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Doomsday Clock.... Fine della Storia o della "Preistoria"?

TROIA, L’OCCIDENTE, E IL PIANETA TERRA. PER LA PACE PERPETUA. COMMENTO APOCALYPTICO DI SCUOLA GIOACHIMITA, DANTESCA, KANTIANA, E MARXIANA - a cura del prof. Federico La Sala

J. Chirac, alla conferenza dei «Cittadini della Terra»: «Siamo alla soglia dell’irreversibile» (2007).
venerdì 19 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
TROIA, L’OCCIDENTE, E IL PIANETA TERRA. Commento apocalyptico di scuola gioachimita, dantesca, kantiana, e marxiana
Roma soggiogò la Grecia,
la Grecia soggiogò Troia,
ma Troia soggiogò la Grecia,
soggiogò Roma,
e tutta la Terra.
Non sarà niente di previsto!
Hitler, il Vietnam saranno niente a confronto.
La violenza subita e immagazzinata da secoli
nel nostro corpo - terrestre!,
tenuta a bada da catene sempre più solide,
infine eromperà.
L’inimmaginabile!
Chi sogna l’età dell’oro? Chi (...)

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> TROIA, L’OCCIDENTE, E IL PIANETA TERRA. PER LA PACE PERPETUA. --- La lotta dei giovani: "Clima, il mondo può cambiare" (di Aldo Masullo).

lunedì 11 novembre 2019

Napoli, la lotta dei giovani: "Clima, il mondo può cambiare"

Le riflessioni del grande filosofo Aldo Masullo: "La reazione dei ragazzi non è puerilmente emotiva, semplice paura, ma razionale, meditata decisione di lotta"

di ALDO MASULLO (La Repubblica/Napoli, 10 novembre 2019)

Hannah Arendt durante la bufera nazista descrisse la vita del profugo senza né lavoro, né casa, né parenti, soprattutto senza diritti. Più tardi rivendicò con forza «il diritto di avere diritti». Nella seconda metà del Novecento il coro internazionale proclamò più volte solennemente i diritti dell’uomo. Il che vuol dire l’universale condanna della loro violazione. Non v’è “ragione di Stato” che tenga, nessuno per nessuna ragione ha diritto di violare i diritti dell’uomo.

Con qual diritto dunque sempre di nuovo si gettano sulle disperate strade della fuga, esposte alla sofferenza e alla morte, tra il grandinare delle bombe e il crepitio delle mitragliatrici, moltitudini di persone magari già duramente provate dalle atrocità di qualche anno prima?

Con quale diritto pacifiche popolazioni vengono strappate alle propria civile sicurezza per un incerto destino di profughi? Con qual diritto soprattutto si strappano il vecchio al suo letto abituale, il ragazzo alla sua scuola, lo studioso alla sua biblioteca, la donna al suo ordine domestico, l’ uomo e la donna al lavoro, gettati tutti nella polvere dell’estrema miseria, ognuno dall’umiliazione strappato a se stesso?

Nella lunga storia umana fatti come questi, e anche peggiori, molte volte sono accaduti. Ma non ancora erano stati solennemente proclamati i diritti e sancito il sacrosanto diritto di avere diritti. Sempre nel mondo è serpeggiata la violenza dell’uomo sull’uomo. Ma nell’età moderna, nell’età dei diritti dell’uomo, la violenza stessa ha assunto il governo del mondo.

Mi spiego. Nel secolo XVII muove i suoi primi passi la “nuova scienza”, che interroga la natura attraverso la verifica sperimentale delle sue risposte. Si tratta di un cammino conoscitivo che da Galilei in poi non si è più fermato. I risultati della scienza sperimentale non sono soltanto pure conoscenze, gratuita ricchezza dell’intelletto, ma anche, anzi soprattutto, applicazioni pratiche sempre più rilevanti per la vita dell’uomo. Così all’antica tecnica, che consentì agli Egizi di costruire le Piramidi e ai Romani di mettere in opera gl’imponenti acquedotti, ne succede una nuova, sempre più complessa e raffinata. Con essa s’instaura un crescente potere dell’uomo sulla natura, in genere al servizio dell’uomo, ma spesso anche un diseguale potere di alcuni uomini su molti altri. Cresce smisuratamente la competitività tra gl’individui e tra gli Stati e si sviluppano formidabili mezzi di distruzione di massa.

