Un videogioco per due: quello che pensa di fare una cosa e l’altro che (a distanza) la fa con un gesto Così l’esperimento (riuscito) di un ricercatore italiano dell’università di Seattle cambierà il mondo
Cervello, L’ultima magia della scienza trasmettere il pensiero si può
di Massimo Vincenzi (la Repubblica 11.09.2013)
NEW YORK Il video ricorda più un b-movie di fantascienza anni Cinquanta che un esperimento: ci sono due giovani uomini con in testa strani aggeggi a metà tra l’elmetto e la cuffia da bagno da cui spuntano parecchi fili, poi uno agita la mano nell’aria e l’altro in simultanea, mosso dall’impulso esterno, muove la sua sulla tastiera che ha davanti a sé. Per capire che è successo qualcosa di storico bisogna osservare le facce degli altri presenti nella stanza: prima sorridono increduli poi applaudono felici.
Quello che è accaduto alla Washington University di Seattle è il primo test che prova la trasmissione del pensiero e il controllo della mente. Idea da film appunto, che parte dalla fantasia di Fritz Lang, passa da Star Trek e arriva sino a Voldemort, il mago cattivo di Harry Potter. Ma questa sceneggiatura è un capolavoro della scienza con dentro anche un pizzico di Italia, visto che uno dei due ricercatori si chiama Andrea Stocco: nato 37 anni fa a Udine, laurea a Trieste e adesso, come spesso capita, un lavoro in America. Lui è quello che riceve il comando, dall’altra parte c’è l’amico Rajesh Rao.
La procedura, giurano i due, è semplice, usa tecniche già note, quello che è rivoluzionario è aver messo tutto questo in connessione. In un laboratorio del campus sta seduto Rajesh Rao che guarda sullo schermo del pc un vecchio videogioco con le astronavi che si inseguono e combattono. Ma non ha la tastiera, così quando inquadra nel mirino i nemici può solo pensare di sparare: le sue onde cerebrali vengono inviate a un apparecchio per l’encefalogramma che a sua volta limanda ad un computer. Qui grazie al consueto algoritmo il messaggio viene codificato e spedito via Internet dove sta Andrea Stocco che è collegato ad un’altra macchina per la stimolazione magnetica transcranica, da cui parte l’ordine.
«È come quando hai un tic nervoso, ma senza la tensione muscolare che lo precede. Sino ad un attimo prima che la mia mano si muovesse non ho avvertito alcun stimolo, quando ho capito cosa era successo è stato molto emozionante», racconta Stocco. E il suo collega spiega: «È presto, ma abbiamo ottenuto un risultato importante: per la prima volta abbiamo dimostrato che si può trasmettere il pensiero. Internet è stata la strada per far circolare le idee di persone sparse nel mondo, ora può essere la chiave per collegare le menti».
Gli scienziati studiano da tempo i meccanismi del cervello umano, qualche mese fa un gruppo di lavoro della Duke University è riuscita a provare la trasmissione del pensiero tra i topi ma adesso si aprono nuovi scenari. E, sull’edizione americana, ilNational Geographic si diverte ad immaginare quello che accadrà grazie alla scoperta. I compositori scriveranno la loro musicasenza dover ricorrere a strumenti: basterà immaginare la melodia e il computer restituirà loro il suono perfetto. Meno poetica ma più utile la app sperimentale chiamata Good Times che funziona più o meno come una segretaria personale: il telefono legge l’attività celebrale e se avverte che si è impegnati a fare altro indirizza la chiamata in arrivo verso la segreteria telefonica.
Una start-up cilena, Thinker Thing,promette invece di rivoluzionare il design, grazie anche alle stampanti in 3D: l’oggetto disegnato si trasforma interagendo con i gusti del suo creatore, a seconda degli stati d’animo, rimangono le forme che piacciono, svaniscono quelle che suscitano cattivi pensieri. Ecco poi tablet, smartphone che si comanderanno senza usare le mani, ci lavorano tutte le più grandi compagnie: la Samsung è quella più avanti. Uguale destino per le auto e la stessa tecnologia aiuterà le persone che sono su una sedia a rotelle. In campo medico si sta studiando come applicare tutto questo agli arti artificiali donando loro una sensibilità e un calore quasi umani.
«Ci vorranno molti anni, ma sarà una vera rivoluzione», giurano i colleghi di Stocco e Rao intervistati da Usa Today. E il portavoce della Washington University dice: «È piuttosto folle, ma è tutto vero». Tutto così affascinante, come dentro un film da Oscar.
Andrea Stocco: “Escluse le conseguenze negative”
“Dai chirurghi ai piloti ecco a chi potrà servire”
di Francesca Bottenghi (la Repubblica, 11.09.2013)
ROMA- «Il mio collega Rajesh non avrebbe potuto utilizzare la mia mano per darmi uno schiaffo. È un gesto troppo complesso per la tecnologia che possediamo ora», ammette sorridendo il professor Andrea Stocco. Trentasettenne, originario di Palmanova (Udine), emigrato negli Stati Uniti nel 2005 al termine del dottorato in Psicologia («Sì, sono uno dei tanti cervelli in fuga»): tre anni fa è arrivato a Seattle, dove il 12 agosto scorso ha partecipato all’esperimento di trasmissione del pensiero.
Quali saranno i vostri prossimi passi?
«Cercheremo di replicare il test con dei partecipanti che siano all’oscuro del suo funzionamento. Poi lavoreremo alla trasmissione di sensazioni o immagini molto elementari».
Quali prospettive si aprono?
«Per il futuro abbiamo in mente tre scenari. Il primo prevede il controllo motorio: un chirurgo potrebbe guidare le mani di qualcun altro per svolgere un’operazione a distanza. Un pilota potrebbe utilizzare lo stesso metodo per far atterrare un aereo. La seconda prospettiva riguarda il trasferimento di competenze complesse: se un professore di fisica è geniale ma non è in grado di spiegare, i suoi alunni potrebbero attingere alle informazioni direttamente dal suo cervello. La terza possibilità è legata alla neuro-riabilitazione. Potremmo aiutare i pazienti colpiti da ictus nell’apprendere di nuovo a parlare e muoversi».
E quali sono invece i possibili rischi?
«Nel 2011, prima di partire con il progetto, abbiamo riflettuto molto sui lati negativi. Ci siamo però resi conto che le applicazioni malvagie, quali il controllo remoto della mente senza che il soggetto ne sia consapevole, richiederebbero apparecchiature super miniaturizzate e decisamente più avanzate. Ora come ora non riusciamo nemmeno a immaginarle».