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Il terribile è già accaduto!!!

MASSIMO ALLARME TERRA: IL DOVERE DELLA PAURA. CINQUE MINUTI A MEZZANOTTE. Cambia il clima del pianeta, cambieranno i nostri modi di vivere, ed è sperabile che anche la politica cambi. Un’analisi di Barbara Spinelli

Segnalazione del prof. Federico La Sala
domenica 4 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Dice Pascal che usiamo andare alla rovina nascondendocela: «Corriamo senza preoccupazioni nel precipizio dopo aver messo qualcosa davanti a noi per impedirci di vederlo». Tutto sta dunque a vedere: con l’aiuto della paura di cui parla Jonas, che non è sgomento passivo ma dovere d’immaginare e agire. E una volta informati, si tratta poi di credere. Perché qui nasce un ulteriore impedimento: «Uno dei mali maggiori è che non crediamo in quello che sappiamo» ha detto a Parigi il filosofo (...)

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> MASSIMO ALLARME TERRA: CINQUE MINUTI A MEZZANOTTE. --- L’ULTIMA CHIAMATA. A Parigi il vertice Cop21, ultima chiamata per il clima della Terra (di S. De Francesco)

domenica 29 novembre 2015

A Parigi il vertice Cop21, ultima chiamata per il clima della Terra

Un patto per salvare il Pianeta

di Stefania De Francesco *

Ghiacciai che si sciolgono, mari che crescono così tanto da inghiottire piccole isole e sommergere città costiere; ondate di calore, siccità, terre aride che non danno più raccolti e costringono intere popolazioni a migrare e a conflitti per l’accesso alle risorse; problemi di sicurezza alimentare, carestie, mancanza di acqua potabile, epidemie, specie animali e vegetali che spariscono per sempre, smog che avvolge le metropoli e uccide. Non è la sceneggiatura di un film di fantascienza. E’ la Terra di fine millennio se non si ferma ‘la febbre del Pianeta’. La Conferenza mondiale sul clima (Cop21) dal 30 novembre all’11 dicembre a Parigi è ormai ‘l’ultima chiamata’ per un accordo globale giuridicamente vincolante che riduca le emissioni di gas a effetto serra, causa principale del riscaldamento globale che potrebbe condurci sulla soglia di non ritorno. Obama lo ha detto in modo netto: “Agire o sarà la fine del mondo”. E il nostro ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha ribadito: "Non avremo un’altra opportunità". Per il suo omologo francese Segolene Royal “è in gioco la sicurezza mondiale”. L’economista britannico Lord Nicholas Stern, fra i maggiori esperti mondiali di cambiamento climatico, ha chiarito che “senza interventi le prime forti conseguenze si vedranno nell’arco di 20-30 anni ma in circa un secolo la situazione sul pianeta potrebbe diventare catastrofica".

Due gradi.

Autorevoli scienziati a livello mondiale e migliaia di studi sui cambiamenti climatici avvertono da tempo che l’aumento della temperatura media della Terra non deve superare al massimo i due gradi rispetto al periodo precedente la rivoluzione industriale (1850). Gli ultimi tre decenni sono stati uno più caldo dell’altro e purtroppo, nel mondo si è già innescato un meccanismo per cui assistiamo ad eventi meteorologici estremi. Già li vediamo e in molti li subiscono. Le alluvioni in Italia e i morti che hanno provocato sono solo l’esempio più vicino a noi. Anche con uno stop immediato alla CO2 gli effetti sono ormai destinati a protrarsi per molti secoli. E’ ormai certo che il 2015 strapperà al 2014 il primato dell’anno più caldo di sempre, cioè da quando sono disponibili le rilevazioni a livello mondiale (1880), dopo che ogni mese - ad eccezione di gennaio e aprile - ha segnato un record di temperature della Terra e degli oceani. E’ probabile al 95-100% che l’uso dei combustibili fossili insieme con la deforestazione abbiano causato più della metà dell’aumento della temperatura media globale entro i due gradi.

La responsabilità è dell’uomo.