Innegabilmente la tecnica ha consentito la nascita di un modo nuovo di produzione, grazie alle macchine mosse non più dalla limitata forza muscolare ma dall’illimitata potenza di motori alimentati da energie fisiche. All’inizio tali macchine sono manovrate da masse di lavoratori poco istruiti e malpagati, di cui via via, sempre grazie agli avanzamenti tecnici, si riduce il bisogno. La nuova forma di produzione arricchisce i produttori, che però hanno ogni volta bisogno di denaro fresco per rilanciare il ciclo e ricorrono perciò al credito.

Ogni anello della spirale ascensionale della modernità gioca dunque su due inseparabili poli: l’estensione tecnica della scienza e l’investimento finanziario, insomma la coppia tecnica-capitale. Il mondo moderno è essenzialmente il mondo del capitale, non importa se in mani private o pubbliche.

Tecnica e capitale sono stretti nel dinamismo di un circolo, in cui ognuno dei due fattori impone incessantemente all’altro di crescere. Intanto, senza più vincoli interiori di alcun genere, aumenta smisuratamente quell’ “amor proprio”, quella frenesia competitiva che, nel bel mezzo del secolo XVIII, J.J. Rousseau denunciava come il male devastante della vita sociale.

Ora, se ogni individuo o ogni gruppo vede nell’altro un avversario da battere e magari perfino un nemico da sopprimere, a cosa può tra l’altro spingere il dinamismo del circolo tecnica-capitale, se non alla produzione di armi, sempre più sofisticate e potenti, per primeggiare a tutti i costi nella guerra continua, guerreggiata e non, che accompagna inesorabilmente la modernità?

Così la tecnica nella inarrestabilità del suo sviluppo chiede al capitale sempre maggiori investimenti, e il capitale nel suo insopprimibile impulso alla crescita pretende dalla tecnica sempre nuovi strumenti di produzione e di offesa. Il mondo moderno così è sempre più stretto in una inesorabile tenaglia. Mentre nell’antico un re non sempre era costretto dalle circostanze a prendere certe decisioni, nella modernità invece non v’è alcuna scelta politica che non sia condizionata direttamente o indirettamente dall’insieme delle forze coinvolte nella dinamica complessiva del mondo, cioè del duopolio tecnica-capitale.

Se il capitalismo apprezza la tecnica solo come potenziamento della produzione e del profitto, inevitabilmente tutti i soggetti, individui e gruppi, che ne condividono il modo, ognuno inteso perciò al potenziamento della sua produzione e all’incremento del suo profitto, sono ciecamente competitivi, fino alla guerra.

Chi scatena la guerra non si cura affatto dei suoi “effetti collaterali”, cioè delle distruzioni delle città e soprattutto degl’innumerevoli innocenti coinvolti. Che importa, se le migrazioni forzate delle popolazioni colpite minacciano di stravolgere la vita d’interi continenti?

Nessun sentimento può fermare la strutturale violenza, che governa oggi il mondo, la diabolica combinazione di sviluppo tecnico e di cupidigia economica e che inesorabilmente la porta verso una finale catastrofe. Certamente non possono fermarla né le condanne morali né l’appello alla comune salvezza.

Negli ultimi tempi però proprio la scienza e le sue tecniche sembrano offrire un’impensata occasione di salvezza. Un drammatico allarme echeggia in ogni angolo. Gli scienziati avvertono che, se l’aumento della temperatura media globale continua con l’attuale ritmo, si scateneranno processi naturali irreversibili, come già mostra lo scioglimento dei ghiacciai. A quel punto nessun intervento umano sarà più possibile. È dunque necessario agire subito. Le emissioni di C02 entro il 2030 vanno dimezzate e nel 2050 dovranno essere azzerate. Gli enormi interessi consolidati tendono a ignorare o svalutare le notizie ostili, tutto dunque finirebbe con qualche comunicato scientifico che nessuno legge. Ma qui entrano in campo i giovanissimi, coloro che più, anzi quasi tutto, hanno da perdere dal disastro climatico globale.

A Napoli come in altre città italiane ci sono già stati cortei e manifestazioni. La reazione dei ragazzi non è puerilmente emotiva, semplice paura, ma razionale, meditata decisione di lotta. Se essi vincono, il mondo si salva ma non sarà più lo stesso. Innanzitutto sarà spezzato il vecchio legame di capitale e tecnica. Saremo usciti dalla modernità. Allora forse i diritti dell’uomo saranno rispettati.


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