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Madre Mediterranea. Viaggi e Pellegrinaggi

CALABRIA. PLACANICA COME LOURDES. FRATEL COSIMO E LA MADONNA DELLO SCOGLIO. Un "resoconto" di René Laurentin - a cura di pfls

Ricorrenze. 11 Febbraio: Giornata mondiale del Malato. 11 Maggio: Anniversario della I apparizione della Vergine allo Scoglio
domenica 11 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Che cosa sono venuto a fare in questa parte meridionale d’Euro­pa, vicino all’Algeria? Mi ci hanno portato i miei amici svizzeri, Marlène ed Alfred Reichmuth. Il loro primo viaggio a Placanica, da Fratel Cosimo, è stato per loro una luce del Signore che ha cambiato la loro vita, le loro relazioni, le loro preoccupazioni e il loro tempo libero. In 17 mesi, è la settima volta che ci vengono. Fratel Cosi­mo desiderava vedermi. Sono più conosciuto in Italia che in Francia, anche per (...)

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> CALABRIA. PLACANICA COME LOURDES. FRATEL COSIMO E LA MADONNA DELLO SCOGLIO. ---- Ingrid Betancourt a Lourdes: «Io perdono» (diDOMINIQUE GERBAUD e JEAN-CHRISTOPHE PLOQUIN).

domenica 13 luglio 2008

La fede cristiana ritrovata e il no a ogni tipo di violenza: parla la Betancourt oggi in pellegrinaggio per ringraziare la Madonna

Ingrid a Lourdes: «Io perdono»

DI DOMINIQUE GERBAUD E JEAN-CHRISTOPHE PLOQUIN (Avvenire, 12.07.2008)

N ella giungla lei ha subito una violenza estrema da parte di persone che, come lei, si dichiarano cristiane. Poteva evocare con loro questo rapporto tra la loro fede e la violenza di cui erano portatori?

«Quando ci si trova in circostanze così estreme è molto difficile condividere la propria fede con i propri carcerieri. Tutto ciò può trasformarsi molto velocemente in un indottrinamento da parte loro. Ora, le Farc vivono in un unico ambito, quello dell’indottrinamento. Ogni giorno i giovani dovevano seguire e subire quello che chiamano ’la classe’. In base al mio carattere non ho la vocazione né a far parola né ad intavolare discussioni».

Ai suoi occhi la violenza che subiva poteva avere una risposta cristiana? Ha cercato forme di azione non violenta?

«La sola risposta alla violenza è una risposta d’amore. Questa risposta d’amore, questo atteggiamento non violento, per me, è stato cristiano dato che sono di fede cattolica, ma tutto questo avrebbe potuto essere buddista o musulmano. Ciò che ho scoperto è che si può essere condotti ad odiare una persona. A odiarla con tutte le forze del nostro essere e, allo stesso tempo, a trovare nell’amore il sollievo rispetto a questo odio. Non si può amare qualcuno che vi fa del male. Ma si può trovare, e io l’ho trovato in Cristo, un punto di appoggio, come un trampolino. Mi dicevo: ’Per Te, Signore, non dico che lo detesto’. Il fatto di non aver sulla bocca queste parole di odio era un conforto. Talvolta vedevo arrivare un guerrigliero crudele e spaventoso. Veniva a sedersi davanti a me ed io ero capace di sorridergli».

Oggi lei ha iniziato un cammino di perdono rispetto ai suoi carcerieri?

«L’amore è necessario. Sì, ho cominciato un cammino di perdono. Sono riuscita a perdonare, e non solo ai miei sequestratori. Ho perdonato anche quelli che erano prigionieri con me, con i quali talvolta ci sono stati momenti molto difficili. Ho perdonato quei miei amici che non si sono ricordati di noi, quelle persone sulle quali si fa affidamento e che sono mancate; quelle persone che amavo e che hanno detto delle cose orribili, come, ad esempio, che ’questa prigionia se l’è cercata’. Perdono quanti dicevano: ’C’è la guerra, se è necessario che lei muoia, vuol dire che ci sarà un numero in più nelle statistiche globali’. Così facendo, fanno credere che la vita non è che un numero».

Lei dice spesso che la Vergine Maria è stata un sostegno permanente...

