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EMMAUS HA PERSO IL SUO FONDATORE. HENRI GROUES, L’ ABBE’ PIERRE E’ MORTO. Jaques Chirac: "Tutta la Francia è profondamente commossa. Abbiamo perso un’immensa figura, una coscienza, un uomo che impersonificava la bontà".

Segnalazione del prof. Federico La Sala
martedì 23 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] La vocazione alla povertà più assoluta si coniuga infatti con l’impegno sociale, che in quegli anni significa impegno per la giustizia, per la libertà in una Francia assogettata e umiliata dal nazismo. Nel 1942 comincia così un’intensa azione di salvataggio delle vittime della tirannia nazista. E’ proprio in quegli anni che l’Abbé Groués diventa l’Abbé Pierre. Salva diverse persone (ebrei, polacchi) ricercate dalla Gestapo. Falsifica passaporti, diventa guida alpina e trasporta (...)

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> EMMAUS HA PERSO IL SUO FONDATORE. --- Il dio Pan è morto: la civiltà è finita (di Pietro Boitani)

lunedì 14 gennaio 2013

Il dio Pan è morto: la civiltà è finita

di Pietro Boitani (Il Sole 24 Ore, 13 gennaio 2013)

Che strano gennaio è questo dell’anno 1066 dalla fondazione della Città! Senatore di Roma, io me ne sto nella mia villa in Sabina circondato dai libri, mentre si vocifera di un imminente incontro a Milano tra i due Augusti Licinio e Costantino. Diocleziano lanciò l’ultima persecuzione contro i Cristiani dieci anni fa, e già si dice che i due si accorderanno per emanare un solenne Editto che permetta tutte le religioni.

Io preferisco la lettura. Ho appena aperto un saggio di Plutarco che non conoscevo, «Il tramonto degli oracoli», e m’imbatto subito in una storia che m’intriga: Tamo, il pilota egizio di una nave in viaggio dalla Grecia all’Italia, sente all’improvviso, una sera, una voce che gli annuncia la morte del dio Pan e la fine di tutti gli oracoli.

Sono turbato: vorrebbe dire il tramonto della nostra civiltà. Ho sentito, infatti, che alcuni Cristiani mettono in relazione la morte degli oracoli pagani con la nascita del loro redentore.

Insopportabili Cristiani! Abbiamo tentato di accoglierli o eliminarli, ma questa funesta superstizione, come la chiamava Tacito, cresce sul sangue dei suoi martiri. Il guaio è che sono intolleranti. Adriano scrive nelle sue Memorie: i Giudei non capiscono che il loro unico vero Dio equivale in sostanza a Giove. Ho dato uno sguardo al loro Libro sacro, in greco da quasi sei secoli. Stile umile, le storie un miscuglio di enigmi, lotte familiari, vendette di Dio sul popolo eletto. Sì, ci sono parti dove emerge una qualche grandezza. Personaggi quali Abramo e Giobbe hanno statura fuori del comune, e certa lirica, nei Salmi, nell’Ecclesiaste, nell’erotico Cantico, sorprende.

Del resto nel secolo scorso Longino, in quel suo librettosul Sublime, ha collocato Mosè sullo stesso piano di Omero, lodando il resoconto della creazione della luce.

Chissà come avrebbe trattato il cosiddetto Nuovo Testamento. L’ho qui in biblioteca e ci ho passato sopra due stagioni. È una raccolta strana, dominata da quattro versioni della vita, i miracoli e i discorsi di Gesù di Nazareth, un Giudeo condannato alla crocefissione dal nostro Ponzio Pilato: era il figlio di Dio, dicono loro, e sarebbe risorto dai morti. Anche qui, ci sono momenti impressionanti, fra tutti la Passione.

Quando Gesù dice di essere venuto al mondo per dare testimonianza della verità, la scena è pari a quella delle ultime ore di Socrate. Il nostro Ponzio, peraltro, vi fa una magnifica figura. Da vero erede della nostra gloriosa tradizione risponde con una semplice domanda: «Che cos’è la verità?». Naturalmente, alcuni Cristiani rivoltano la frittata e sostengono che Pilato non ha capito nulla, visto che ha la Verità lì davanti a lui, in carne e ossa. In quel Vangelo infatti Gesù dice: «Io sono la via, la verità e la vita».

Eppure, Porfirio aveva ragione nel suo libro contro i Cristiani. I loro Vangeli sono contraddittori, e Gesù spira dicendo tre cose diverse. Il loro messaggio, poi, è sovversivo. Se si esaltano i poveri di spirito, gli umili, i pacifici, si minacciano le fondamenta stesse della nostra civiltà, la sua ricchezza spirituale, la combattività.

Capisco che la Buona Novella possa affascinare contadini e schiavi. Ma se diventasse una teologia della liberazione, sarebbe incitamento alla sedizione. E poi, un secolo fa Caracalla estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’impero. Che altro si vorrebbe? Senza schiavitù la nostra economia non sopravvivrebbe.

No, mi sento a mio agio solo con i nostri libri greci e latini. Mille anni di epica, tragedia, commedia, lirica, storiografia, di letteratura mistica ed ermetica. La nostra sapienza ci dice che "gli uomini devono sopportare la loro uscita dal mondo come la loro venuta". Se poi cercassimo la felicità sulla terra, basterebbe la contemplazione della contemplazione di Aristotele.

Io amo la distaccata profondità di Plutarco, le chiacchiere brillanti di Aulo Gellio e Ateneo. Giudei e Cristiani odiano la poesia erotica, la commedia, il romanzo. Sono puritani, e se non vengono frenati diverranno presto talebani. Si porteranno via dal nostro Senato la grande porta bronzea per installarla in una delle chiese che Costantino certamente costruirà per loro, distruggeranno le immagini degli dèi.