Gli esperti puntano l’indice contro le scelte economiche e di vita dell’uomo, soprattutto contro l’uso di petrolio, carbone e gas, che stressano a tal punto la natura da renderla incapace di adattarsi. Quindi è l’uomo l’unico che può intervenire. Nell’ultimo loro report, il quinto, pubblicato nel 2014, dopo una gestazione di sette lunghi anni, gli esperti che studiano il clima su mandato delle Nazioni Unite (Ipcc, Intergovernmental panel on climate change) hanno affermato che nonostante la crisi il volume globale di gas climalteranti ha continuato ad aumentare: tra il 2000 e il 2010 è cresciuto come mai nei tre decenni precedenti. Nell’era industriale, le concentrazioni di CO2 in atmosfera sono aumentate del 40%, da 280 a oltre 400 parti per milione. Gli scienziati suggeriscono perciò di tagliare entro il 2050 le emissioni tra il 40% e il 70% rispetto al 2010, riducendole poi fino a un valore prossimo allo zero entro la fine del secolo.

Se a livello globale non si faranno gli sforzi necessari per tagliare i gas a effetto serra la temperatura media del globo terrestre potrebbe crescere tra 3,7 e 4,8 gradi centigradi nel XXI secolo, stima uno degli scenari elaborati da 235 autori di 58 Paesi mettendo a confronto oltre 10mila fonti scientifiche. Con lo scenario peggiore, che si avrebbe con l’aumento di 4,8 gradi, il livello del mare potrebbe salire di quasi un metro.

Spazio per gli scettici e per i negazionisti sembra non esserci.

Se questi frenano su un futuro ‘catastrofico’, la realtà già dimostra gli effetti dell’abuso di combustibili fossili, fonti energetiche privilegiate in alcuni Paesi come Germania, Cina e altri Stati orientali. Peraltro,i costi di mancati interventi sarebbero altissimi. Italia e Ue sono invece tra le realtà più avanzate al mondo nel contrasto al riscaldamento globale, grazie alla crescita nella produzione di energia da fonti rinnovabili. L’Unione europea dal 1990 al 2014 ha ridotto le emissioni di gas serra del 23% superando il target del 20% fissato al 2020. Se gli scienziati suggeriscono lo stop ai combustibili fossili e una spinta all’energia verde, sono i politici che devono a decidere. Da loro quindi dipende la sorte del Pianeta. E’ il sistema economico che va cambiato. Le dieci maggiori compagnie petrolifere del mondo dicono di voler essere “parte della soluzione” e di volersi impegnare nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica e nella lotta contro i cambiamenti climatici.

Il Papa dopo l’enciclica ’Laudato si’’ sul Creato, in cui ha indicato che si tratta di un problema etico e morale, in vista della Cop ha richiamato a stili di vita sostenibili sul piano umano ed ecologico auspicando che il sistema economico promuova la piena realizzazione di ogni persona e l’autentico sviluppo del Creato.

A Parigi i leader di 195 Paesi più la Ue - che fanno parte della Convenzione sul clima dell’Onu - sono chiamati ciascuno a fissare i propri obiettivi di emissioni in modo da contenere entro 1,5-2 gradi l’aumento della temperatura emtro fine secolo. Si punta ad una clausola che permetta di valutare e rivedere gli impegni ogni 5 anni. Le nazioni sviluppate devono poi arrivare a mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per aiutare i paesi in via di sviluppo a contrastare i cambiamenti climatici e risarcirli dei danni che hanno già subito. Il supporto a questi Stati, sia finanziario che tecnologico, dovrà proseguire anche dopo il 2020. Per ora il 95% dei Paesi ha assicurato impegni concreti ma se anche fossero rispettati, non si riuscirebbe a tenere l’aumento delle temperature sotto i 2,7 gradi. C’è l’impegno personale dei big del Pianeta per un accordo ambizioso e duraturo. Ma questo non dà certezza che sarà giuridicamente vincolante. Dal 7 dicembre cominceranno i colloqui a livello politico. E’ una sfida senza precedenti. Il destino del Pianeta per ora resta a rischio.

New Delhi è la città simbolo dell’inquinamento. Ma nella prima metà di novembre la Cina si è guadagnata titoli dei media per "l’allarme apocalisse dell’aria". Voli cancellati, autostrade chiuse, visibilità di 500 metri al massimo. Il livello di inquinamento nella metropoli di Shenyang è stato "il piu’ alto mai registrato" in Cina e nel mondo. L’8 novembre il livello di particelle di polveri sottili (P.M. 2,5), ritenute rischiose per la salute, è stato di 1400 microgrammi per metro cubo, cioè 56 volte più alto di quello ritenuto il massimo sopportabile per l’organismo umano dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che è di 25 microgrammi per metro cubo. Gli ospedali si sono riempiti di pazienti con difficoltà respiratorie e molte farmacie hanno esaurito le scorte di mascherine protettive.

