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Con Freud, oltre...

PSICOANALISI E OMOSESSUALITA’: IPOTESI GAY. L’avvio di un dialogo che tenta di smarcarsi da annosi schematismi, in una raccolta di saggi curati da Olga Pozzi e Sarantis Thanopulos - a cura di pfls

giovedì 22 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] nel corso dell’esperienza analitica con pazienti omosessuali, lungamente raccontata tra queste pagine, non mancano certo aspetti conflittuali e patologici, ma essi non derivano dalla condizione gay di per sé, bensì da problemi più generali che riguardano i processi di identificazione e quelli relativi alle dinamiche intrinseche alle relazioni con gli altri. Lo stesso Freud, in una nota aggiunta nel 1914 ai Tre saggi sulla teoria sessuale, scriveva che «anche l’interesse sessuale (...)

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> PSICOANALISI E OMOSESSUALITA’: --- “Gli psicanalisti devono ascoltare i loro pazienti e non dire la norma”. Intervista a Caroline Thompson (di Nicolas Truong),

martedì 13 novembre 2012

      • SUL TEMA, vedi:

CON KANT E FREUD, OLTRE. Un nuovo paradigma antropologico: la decisiva indicazione di ELVIO FACHINELLI

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“Gli psicanalisti devono ascoltare i loro pazienti e non dire la norma”

intervista a Caroline Thompson,

a cura di Nicolas Truong

in “Le Monde” del 9 novembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Gli esperti “psi” (psicologi, psichiatri, psicanalisti...) si sono trovati un po’ intrappolati dalla mania di concepire i problemi di società in termini di “a favore o contro”. Ora, una delle forze degli psicanalisti è di avere una posizione più arretrata rispetto all’alternativa del “a favore o contro”. Quando ascoltiamo ciò che ci dice un paziente, non siamo a favore o contro, ma in una neutralità rispetto al contenuto di ciò che può dire. Possiamo sentire cose molto scioccanti, affermazioni razziste, sessiste, fantasie di grande violenza... Non siamo lì per dire “Questo è bene” o “ Questo non è bene”.

È la specificità del nostro mestiere: non essere espressione di una norma. Gli esperti “psi” sono stati attirati come calamite verso ciò che ritenevano di loro competenza, ossia il benessere del bambino e la struttura della famiglia, e il modo in cui questa struttura realizzava l’universo psichico e l’universo del bambino. Ma questo ha immediatamente creato un discorso normativo e paternalista.

È così a causa di una storia complicata tra la psicanalisi e l’omosessualità?

L’omosessualità era considerata come una perversione da Freud, in un senso più medico, certo, della perversione come la si può intendere oggi quando si dice di un individuo: “È un perverso”. Ma è comunque per lui una devianza, nel senso etimologico del termine, cioè che la sessualità “normale”
-  perché per Freud c’è una sessualità normale - è deviata dal suo oggetto e si dirige verso lo stesso sesso, cioè un oggetto diverso dall’oggetto “normale”, che dovrebbe essere la persona di sesso opposto. Per Freud, l’omosessualità è una devianza di uno sviluppo normale.

Quindi una forma di patologia?

Freud ritiene che l’omosessualità crea delle personalità più infantili o più narcisistiche. E occorre ricordare che fino agli inizi degli anno 80 - anche se non lo si diceva in questo modo - non si era analisti se si era omosessuali. Si nascondeva la propria omosessualità se si voleva diventare analisti, perché si riteneva che un analista omosessuale non avrebbe potuto analizzare bene il transfert. Non si tratta di incriminare Freud, che è stato un geniale esploratore dell’animo umano. Ma non per questo tutto quello che ha fatto è geniale.

C’è un corpus freudiano molto interessante per gli psicanalisti che possono servirsene come un riferimento, ma non certo come delle tavole della legge. Con Freud, si ha la realizzazione di un corpus clinico ancora utile. Ma certi psicanalisti fanno fatica a far entrare la nuova famiglia nel corpus freudiano (sulla genitorialità o sul complesso di Edipo, in particolare). Ne traggono le conclusioni che si debba bloccare il cambiamento familiare e sociale. Ma dimenticano che Freud ha cominciato osservando ciò che c’era attorno a lui, lasciando da parte il giudizio morale. Ma certi psicanalisti dicono che l’omogenitorialità cancellerebbe l’alterità, farebbe scomparire il ruolo del padre e della madre e costituirebbe un attacco all’equilibrio psichico dei bambini.

Questi argomenti sono accettabili?

È vero che il problema della differenza è fondamentale per lo sviluppo dello psichismo del bambino. Nella psicanalisi, questa differenza si fa su quella dei sessi e delle generazioni. La differenza delle generazioni esiste nell’omogenitorialità: non sono persone di 5 anni che adottano persone di 4 anni, sono degli adulti che adottano dei bambini. È evidente che un uomo e una donna sono differenti. Ma Freud ha anche parlato molto della bisessualità psichica - ogni essere è maschile e femminile - spiegando che c’era una differenza tra il maschile e il femminile biologici, esteriori, e il maschile e il femminile psichici, che sono di ordine diverso.

Si riduce il complesso di Edipo ad una realtà esteriore e sociale: un uomo, una donna, papà, mamma... Ora, spesso, i padri che vengono immaginati non sono i padri della realtà biologica. Quindi, quando si dice che occorre avere un padre e una madre per fare un Edipo, penso che questo non corrisponda alla realtà e che, del resto, non è buon freudismo.

Ci potrebbero quindi essere dei “padri” e delle “madri” all’interno delle coppie dello stesso sesso?

In una coppia in cui ci sono due uomini, penso che ci sia in effetti uno dei due che può rappresentare una parte femminile, ma che la femminilità e la mascolinità non si ritrovano necessariamente nella donna biologica e nell’uomo biologico. Quindi due uomini possono offrire ad un bambino quella variazione. Non è perché sono due uomini che ogni differenza viene cancellata. Non si può legare tutto al genere. Nelle coppie di omosessuali, c’è anche una divisione dei compiti: non è perché si è due uomini o due donne che si è identici e a specchio. Anche se è una visione caricaturale dei generi, si vede bene, per esempio, che una si occuperà di portare fuori la spazzatura, mentre l’altra laverà i piatti! Il principio di differenziazione che struttura un bambino può realizzarsi senza fondarsi sulla differenza dei sessi dei genitori.

L’omogenitorialità può turbare lo sviluppo psichico del bambino?

Per definizione, vediamo bambini in difficoltà, indipendentemente dal fatto che siano figlie o figli di eterosessuali o di omosessuali. Non ho visto per il momento una patologia specifica di figli di omosessuali. Ma penso di non essere io più abilitata dei miei colleghi a farne una regola generale per il momento. E sfido chiunque a farlo. Sì, stiamo vivendo un vero cambiamento antropologico, che si inscrive nella continuità della costruzione dell’individuo contemporaneo, che può decidere di tutto da solo, anche della propria sessualità.

Penso quindi che l’argomento che consiste nel dire “Ma quei bambini saranno traumatizzati perché saranno disprezzati dalla società quando andranno a scuola”, è poco accettabile, perché c’è un cambiamento di mentalità nei confronti dell’omosessualità. E il ruolo degli psicanalisti è di accompagnarlo.

Caroline Thompson, psicanalista e terapeuta familiare, servizio di psichiatria del bambino e dell’adolescente della Pitié-Salpêtrière


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