«Per me è stata fondamentale. In un’atmosfera di solitudine spirituale, nella quale tutto attorno a voi non è altro che l’aggressività dei nemici, ho dovuto imparare a non reagire come facevo prima. Ho dovuto apprendere il silenzio e ad abbassare la testa. La sola persona con la quale potevo parlare era la Vergine. Evviva Maria!». Cosa sognava, la notte, durante il sonno? «Ho sognato di scoprire i volti nuovi dei miei figli. E avevo paura del loro choc rispetto all’invecchiamento della mamma. Era un misto di felicità e paura. Oggi sono nel migliore dei mondi possibili. Ciò di cui avevo paura non si è verificato e quello che sognavo si è realizzato».

Come ha fatto a resistere?

«Ho trovato le forze perché vi devo tutto. Perché voi avete sostenuto la mia famiglia. Se non foste stati presenti accanto a loro, dove sarebbero andati? E oggi è normale che voi abbiate voglia di sapere. Io vi sono debitrice di questo. Troverei brutto che, dovendo tanto ai media, chiudessi loro la porta, oggi. Più tardi avrò la mia intimità. L’ho promessa ai miei ragazzi. Ho chiesto loro di pazientare. Saremo tra noi, in famiglia. Oggi diciamo grazie».

Non teme che i colombiani la rimproverino di essere venuta così in fretta in Francia e di restarvi a lungo?

«Se io mi trovo qui in Francia e non in Colombia è perché ho un debito da pagare nei confronti dei miei figli, della mia famiglia, dal momento che hanno sofferto molto. Sono stati trasformati sia in positivo che in negativo. Ci sono così tante ferite da cicatrizzare! Durante tutto questo tempo si sono fatti molti amici e anche molti nemici. Hanno voglia che io li difenda. Bisogna che sentano che sono qui per loro, come uno scudo, per evitare che soffrano. Non ho più voglia che soffrano».

Cosa è possibile fare per liberare gli altri ostaggi?

«Non li si deve dimenticare. Se io sono un simbolo per far parlare su di loro, tanto meglio. Se io, che ero in una cassa da morto fatta di vegetazione, sono riuscita a farvi toccare questo orrore, oggi devo continuare. Il 20 luglio ci sarà in Colombia una marcia per chiedere la liberazione degli ostaggi rapiti dalle Farc, per dire loro: ’Quello che fate è infame’. Che essi sappiano che sono respinti da tutti, che non li si ama più, che si sentano messi all’indice. Restando qui in Francia voglio anche mostrare che questa lotta contro le Farc non è solo dei colombiani. Gli altri ostaggi hanno bisogno che si lotti per loro nello stesso modo in cui si è lottato per me».

(Per gentile concessione del quotidiano «La Croix»; traduzione di Lorenzo Fazzini)

* In questa intervista l’ex ostaggio delle Farc svela un’immagine di sè assai lontana da quella «religiosamente corretta» apparsa su certi media italiani

Altro che Nirvana! Se la stampa italiana ha dato subito una lettura ’religiosamente corretta’ della liberazione dell’ostaggio più famoso del mondo, o si è concentrata sulla ’ leggerezza’ del tifo calci­stico di Ingrid Betancourt per la sua Francia nella finale con l’Italia di Lippi ai Mondiali 2006, dalle parole che l’ex ostaggio della Farc ha rilasciato ad alcuni media francesi cattolici scaturisce il ritrat­to di una donna dalla fede rocciosa e provata con il fuoco. La Betancourt in questo week- end è in pellegrinaggio a Lourdes, dopo essersi subito re­cata - una volta arrivata a Parigi - a pregare al san­tuario del Sacré Coeur di Montmartre. « Sono sta­ta trasformata dalla preghiera - ha detto al maga­zine ’ Pèlerin’ - . Di fronte alla violenza ci sono due strade: diventare vendicativi o seguire quello che Gesù ci ha mostrato. Egli chi chiede: ’Ama il tuo nemico’. Ogni volta che leggevo la Bibbia, sentivo che quelle parole erano rivolte a me, come se Lui fosse di fronte a me » . E al settimanale ’ La Vie’ ha confidato: « Durante tutti i miei anni di prigionia ho sentito la mano di Dio su di me». Alla faccia del­le letture para-buddiste o minimaliste di certi me­dia nostrani. (L. F.)


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