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Ripartire dalla Costituzione, e dalla "prima parola": ITALIA!!!

RAPPORTO EURISPES 2007: L’ITALIA VERSO LA CATASTROFE !!! SOLO UNA RIVOLUZIONE CULTURALE PUO’ SALVARCI DAL DECLINO. LUNGA VITA ALL’ITALIA !!! "Restituitemi il mio urlo" (Huang Jianxiang)!!! - a cura del prof. Federico La Sala.

martedì 6 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] l’Istituto suggerisce un efficace riordino del sistema pensionistico, un nuovo patto tra famiglie e imprese che passi anche attraverso una netta divisione tra flessibilità (vera) e precarizzazione, e una valorizzazione del capitale professionale e umano. E ancora, una maggiore efficienza della Pubblica Amministrazione e della giustizia, e una efficace politica dell’immigrazione. "Una rivoluzione culturale e politica nello stesso tempo di cui l’Italia ha un enorme bisogno", conclude (...)

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> RAPPORTO EURISPES 2007: L’ITALIA VERSO LA CATASTROFE !!! SOLO UNA RIVOLUZIONE CULTURALE PUO’ SALVARCI DAL DECLINO. LUNGA VITA ALL’ITALIA !!! "Restituitemi il mio urlo" (Huang Jianxiang)!!! - a cura del prof. Federico la Sala.

venerdì 26 gennaio 2007

Eurispes, «Italia feudale». Ma cresce la fiducia *

Un paese feudale che resiste al cambiamento. Così il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara descrive l’Italia presentando il Rapporto 2007 dell’istituto statistico. Se 12 mesi fa lo stesso Favara aveva parlato di un Paese «già declinato» dominato da «potenzialità inespresse, ricchezza accumulata che non si trasforma in progresso e talenti poco valorizzati», quest’anno il Belpaese appare «impaziente di lasciarsi alle spalle quella atmosfera di declino che ne ha accompagnato i passi negli ultimi anni, ma deve fare i conti con la sua malattia, con i suoi ritardi, con le fragilità strutturali, ma soprattutto con una classe dirigente inadeguata».

Secondo Fara, infatti, proprio nel sistema politico istituzionale e nel corpo sociale sono presenti in maniera trasversale le due anime della conservazione e dell’innovazione: ciascuno difende il proprio spazio e cerca di tutelare gli interessi che ne derivano. E Fara non usa mezzi termini per dirlo. «Il nostro somiglia sempre più ad un paese feudale un coacervo di istituzioni, usanze, consuetudini di prassi» dice il presidente dell’Eurispes che punta il dito anche contro « la pubblica amministrazione che versa in condizioni feudali»: «I cittadini e le imprese, per svolgere la propria attività o per ottenere il riconoscimento di diritti e facoltà previsti dalla legge - dice Fara - pagano quotidianamente opprimenti diritti di servaggio e di corvees ad elite burocratiche autoreferenziali».

Insomma, l’Italia è delusa per la mancata realizzazione delle attese di cambiamento, una situazione che genera insofferenza, ma che non toglie il «desiderio di guarigione» che i «ritardi e le inefficenze del Governo» hanno anzi reso «ancora più necessario ed urgente».

Un po’ più di fiducia nel Governo

Ma ecco i dati che sostanziano il discorso del presidente dell’Eurispes. Partiamo proprio dal rapporto con le istituzioni. Secondo l’istituto statistico solo il 30,7% degli italiani nutre fiducia nei confronti del governo. Percentuale comunque in miglioramento rispetto allo scorso anno, quando si fidava del governo Berlusconi solo il 26,5% degli italiani. Così come cala la percentuale degli sfiduciati cronici: dal 33,6% degli italiani che dichiaravano di non avere alcuna fiducia nell’esecutivo si è passati al 28,6%.

Scelte laiche?

Così come lo scorso anno una cosa rimane certa: gli italiani, anche se credenti, approvano scelte di vita contro cui la chiesa continua a inveire: vedi il caso unioni di fatto e coppie gay. Ebbene, ben il 34,2% dei cittadini della penisola, cioè più di uno su tre, ritiene che una coppia di persone omosessuali abbia diritto a sposarsi se lo desidera. Certo rimangono più numerosi i contrari al matrimonio gay (58,1%), e la percentuale sale di molto se si passa a considerare i contrari all’adozione da parte delle coppie omo: il 78%, contro il 13,2% di favorevoli. In entrambi i casi si dicono più favorevoli le donne degli uomini e gli elettori di sinistra rispetto a quelli di centro o di destra.

Per quanto riguarda le unioni di fatto, dall’indagine emerge che il 65,7% è favorevole all’estensione, alle coppie non sposate eterosessuali, di strumenti di sostegno come gli assegni familiari, i contributi per l’acquisto della casa e il sostegno alla natalità. Il 67%, poi, si dice d’accordo con l’introduzione in Italia del Pacs, percentuale che sale fin quasi all’80% se gli intervistati sono giovani e scende al 50,6% tra gli ultrasessantacinquenni.

Gli italiani popolo di laici, insomma? No proprio. Per l’Eurispes «non è comunque un’Italia laicista quella del 2007, ma piuttosto un Paese conscio della necessità di separare la sfera pubblica da quella confessionale, anche perché il cattolicesimo, in epoca di crisi delle ideologie, di contrapposizioni di civiltà e religioni, di globalizzazione spinta, continua a rappresentare uno dei pochi collettori identitari possibili».

