Inviare un messaggio

In risposta a:
Ma che "gioco" è?!!! Fermare tutto!!!

CALCIO: UNA CATASTROFE. PER IL DERBY CATANIA-PALERMO INCIDENTI E SCONTRI. Morto l’ispettore capo di polizia Filippo Raciti e oltre cento feriti. Pancalli: "Ora basta, veramente basta"!!! Fermati tutti i Campionati e la Nazionale - a cura di pfls.

sabato 3 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[..] L’ispettore capo di polizia Filippo Raciti è morto alle 22.10 per arresto cardio-respiratorio a seguito delle esalazioni di una bomba carta gettata all’ interno dell’ autovettura in cui si trovava.
Lo si apprende dai medici del reparto di rianimazione dell’ospedale Garibaldi dove l’ ispettore capo Filippo Raciti è deceduto. Le manovre di rianimazione cardio-respiratoria, ricostruiscono i medici, sono state immediate malgrado l’ altissima affluenza di feriti. "Trascorsa un’ ora - (...)

In risposta a:

> CALCIO: UNA CATASTROFE. PER IL DERBY CATANIA-PALERMO INCIDENTI E SCONTRI. Morto l’ispettore capo di polizia Filippo Raciti e oltre cento feriti. Pancalli: "Ora basta, veramente basta"!!! Fermati tutti i Campionati e la Nazionale - a cura di pfls.

sabato 10 marzo 2007

GIALLO. RACITI IN CURVA NORD

Il colpo mortale. L’autopsia. Le riprese delle telecamere. I testimoni. Crescono gli interrogativi sulle indagini *

Due telecamere fisse puntate fuori e dentro lo stadio riprendono l’unica carica cui partecipa l’ispettore capo del reparto mobile Filippo Raciti contro la teppaglia catanese scesa giù dalla curva Nord per aggredire gli odiati "cugini" palermitani appena giunti al Massimino con un’ora di ritardo. Sono le 19,04 del 2 febbraio scorso e le immagini restituiscono i gesti di un ragazzone grande e grosso che con altri cinque o sei ultras afferra e poi scaglia verso gli agenti un pezzo di lamiera. Lo stesso pezzo, secondo le ricostruzioni degli investigatori, verrebbe usato contro il plotone di divise blu a mo’ di ariete. Ma questo le immagini non lo mostrano. È in quegli attimi, compresi tra le 19,04 e le 19,09 che, secondo la Procura dei minori e la Squadra mobile di Catania, Raciti riceve il colpo mortale che gli recide una vena del fegato. Ed è qui, sul filo dei minuti e dei fotogrammi, che rischia di sommarsi il dramma di un ultrà minorenne, Antonio, 17 anni, travolto da un’accusa ancora tutta da dimostrare. Un "carusu do Furtino", quartiere ad alta densità popolare di Catania, attirato dal fumo dei lacrimogeni e dai rumori della rissa, pronto a rigirare la felpa per calarsi il cappuccio sul volto, un "carusu" che la sera del 6 febbraio, ripreso dalle telecamere nascoste nella camera di sicurezza della questura di Catania, alla domanda di un ultrà rinchiuso con lui: "L’hai ammazzato tu?", avrebbe fatto cenno di sì, spavaldo, con la testa. Basta questa ammissione, poi smentita durante l’interrogatorio, e contestata dalla difesa del minorenne secondo cui il video girato in questura dimostra esattamente il contrario, a chiudere la partita dell’accusa e a rendere giustizia alla morte di Raciti? "L’espresso" è in grado di ricostruire, momento per momento, che cosa è accaduto quella sera a Catania.

Ore 16,30: un’ora prima del calcio d’inizio migliaia di persone affollano la zona cosiddetta del prefiltraggio, tra l’esterno delle curve e l’area interna dello stadio. "C’era una fila enorme all’ingresso della curva Nord", racconta Sergio, uno dei tifosi presenti, "è stato in quel momento che hanno deciso di aprire i cancelli. E tutti, 5 mila, 6 mila persone, sono entrati senza alcun controllo. A me non è stato vidimato l’abbonamento. Neanche ai tornelli c’era alcun controllo, né da parte della polizia, né da parte degli steward dello stadio". Tra i tifosi entra anche Antonio, piccoli precedenti per rissa, figlio di un operaio della St Microelectronics, azienda gioiello della Silicon Valley catanese, e di una fioraia, studente del quarto anno dell’istituto Val di Savoia.

Ore 19,04: il secondo tempo è cominciato da qualche minuto e allo stadio arrivano i pullman dei tifosi palermitani, scortati dalla polizia. Dai gradoni della curva Nord inizia un fitto lancio di oggetti verso gli avversari, protetti da un cordone di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Partono i primi lacrimogeni. Dagli spalti i più esagitati si precipitano verso le uscite per cercare lo scontro fisico. Tra loro c’è pure Antonio.

Ore 19,04-19,09: due telecamere fisse riprendono l’unica carica cui partecipa l’ispettore Raciti, riconosciuto con certezza dal casco opaco, ricordo del G8 di Genova, dai gradi sulle spalline e dall’assenza dei parastinchi. La prova più forte dell’accusa è un "combinato disposto di due filmati realizzati da due posizioni diverse". Le riprese non sono complete perché entrambi gli obiettivi non colgono l’eventuale contatto. La prima telecamera puntata verso l’interno della Nord riprende i tifosi che raccolgono un pezzo di lamiera, probabilmente un coprilavabo in alluminio con delle spalliere, che pesa circa cinque chili. Si intravedono altre cinque o sei persone, non riconosciute, che insieme ad Antonio raccolgono quella sbarra e la lanciano "a parabola". L’altra telecamera è puntata verso l’esterno e ritrae i poliziotti che si dirigono verso l’ingresso della curva Nord. Viene ripreso anche il momento in cui la lamiera cade per terra sollevando polvere.

