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For shame!!! W o ITALY !!!

BASE DI VICENZA: CHE FARE !? USA e ITALIA o "FORZA USA" e "FORZA Italia"?! IL GOVERNO PRODI NELLO STALLO E NELLA SOTTOMISSIONE. DECISIONE "FINALE"!!! LASCIA, E RADDOPPIA!!! E DELL’ITALIA SI AB.USA!!!

domenica 21 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[..] "Il governo ha preso una posizione finale sull’ampliamento della base americana a Vicenza e su questo non c’è nessuna osservazione da fare". Questa la replica di Romano Prodi dopo una giornata di polemiche e attacchi tutti interni alla maggioranza.
Il governo, se agisce così - aggiunge il premier - lo deve anche all’esecutivo Berlusconi colpevole di un’eccessiva segretezza sulla materia: "Sì - risponde Prodi a chi gli chiede se non ritenesse poco pubblicizzata la scelta - perchè noi (...)

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> BASE DI VICENZA: CHE FARE !? USA e ITALIA o "FORZA USA" e "FORZA Italia"?!

domenica 21 gennaio 2007

Amiamo l’America (ma non vogliamo servirla)

di Piero Sansonetti *

In Italia è molto diffuso l’antiamericanismo, come scrivono quasi tutti i giornali? Credo che sia un sentimento, un atteggiamento culturale, largamente presente in settori larghi dell’opinione pubblica di destra, in alcune parti del mondo cattolico, in fasce consistenti della borghesia moderata. L’America - in quegli ambienti un po’ chiusi, un po’ bigotti - è vista come la quintessenza di una modernità e di una trasgressione che rovescia le sicurezze della tradizione, delle gerarchie consolidate, della conservazione. Perciò è temuta, disprezzata, odiata. L’antiamericanismo è molto più raro a sinistra. Specie negli ambienti dell’intellettualità di sinistra, anche della sinistra radicale (e anche tra i cosiddetti no-global), il rapporto con la cultura degli Stati Uniti è molto forte, c’è un legame di pensiero, e persino emotivo, con la letteratura americana, con la musica, con tutte le varie forme artistiche, con la filosofia, con la politologia e anche con la politica, soprattutto con le forme più radicali della politica che coinvolgono le minoranze liberal, i movimenti dei neri, i cosiddetti radical. (Vedete, persino nel linguaggio della sinistra ci sono degli americanismi: il termine, recente, di “sinistra radicale” per definire una sinistra vicina al pensiero comunista, è un termine importato dagli Stati Uniti).

Capisco che queste cose che scrivo possano sembrare paradossali, ma sono la semplice verità. L’antiamericanismo della sinistra è una pura invenzione. Scriveva ieri sul "Corriere della Sera“ Pierluigi Battista (riassumo): le basi americane sono americane e basta, non sono del governo di Bush; e quindi non ha senso dire: non le concedo perché sono contro la politica di Bush. Se dico che non vanno concesse all’America, è perché sono contro il popolo americano. Punto. E poi Battista aggiungeva (riassumo ancora): non esiste nessun altro caso (a parte Israele) nel quale l’ostilità di una certa parte politica (per esempio la sinistra) verso un determinato governo nazionale, diventi ostilità verso tutta la nazione. Per questo l’acredine della sinistra verso il governo Bush non è distinguibile dall’acredine verso tutta la nazione, verso l’America, e per questo si può parlare di antiamericanismo, e per questo l’antiamericanismo è un tarlo velenoso. Mi scuso per la sintesi, ma credo di avere interpretato bene Battista.

Però penso che le cose non stiano così come dice lui. Certamente i gruppi pacifisti, e la sinistra, che non vogliono regalare un pezzo della città di Vicenza all’esercito americano perché lo trasformi in un arsenale, non ce l’hanno solo con Bush. Criticano e si oppongono alla politica estera e militare americana. Perché si oppongono? Perché è una politica estera basata sulla guerra, sulla schiacciante superiorità militare degli Stati Uniti nei confronti del resto del mondo, e sull’idea che il dominio politico, economico e militare sia un diritto degli Stati Uniti e vada esercitato con ogni mezzo e al di fuori da ogni regola, di ogni subordinazione al diritto internazionale e alle idee del multilateralismo.

Questa pretesa, che è l’ossatura della reale politica estera degli Stati Uniti - in forma molto aggressiva e spesso sanguinosa sotto il governo di Bush, in forma più moderata quando l’amministrazione è democratica - condiziona l’assetto del mondo, i rapporti tra i popoli, la distribuzione ingiusta delle ricchezze, le politiche estere di tutti gli altri paesi. Opporsi a questa idea imperiale del ruolo dell’America nel mondo è una delle due scelte possibili. L’altra scelta è quella di accettare la propria subalternità e la signorìa degli Stati Uniti e rassegnartsi a un ruolo servile nei loro confronti.

Cosa giustifica la seconda scelta? Il calcolo che un ruolo subalterno agli Stati Uniti garantisca comunque una posizione privilegiata nei confronti del resto del mondo, e una partecipazione soddisfacente alla spartizione di una porzione rilevante delle ricchezze. Io non dico che questa scelta - che la sinistra non condivide, e contro la quale si batte - sia una scelta infame. Penso che sia una scelta prudente e tuttavia sbagliata e che produrrà dei danni.

Escludo però che la scelta di opporsi alla supremazia e al “totalitarismo internazionale” sia viziata da pregiudizio antiamericano. Io, per esempio, amo l’America: ma non voglio servirla.

19 gennaio 2007

* www.liberazione.it


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