New Delhi, che ha 18 milioni di abitanti, è considerata la metropoli più inquinata del mondo dall’Oms che ha stilato una classifica delle città in cui l’aria è più irrespirabile. Lo smog in India è legato in particolare all’alto livello di polveri sottili provocate dai gas di scarico, dai cantieri edili e da diverse attività di combustione di rifiuti. Sempre nella prima metà di novembre, la capitale indiana ha registrato una nuova impennata di inquinamento dopo le celebrazioni di Diwali, la più importante festa induista paragonata al Natale in cui è tradizione far scoppiare fuochi d’artificio, petardi e altri giochi pirotecnici.

Tra le 20 città più inquinate del Pianeta nessuna è cinese anche se, ha puntualizzato l’Oms, la classifica si basa sui dati forniti dalle stesse città e "alcune delle peggiori non stanno raccogliendo i dati correttamente". L’inquinamento in Cina è infatti considerato una vera e propria epidemia, con un tributo superiore ai quattromila morti al giorno, più di quelli che fa in tutto il pianeta la Tbc, ha calcolato il Berkeley Earth, istituto dell’università della California specializzato in analisi statistiche. Circa il 17% di tutte le morti in Cina è attribuibile allo smog, un totale di 1,6 milioni di decessi all’anno dovuti soprattutto alle malattie di cuore, polmoni, a partire da asma e tumori, e all’aumento degli ictus.

L’inquinamento atmosferico causa ogni anno la morte prematura di oltre 3 milioni di persone a livello mondiale, con una maggiore incidenza in Asia secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, in base al quale la mortalità da inquinamento dell’aria potrebbe raddoppiare entro il 2050 arrivando a interessare 6,6 milioni di persone all’anno. Stando ai dati, le emissioni derivanti dall’energia residenziale, ad esempio per riscaldarsi e cucinare, sono prevalenti in India e Cina e hanno l’impatto più alto a livello mondiale sulle morti premature. In molte aree degli Usa a pesare sono il traffico e la produzione di energia, mentre in Europa, Stati Uniti orientali, Russia e Asia orientale le emissioni provenienti dall’agricoltura danno il contributo maggiore alle polveri sottili.

Secondo un rapporto recente dell’Oms sono 7 milioni i morti ogni anno dovuti direttamente o indirettamente all’inquinamento dell’aria, in buona parte concentrati proprio in Asia. L’Europarlamento ha invece stimato per l’Europa oltre quattrocentomila morti e fra i 330 e i 940 miliardi di euro in termini di costi per la salute. Secondo i meteorologi mondiali, tra il 1990 e il 2014 c’è stato un aumento del 36% del ’’forzante radiativo’’ (rapporto tra energia che entra e quella che esce nel sistema Terra-atmosfera, se è positivo aumenta la temperatura atmosferica) a causa di gas serra, cioè anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O), che sono generati da attività industriali, agricole e domestiche.

Cina e Stati Uniti d’America insieme sono responsabili del 45% di tutte le emissioni inquinanti del mondo. In un accordo firmato a novembre 2014 la Cina si è impegnata a cominciare a ridurre le emissioni dopo aver raggiunto il picco nel 2030, mentre gli Usa hanno promesso che entro il 2025 taglieranno un 26-28% delle loro attuali emissioni. Tra i grandi inquinatori del Pianeta c’è l’India che si è detta contraria a un accordo per combattere i cambiamenti climatici che includa l’impegno globale a eliminare gradualmente i combustibili fossili entro la fine del secolo. L’India dipende dal carbone per la maggior parte del suo approvvigionamento energetico e, nonostante gli impegni ad ampliare l’utilizzo di fonti rinnovabili, afferma che la sua economia è troppo piccola e la sua popolazione troppo povera per porre fine al combustibile fossile cosi presto.

Isole spazzate via e città sommerse dal mare. New York come Atlantide in meno di 200 anni. Bye bye anche a Miami e New Orleans, il loro futuro è ormai segnato: finiranno sott’acqua qualunque sia l’impegno di oggi o del futuro per fermare il riscaldamento globale. Da Tokyo a Londra passando per Rio de Janeiro e Sydney, per arrivare ai più poveri Paesi asiatici, il mondo potrebbe perdere molte città e mettere in fuga 150 milioni di persone che vivono in aree costiere ’basse’, a non più di un metro sopra il livello del mare. Il riscaldamento degli oceani, lo scioglimento delle calotte in Groenlandia e in Antartide e la fusione dei ghiacciai montani accelerano e portano con sé questa grave minaccia.

[...] continua nel post successivo


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