Interrogato l’8 febbraio, il minorenne indagato si riconosce nei fotogrammi, ammette di avere scagliato insieme agli altri il pezzo di lamiera e anche di averlo "spinto una volta" contro gli agenti, ma sostiene di non avere colpito nessuno. Per gli investigatori l’assenza di immagini determinanti "è un dettaglio marginale", perché, sostengono, "è rigorosamente logico che ci sia l’impatto" tra il giovane e l’ispettore. Una tesi contestata dalla difesa: "Dalle immagini", dice l’avvocato Giuseppe Lipera, "si ha la perfetta percezione che l’oggetto lanciato abbia compiuto interamente la sua traiettoria per inerzia, senza urtare alcunché. Nei filmati non c’è alcun fotogramma che ritragga i giovani che brandiscono a mo’ d’ariete quel pezzo di lamiera. Anche i carabinieri del reparto mobile di Palermo, interrogati l’11 febbraio, non aggiungono nulla. Quel possibile colpo non l’ha visto nessuno, neanche i carabinieri che erano alle spalle dell’unità guidata dall’ispettore Raciti, all’ingresso della curva Nord". Intanto la scientifica sta esaminando lo strappo subito dal giubbotto di Raciti "sul lato destro" per accertare la compatibilità, anche dalle tracce di polvere, con il lavabo di alluminio. Ma il punto è un altro. Se Raciti subisce un colpo mortale, nessuno se ne accorge. Neanche lui.

Ore 20,30: la partita è finita, ma gli ultras proseguono la guerriglia fuori dello stadio. A un’ora e 20 da quell’unica carica Raciti continua a difendere l’ordine pubblico. "Ci lanciavano estintori", ricorda Carmelo P., collega di Raciti, "pietre, pezzi di ceramica e lavabi contro i nostri mezzi. Abbiamo preso un Discovery per cercare di allontanarli, ma ci hanno assalito, sfondando la carrozzeria della vettura, i vetri. È persino scoppiata una ruota". Sessantadue tra poliziotti e carabinieri refertati all’ospedale Garibaldi, contro 25 tifosi testimoniano una violenza a senso unico. Persino il capo del reparto mobile, Pietro Gambuzza, alle cinque del mattino si accorge di avere il piede destro fratturato. "Eravamo riusciti a fermare uno degli aggressori, io non volevo andare via", ricostruisce l’agente, "ma Raciti mi ha detto di portare il fermato nel camper dove li raccoglievamo e sono andato. Da lontano ho poi visto del fumo sotto la vettura e quando sono tornato sul posto Filippo era già in barella svenuto". Raciti è nel Discovery, qualcuno getta una bomba carta dentro l’auto. Alle 20,34 l’ispettore si accascia: "Mi sento male, aiuto...". Lo soccorre un medico della polizia che per primo si accorge del Discovery che procede lentamente a marcia indietro con lo sportello anteriore destro aperto, scortato da agenti di polizia. L’ispettore arriva al pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi in condizioni disperate. Il referto d’ingresso parla di arresto cardiocircolatorio per barotrauma, evento conseguente all’onda d’urto causata da esplosione. Il corpo di Raciti, infatti, non presenta alcun segno visibile di contusione o di contatto con un corpo contundente. "Ci siamo accorti subito che era gravissimo", dice Sergio Pintaudi, direttore del Dipartimento di emergenza: "Dalla lettiga dell’ambulanza al lettino del pronto soccorso il volto è diventato cianotico e le labbra nere. Il cuore ha smesso di battere. Raciti viene sottoposto a massaggio cardiaco, adrenalina e defibrillazione, poi viene trasferito in rianimazione". Ma il cuore è fermo e non ripartirà più; dall’organo arrivano solo segnali elettrici di risposta alle cardiostimolazioni,il cervello si fermerà intorno alle 22,10. Dice il medico: "Gli esami hanno evidenziato la lesione di una vena del fegato, ma sul corpo non c’era alcun segno visibile di impatto. Questo può non voler dire nulla: un colpo di questo tipo può essere aggravato da tanti fattori come la posizione del corpo o eventuali movimenti. Considerando la carica di adrenalina del momento e la giovane età, il colpo che ha causato la lesione va collocato in un arco temporale di tre quarti d’ora al massimo prima del decesso. In altra situazione la morte sarebbe arrivata più rapidamente". I dati definitivi dell’autopsia, eseguita dal medico Giuseppe Ragazzi, non sono ancora disponibili. Il difensore del minorenne indagato, Giuseppe Lipera, ha nominato un perito per le controanalisi: "Non abbiamo avuto nulla", spiega il legale, "neanche i primi dati dell’esame autoptico. La Procura dei minori ha comunicato di non poterli fornire perché la perizia è stata disposta da altra autorità giudiziaria, la Procura distrettuale della Repubblica". Resta una domanda: Raciti muore per il colpo subito tra le 19,04 e le 19,09 non ripreso dalle telecamere? Oppure ne ha subito un altro, mortale, durante la guerriglia successiva?

Giuseppe Lo Bianco e Piero Messina

* l’Espresso, 08.03.07


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: