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Al di là dello specchio...

LEGGERE NELLA MENTE DEGLI ALTRI. Le cose non sono così semplici. Ammonendo il suo interlocutore Sherlock Holmes affermava: «I risultati migliori, ispettore, li avrà mettendosi sempre nei panni dell’altro, pensando a ciò che avrebbe fatto se fosse stato in lui. Occorre un po’ di fantasia, ma ne vale la pena» - a cura di pfls.

mercoledì 21 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Nelle Affinità elettive Goethe immagina gli effetti che avrebbe sulle relazioni sociali il potere osservare, attraverso una finestrella posta sulla fronte delle persone, i loro pensieri. La vita ordinaria sarebbe molto diversa da quella a cui siamo abituati, anche se non necessariamente migliore. Molte relazioni interpersonali, come quelle informate dalla competitività, sono possibili proprio grazie al fatto che le intenzioni altrui sono parzialmente opache. Inoltre, certe volte la (...)

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> LEGGERE NELLA MENTE DEGLI ALTRI. --- Leggere il pensiero? E’ medicina non fantascienza (di Arnaldo D’Amico).

martedì 26 gennaio 2010

Leggere il pensiero? è medicina non fantascienza

-  La scoperta, semplice e geniale, alla Mayo Clinic di Boston su pazienti epilettici. Applicati a un elettroencefalografo i principi della videoscrittura
-  La lettera appare sullo schermo, il malato la guarda, sul pc compare la stessa lettera

di Arnaldo D’Amico (la Repubblica, 26.01.2010)

Le lettere dell’alfabeto appaiono su uno schermo, una dopo l’altra. Due uomini le guardano e su un computer collegato ad un elettroencefalografo le stesse lettere appaiono, nella stessa sequenza. L’esperimento è stato realizzato nella sede di Boston della Mayo Clinic, l’organizzazione non profit più grande del mondo (3.700 ricercatori, 50.100 unità il personale di cura, 500mila i malati trattati ogni anno) dedicata allo sviluppo di terapie e soluzioni mediche pratiche. La scoperta che il pensiero si può leggere direttamente dal cervello ha del fantascientifico, ma alla base vi sono conoscenze e strumenti usati negli ospedali tutti i giorni. E un’idea semplice e geniale: applicare ai segni tracciati da un elettroencefalografo i principi con cui funzionano i programmi di videoscrittura installati su smart-phone e computer touch-screen, quello che traduce in testo dattilografico la propria grafia a mano. Ovviamente il software sviluppato per "leggere" le onde cerebrali è molto più sofisticato e potente.

Con questo armamentario, il gruppo di ricerca capitanato dal neurologo Jerry Shin si è lanciato nella verifica di una scommessa ardita: in un comune elettroencefalogramma - la registrazione delle onde elettriche cerebrali fatta con sensori appoggiati sulla testa - ci deve essere molto di più di quello che si vede ad occhio. Sonno, veglia, sogno, coma, epilessia e altri fenomeni che coinvolgono gran parte del cervello, corrispondono ad onde grandi, riconoscibili ad occhio dal medico. Vi devono essere, però, anche le onde elettriche debolissime, prodotte da piccole aree del cervello, come si ha per attività mentali minime, oscillazioni impercettibili all’occhio umano, ma non a un computer con un software in grado di rilevare, analizzare, confrontare e memorizzare milioni di piccole onde diverse.

Per verificare ciò, i ricercatori hanno chiesto la collaborazione di due pazienti epilettici. Per necessità terapeutiche, i due dovevano sottoporsi a un elettroencefalogramma con gli elettrodi appoggiati direttamente sulla corteccia cerebrale. È un’indagine che si pratica da decenni e richiede l’apertura di uno sportello nel cranio. Insieme ad altre indagini che si possono fare solo così, permette di individuare, con una precisione maggiore di quella ottenuta dagli elettrodi sulla pelle, la zona di cervello che scatena la crisi epilettica per poi rimuoverla.

Fatte le indagini per l’epilessia i pazienti si sono prestati all’esperimento. Mentre si concentravano su una lettera - si è iniziato con la "q" - il computer analizzava e memorizzava i segnali elettrici cerebrali. Nel frattempo i ricercatori dicevano al computer di associare la registrazione con la lettera "q". E così via per tutte le lettere dell’alfabeto. Come si fa coi programmini di videoscrittura: si scrive a mano la "q" sullo schermo e poi si digita "q": da quel momento quando il computer vede il nostro ghirigoro scrive "q". Poi hanno verificato se il computer così addestrato sapeva leggere l’alfabeto direttamente nel cervello.

Immaginabile lo stupore dei due pazienti quando hanno visto apparire sul computer le lettere che via via guardavano. E l’eccitazione dei ricercatori: quelle lettere dimostrano che l’attività elettrica ha in sé le tracce anche di eventi mentali semplicissimi, che comportano l’entrata in funzione di pochi neuroni rispetto ai miliardi coinvolti dal sonno o dal sogno. I passi successivi: verificare che il computer "legge" nel cervello anche con gli elettrodi appoggiati sulla testa, dove i segnali elettrici arrivano un po’ indeboliti; verificare che succede con pensieri via via più complessi come parole, frasi, discorsi. Ma anche suoni, melodie, colori, immagini. Infine, con comandi motori.


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