Chi si sposa e chi no

Un fenomeno in forte evoluzione, soprattutto nel Nord del Paese, è quello dei cosiddetti “matrimoni misti” con una propensione maggiore degli uomini rispetto alle donne a scegliere un partner non italiano. Al Nord, un matrimonio ogni dieci è misto. Insomma, il detto, “moglie e buoi dei paesi tuoi” non va più gran che di moda. E infatti se all’inizio degli anni ’90 la quota dei matrimoni misti era del 3,2% sul totale delle unioni celebrate in Italia, nel 2005 la percentuale è salita al 14,3%. In valori assoluti, si è passati dai 9.974 matrimoni misti del 1993 ai 35.889 del 2005: sono quindi più che triplicati in 12 anni.

Un fenomeno in decisa controtendenza rispetto al totale delle unioni tra italiani, che ha segnato invece negli ultimi anni una costante diminuzione. Anche se è legittimo il sospetto che una parte di queste unioni sia motivata dalla possibilità di acquisire la cittadinanza italiana: risultano, infatti, nettamente più numerose le cittadinanze acquisite per matrimonio di quelle ordinarie, 7.919 contro 1.941 nel 2004.

Infine un dato geografico non casuale. Sono le città di confine quelle dove si registra una percentuale più alta di matrimoni con almeno uno dei coniugi straniero: Imperia, Trieste e Bolzano sono in cima alla graduatoria, che vede invece Bologna unica grande città tra le prime dieci. A livello regionale, il fenomeno è più diffuso in Toscana e in Trentino, mentre agli ultimi posti sono le regioni del Sud, e in particolare Sicilia e Puglia.

Dipendenze

Per quanto riguarda vizi e dipendenze, crescono secondo l’Eurispes gli italiani che fanno usa di cocaina. Sono oltre 2.130.000 gli individui che hanno «sniffato» almeno una volta nella vita e quasi 700mila coloro che lo hanno fatto nell’ultimo anno. Sono le stime dell’Eurispes, secondo cui nell’ultimo mese i consumatori superano i 286mila. Il costo cala e il consumo aumenta: il prezzo medio della «polvere bianca» è diminuito da 99 a 87 euro nel corso degli ultimi 4 anni.

Ma quello a cui gli italiani non riescono proprio a rinunciare è il gioco d’azzardo. In Italia il giro d’affari legato al mercato dei giochi è uno dei più fiorenti al mondo, e d’altra parte il gioco è una parte radicata nel costume italiano, fatta di domeniche pomeriggio con una schedina in mano e di milioni di persone che ogni tanto tentano di cambiare la propria vita rivolgendosi alla sorte. Ma il lato oscuro del fenomeno è ugualmente consistente: i malati di gioco d’azzardo patologico, nel nostro Paese, sono circa 700 mila, e il fenomeno non risparmia gli adolescenti.

Così l’andamento del mercato dei giochi e delle scommesse mostra una crescita costante: dai 14.372 milioni di euro del 2001 si è passati ai 27.451 milioni del 2005, e nel solo primo trimestre del 2006 i Monopoli di Stato stimano di arrivare a quota 33 milioni. Gli scommettitori sono circa 30 milioni, una realtà che coinvolge fino al 70-80% della popolazione adulta. E il fenomeno si sta diffondendo anche tra i giovani: secondo lo studio, il 5,1% degli studenti è giocatori patologico e il 9,7% è a rischio dipendenza. Alcuni di loro riescono a spendere in un solo giorno più di 100 euro.

Il Paese delle imprese

Per quanto riguarda qualche aspetto dell’economia quello italiano resta un sistema di imprese frammentato, con un’azienda ogni 14 abitanti (circa 4 milioni in tutto), ma che ha imboccato la strada della ripresa, con gli indicatori principali, ordinativi e fatturato, che tornano in crescita.

Il quadro che ne risulta è caratterizzato da una forte dicotomia tra piccole (fino a 20 addetti) e grandi imprese (oltre i 250): le prime concentrano gran parte dell’occupazione ed una percentuale molto più esigua di valore aggiunto, mentre le seconde contribuiscono all’occupazione con una percentuale minima e producono oltre il 30% della ricchezza nazionale.

Inoltre, l’incidenza delle grandi imprese italiane è inferiore a quella di tutti gli altri paesi dell’Ue a 15. Il punto di debolezza maggiore delle medie imprese italiane è rappresentato dagli investimenti nell’innovazione. Sono comunque numerosissime le medie imprese italiane leader mondiali in produzioni di nicchia, che contribuiscono a mantenere alto il valore del made in Italy.

Informazione al palo

Infine un dato sui mass media. Il duopolio, il conflitto di interessi, il forte controllo politico da sempre esercitato sulla tv pubblica, insomma le anomalie strutturali che pesano sul sistema dell’informazione in Italia, rendono a rischio la comunicazione nel Belpaese. Non a caso l’ultima classifica mondiale sulla libertà di stampa di Reporters sans frontieres, posiziona l’Italia al 40mo posto su 168. Nella classifica 2005 di Freedom House, l’Italia ha la posizione numero 77, dopo Papua e Nuova Guinea.

* l’Unità, Pubblicato il: 26.01.07 Modificato il: 26.01.07 alle ore 17.38


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