che non e’ stato solo uno dei piu’ grandi intellettuali del nostro tempo. Bastava sentirlo parlare una sola volta per capire che non si trattava solo di uno dei grecisti piu’ originali del secolo ventesimo, ma anche una persona straordinaria per gentilezza, modestia e un perdurante, appassionato interesse alla vita.

Negli anni tra il ’43 e il ’45, l’impegno politico lo aveva portato (giovane militante comunista, poi fortemente critico nei confronti del Pcf) a militare nella Resistenza francese. E a chi gli domandava come potesse conciliare ricerca e politica raccontava di quando, nel corso di un dibattito, un giovane gli aveva chiesto se esistesse un nesso tra la sua lettura di Omero e la sua attivita’ nella Resistenza. In un primo momento la domanda lo aveva scandalizzato: poi si era reso conto dei legami che avevano tessuto una sorta di rete invisibile di corrispondenze tra il suo passato e la sua interpretazione dei poemi omerici. L’esperienza di combattente aveva orientato la sua ricerca "erudita", facendogli privilegiare determinati aspetti della poesia epica: l’ideale eroico, la vita breve dell’eroe, la sua "bella morte", l’oltraggio al cadavere, la gloria imperitura, vero onore al di la’ della morte, la memoria del canto poetico. * La politica e la Grecia, dunque. Una Grecia diversa, nuova, che Vernant ci ha aiutato a scoprire nel 1965, anno di pubblicazione di Mito e pensiero presso i Greci. Un libro fondamentale, per chi era, allora, un giovane studioso. Riprendendo la parola d’ordine lanciata pochi anni prima da Zebedei Barbu, Vernant invitava a tornare ai greci. Non i greci "del miracolo" beninteso. Bisogna cercare, diceva Vernant, quell’uomo greco antico che non puo’ essere separato dal quadro sociale e intellettuale di cui e’ al tempo stesso creatore e prodotto. Bisogna scrivere una storia dell’uomo interiore solidale a quella delle civilta’.

L’invito a tornare ai greci venne accolto con entusiasmo dagli antichisti che sentivano la necessita’ di un approccio nuovo, che ridesse un senso agli studi classici. I greci che Vernant invitava a riscoprire erano al tempo stesso prossimi e "altri". Su versanti diversi, l’"alterita’" dei greci divenne oggetto di ricerche fondamentali. I greci non erano piu’ gli stessi, si era aperta la via allo studio delle condotte eterodosse che le sette raccomandavano per contestare la regola civica, venivano alla ribalta gli esclusi dalla citta’, i marginali, gli schiavi, le donne.

*

Ogni libro di Vernant offriva un nuovo spunto, ed erano tanti, da Mito e tragedia nell’antica Grecia a Le origini del pensiero greco, da Le astuzie dell’intelligenza nell’antica Grecia a Nascita di immagini. E ancora: La morte negli occhi, Mito e tragedia due, Senza Frontiere. Memoria mito e politica. Direttore alla "Ecole des hautes etudes" dal 1958, fondatore del Centre Gernet, dal 1975 al 1984 al College de France, quindi all’Academie Francaise, Vernant ha ricevuto innumerevoli premi e riconoscimenti. A dargli la sopravvivenza (quella che gli eroi omerici cercavano con la "bella morte") saranno le sue opere, che hanno dato ai classici un nuovo futuro.

* Fonte:

LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

Supplemento domenicale de "La nonviolenza e’ in cammino", Numero 102 dell’11 marzo 2007(ripresa parziale).


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