Tutta la nostra arte finirà così nella spazzatura e gli oracoli saranno davvero tramontati. A meno che non si diano a interpretare i nostri miti allegoricamente. Hanno già cominciato: Ulisse legato all’albero davanti alle Sirene diventa una prefigurazione di Cristo inchiodato alla croce. Sarebbe facile continuare il gioco con le Metamorfosi di Ovidio.

Poi, qualcuno comporrà magari una Commedia raccontando di un viaggio all’altro mondo sul modello di Enea. Già me lo vedo, uno così: un Etrusco di sicuro, ché quelli hanno sempre avuto gran presunzione e l’ossessione della morte.

A me basta questo mondo. È grande a sufficienza, e Roma l’ha trasformato in città, ha fatto Urbe di ciò che prima era Orbe. Ci sono posti che pochi hanno visto, ma dove è stato Alessandro: l’India, dalla quale i nostri mercanti riferiscono di una letteratura antica e imponente: ne sanno qualcosa Luciano e Plotino. Dione sostiene che vi hanno tradotto Omero! Nerone mandò una spedizione a cercare le sorgenti del Nilo, laggiù nel cuore di tenebra. Le Colonne d’Ercole sono da tempo favola vile ai naviganti industri. Platone parla di un’Atlantide in mezzo all’Oceano, e se in quelle terre verranno mai fondati altri imperi, li vedo già costruire dappertutto nuovi Campidogli.

Le nostre mappe mostrano anche il paese di Sinae. Un impero vasto quanto il nostro. Ne importiamo troppa seta, scrive Plinio il Vecchio. Ma una qualche comunicazione tra i due regni c’è stata. Uno degli Antonini inviò ambasciatori all’imperatore Han: tornarono entusiasti di qualcosa che chiamavano carta, sulla quale i Cinesi dipingono bellissimi paesaggi e liriche raffinatissime. E portarono notizia dei grandi saggi d’Oriente, Zoroastro, Buddha, Confucio, Lao Tze: persino di Mani.

Non potremmo passare i prossimi secoli a esplorare queste cose, a leggere i loro libri? Le nostre biblioteche si riempirebbero di testi meravigliosi. Abbiamo tradotto la Bibbia, potremo ben tradurre il Ramayana. E persino trascrivere i carmi dei Germani.

Invece, siamo costretti a combatterli, i Barbari. Le loro invasioni saran pure grandi migrazioni, ma francamente non me ne importa un fico. Devono essere assorbiti e trasformati in Romani decenti, o respinti una volta per tutte. Se si permette loro di scorazzare per le nostre terre, sarà la rovina. Finiremo per imbastardirci e parlare lingue barbariche come il tedesco, l’inglese, il russo!

Forse l’altra idea di Costantino è un colpo di genio da vero Romano. Si dice abbia in mente di rifondare Bisanzio e darle il proprio nome. Una nuova Roma tra Europa e Asia: per reggere l’impero a oriente e controllare i confini. Se gli riesce, terremo a bada Goti, Slavi e Arabi per altri mille anni.

Roma ha sempre agito così e ha già passato un millennio di vita. Dopo il Ratto delle donne di qui, le Sabine, i padri e i mariti vennero accolti in città mentre il loro capo regnò insieme a Romolo.

Abbiamo assorbito e digerito di tutto, nel nostro melting pot. Lo capì Polibio, notando come Roma avesse conquistato il mondo in meno di cinquantatré anni. Attribuiva lo straordinario successo alla nostra Costituzione, e aveva ragione. Ma essa è animata dal principio che l’ombra di Anchise proclama a Enea nell’aldilà: i Romani devono dominare le genti, stabilire leggi e pace, risparmiare i sottomessi e debellare i superbi.

Mi sono domandato spesso cosa possano pensare di questo i superbi: che so, i seimila schiavi che dopo aver seguito Spartaco nella rivolta furono crocefissi sulla Via Appia. Per costoro, debellare i superbi deve aver significato Soluzione Finale. E poi, lo sappiamo cosa agita chi non si sottomette.

Quando Tacito compose la biografia del suocero Agricola, governatore della Britannia, narrò un episodio che dà i brividi. Prima della battaglia finale tra Romani e Britanni, il loro capo Calgaco si rivolge ai suoi esortandoli a combattere per la libertà: contro i Romani, «la cui prepotenza invano si potrebbe pensare di sfuggire con l’obbedienza e la sottomissione». Un bel colpo all’ideale di Virgilio. Ma Calgaco va oltre, definisce i suoi nemici: noi, ì Romani: «ladroni del mondo», «il rubare, trucidare, rapinare, passano sotto il falso nome di impero: e quando hanno fatto il deserto, lo chiamano pace». Tacito era un buon Romano, un imperialista. Ma un Romano sa pure dar voce all’antimperialismo.

A pensarci bene, anche la prima trovata di Costantino, quella di dare spazio al Cristianesimo, non è così folle. Lo favorirà in ogni modo, pur controllandolo. E se alla fine i Cristiani si trasformassero, qui in Occidente, in baluardi della civiltà? Costruiranno un impero, vescovi al posto dei nostri governatori, cardinali vestiti di porpora come noi Senatori, e un Pontefice Massimo in guisa di Imperatore: a Roma. Faranno proprio il motto sull’urbe e l’orbe, trasformandolo in benedizione. Edificheranno chiese in forma di basiliche. E verrà il tempo in cui riscopriranno le nostre statue e cercheranno di imitarle. Sì, li vedo, eccitati, leggere Platone, Omero, Lucrezio, costruire cupole, rialzare colonne e obelischi, dipingere donne nude. Oh, avranno decine di Rinascimenti nei prossimi millecinquecento anni! E gli oracoli forse non tramonteranno.


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