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"CERVELLI" ITALIANI ALL’ESTERO: A LONDRA, GENIO SI DICE IN ITALIANO. Reportage di Marcello Sorgi - a c. di Federico La Sala

sabato 20 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
Genio a Londra si dice in italiano
Riuniti a Westminster i "cervelli" che hanno lasciato il nostro Paese
di MARCELLO SORGI *
LONDRA. L’appuntamento è per lunedì mattina, nella sala della vecchia chiesa metodista di Westminster. Ed è sicuro, già adesso, che i posti saranno esauriti. Uno dice: cervelli italiani all’estero, ma quanti potranno essere: dieci, venti, cinquanta? Invece si scopre che nel solo Regno Unito, e in gran parte a Londra e dintorni, ci sono settecento italiani, (...)

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> "CERVELLI" ITALIANI ALL’ESTERO: A LONDRA, GENIO SI DICE IN ITALIANO. -- La nostra lingua è un successo all’estero, certifica la Crusca

mercoledì 19 ottobre 2016

Il riscatto dell’italiano dai fornelli agli atenei

La nostra lingua è un successo all’estero, certifica la Crusca

È la preferita dalla pubblicità e aumentano quelli che la studiano

di Valeria Strambi (la Repubblica, 19.10.2016)

      • NEL MONDO nel 2014- 2015 2.233.000 persone hanno studiato italiano
        -  Nel 2013- 2014 gli studenti erano 1.7 milioni. L’anno prima 1.5 milioni
        -  “È in gioco la credibilità. Chi si occupa di storia dell’arte o di lirica non può farne a meno”
        -  337mila gli studenti nella sola Germania, il Paese più interessato all’italiano
        -  212 mila negli Stati Uniti, 41 mila in Tunisia e 7 mila in Cina
        -  A Pyongyang gli studenti erano solo tredici, appena 15 in Sri Lanka, Qatar e Bahrein

FIRENZE Una Napoli gustata da “Papa John’s Pizza”, nel Kentucky, promette un sapore più autentico rispetto a quella comprata in un qualsiasi altro fast food americano. Così come l’ultimo film di Steven Spielberg può diventare più avvincente se visto al cinema Caruso, in Thailandia. Oppure i pantaloni acquistati da “Villa Moda”, in Medio Oriente, hanno quel non so che di elegante che manca allo stesso capo presente nel negozio a fianco. A fare sempre più la differenza, nell’immaginario degli stranieri, è il dettaglio italiano. Vero o inventato che sia, un richiamo al Belpaese è garanzia di qualità e basta a far vendere di più. Parola di linguisti, pubblicitari, manager d’azienda ed esponenti del mondo della politica e della cultura che si sono ritrovati per due giorni agli Stati Generali della lingua italiana nel mondo, conclusi ieri a Firenze.

«Vestirsi d’italianità serve a essere più credibili», conferma Paolo D’Achille, professore di Linguistica italiana all’Università di Roma Tre e accademico della Crusca, «abbiamo analizzato le insegne commerciali di 21 paesi del mondo: 339 sono ispirate alla tradizione enogastronomica italiana e altre 214 alla moda. Anche se non sempre le citazioni sono corrette. Non penso solo agli errori di ortografia, ma anche alla scelta delle corrispondenze. Esistono negozi di abbigliamento chiamati “Dolce Vita”, ma il riferimento non è al maglione a collo alto, quanto al film di Fellini che porta con sé tutta la magia di un’epoca e di uno stile di vivere».

Ma l’immagine del nostro paese si ferma a qualche insegna in italiano maccheronico? «Può capitare che da parte di chef o gestori di negozi di moda scatti la curiosità di imparare davvero la lingua», prosegue D’Achille, che insieme a Giuseppe Patota ha curato per l’occasione l’e-book L’italiano e la creatività. Marchi e costumi, moda e design scaricabile gratuitamente fino al 23 ottobre - il fenomeno è ancora piccolo, ma è un canale da non sottovalutare».

Ma accanto a un italiano pop, visto e consumato negli spazi di uno slogan, c’è ancora chi si avvicina alla lingua per ragioni culturali: «Chi studia la Storia dell’Arte o la lirica», spiega D’Achille, «non può farlo a prescindere dall’italiano. Mi è capitato di vedere un documentario in inglese in cui una storica dell’arte commentava un manoscritto in italiano: per farlo non basta un’infarinatura. Mai rinunciare all’approfondimento».

E anche il governo sembra credere nella promozione della cultura italiana al di fuori dei confini. All’apertura degli Stati Generali lo stesso premier Matteo Renzi ha annunciato che 50 milioni previsti nella Legge di Stabilità sono destinati proprio a rafforzare le scuole d’italiano all’estero. A ribadire il concetto ha pensato ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Proporre la qualità Italia è la sfida di fronte a noi: proporre cioè l’umanesimo che deriva dalla nostra cultura, dal modo di vivere, di lavorare. L’italianità parla di umanesimo».

Veri cultori della lingua o semplici ammiratori, sono sempre di più gli stranieri che scelgono di studiare l’italiano. Se nel 2012-2013 erano un milione e 522 mila, nel 2014-20105 sono aumentati di più di 700 mila unità raggiungendo quota due milioni e 233 mila. La Germania resta in testa, con 337.553 studenti, seguita da Australia (326.291), Francia (274.582), Stati Uniti ( 212.528) ed Egitto (124.925). In Australia, nel 2016, sono stati inseriti corsi d’italiano nei sistemi scolastici locali e il governo ha riconosciuto la nostra lingua come parte del patrimonio ereditato dall’immigrazione del passato. Agli ultimi posti della lista Ban-gladesh, Bahrein e Repubblica Popolare Democratica di Corea, con rispettivamente 10, 15 e 13 studenti.

Per chi vive dall’altra parte del mondo, però, non sempre è semplice studiare l’italiano e il rischio di perdersi nei meandri della burocrazia è alto. Dove seguire i corsi? Come procurarsi un visto? Le risposte si trovano sul “Portale della lingua italiana nel mondo” (www.linguaitaliana.esteri.it), un database appena attivato che per la prima volta raccoglie le 1.300 cattedre di italiano che esistono al mondo con relativi indirizzi, oltre al corso di italiano a distanza gratuito del Wellesley College.

Tra le sezioni del sito, c’è anche quella dedicata alla “Formazione artistica e per la creatività”, una lista degli istituti italiani che offrono corsi riconosciuti nei settori della moda, design, musica, cucina. «Gli studenti stranieri che studiano negli istituti italiani sono solo il 4 per cento», commenta il viceministro degli Esteri, Mauro Giro, «entro il 2018 vorremmo raggiungere l’8». E la chiave per attrarre talenti potrebbe essere proprio quella di insegnare loro un mestiere. Chi accede al Portale non deve far altro che inserire la regione e il settore che gli interessa per avere davanti un mondo: dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, all’Accademia italiana d’Arte di Roma o il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.


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