LA CHIESA, IL CELIBATO DEI PRETI (UN "CHARISMA", NON UNA LEGGE!!!), E LA PEDOFILIA.
di Umberto Galimberti (la Repubblica, 23 marzo 2010)
Tagliandosi i genitali, Origene ha indubbiamente trovato il modo più semplice per dominare le passioni e raggiungere quell’ideale ascetico di cui parla il Vangelo di Matteo (19,12) a proposito di «coloro che si sono fatti eunuchi in vista del Regno dei cieli». Forse non è necessario arrivare a questi estremi. I Padri della Chiesa avvertono che «la castrazione non basta a garantire all’uomo il regno della purezza. Solo la mutilazione spirituale predicata da Gesù Cristo ci riesce».
Ma è poi vero? O sempre di mutilazione si tratta. A sentire Freud, che naturalmente non è né il Vangelo né la Bibbia, la nostra vita è contesa tra la pulsione di vita e la pulsione di morte. E l’Eros, contrapposto a Thanatos (o pulsione di morte), fa parte delle pulsioni di vita, per cui la sessualità repressa può essere alla base di numerose patologie. Lo spazio inibito al principio di piacere, che tanto ruolo svolge nella costruzione di sé, viene occupato non dal principio di realtà (che consiste nel raggiungere la soddisfazione non immediatamente, ma attraverso un «lavoro»), ma, come dice Freud, da una sorta di «anestesia psichica» caratterizzata da indifferenza, da distacco, quando non da sentimenti di odio, di disprezzo, di cattiveria, di aggressività, e nei casi più gravi da somatizzazioni.
Queste cose Freud non le dice solo a proposito della religione in quel suo saggio che porta il titolo Avvenire di un’illusione (1927), ma le aveva già anticipate in un suo scritto del 1908: La morale sessuale civile e il nervosismo moderno, dove, precorrendo i nostri tempi, riteneva che la ricaduta della morale cristiana sull’organizzazione della nostra società provocasse un’eccessiva repressione delle pulsioni, per ottenere una maggior efficienza nell’ambito lavorativo, con incremento dei fattori d’ansia e di nervosismo che oggi plachiamo con un ricorso sempre più massiccio agli psicofarmaci.
Le analisi di Freud non hanno trovato finora disconferme. Ma a queste sue considerazioni possiamo aggiungerne altre meno fisiche, meno corporee, meno pulsionali, meno erotiche, meno inconsce, in qualche modo più in linea con la cultura «spirituale» del cristianesimo da cui tutti siamo stati formati, e quindi più persuasive. Lo scenario è dischiuso da parole come empatia, confidenza, reciprocità, apertura, comprensione dell’alterità, dove l’altro, il radicalmente altro, per l’uomo è la donna e per la donna è l’uomo.
Ciascuno di noi, infatti, ha dentro di sé una controparte sessuale che per l’uomo è la sua femminilità e per la donna la sua maschilità. L’uomo è «rotondo», come dice Platone nel Simposio, quando integra nella sua vita l’altra parte di sé. E questo non lo può fare se non attraverso la mediazione di una donna in carne e ossa o di un uomo in carne e ossa. E questo a prescindere da qualsiasi relazione sessuale. Ora mi domando i celibi come possono diventare «rotondi» cioè completi e ben integrati nella loro composizione psichica senza relazione con l’altra parte di sé?
A differenza della cultura greca che conosceva solo l’anima e il corpo, il cristianesimo introduce una terza dimensione che chiama «spirito (pneuma)». San Paolo dice che risorgeremo non con l’anima, come comunemente si crede, ma con un «corpo spirituale (soma pneumatikos)». Ma come si perviene allo spirito se l’anima, la psiche, è deficitaria, carente, non costruita, per mancata integrazione della propria controparte sessuale, e quindi «nevrotica».
La nevrosi è un conflitto tra pulsioni sessuali e aggressive da un lato e regole di contenimento dall’altro. Ma, se invece del contenimento, subentra la soppressione del mondo pulsionale, allora abbiamo una mutilazione della personalità, dovuta prima che alla negazione delle esigenze del corpo, che pure ha il suo effetto, alla negazione delle espressioni dell’anima per carenze affettive ed emotive, che le neuroscienze oggi ci dicono incidere anche sui processi razionali e sulle capacità critiche e di giudizio che concorrono al controllo delle pulsioni, al punto che, in assenza di dette capacità, le pulsioni diventano impulsi incontrollati e perversi.
Lo «spirito» non si costruisce sulla mutilazione dell’«anima». E l’anima non trova la sua completezza senza l’interazione col mondo femminile per i maschi e col mondo maschile per le donne. Perché così vuole la natura e forse anche il comandamento di Dio, là dove nel Genesi (2,18) si legge: «Non è bene che l’uomo sia solo».
La solitudine dei sacerdoti e delle monache non può essere compensata dalla comunità a cui sacerdoti e monache si dedicano o in cui vivono, perché l’anima si forma e si costruisce nel «rapporto duale», in cui l’ascolto e la parola dell’altro sono fattori essenziali per la formazione di quelle figure psichiche che si chiamano: confidenza, empatia, reciprocità, flessibilità del giudizio, comprensione.
Se riconosciamo che queste componenti d’anima sono assolutamente necessarie a chi, in nome di Dio, dedica la sua vita alla cura del prossimo, dobbiamo anche sapere che a suggerire le parole, che non siano solamente recitate, ma che per davvero incidono nei percorsi di vita, è solo un amore che si è per esperienza conosciuto, perché, come scrive il teologo ortodosso Christos Yannaras: «Se esci dal tuo io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro a Lui». E tutto questo prima e a prescindere dallo scatenamento delle pulsioni, che non educate e condivise, non hanno modo di esprimersi se non in modo perverso.