D&G, donne e gay
di Alessandro Robecchi (il manifesto, 04.03.2007).
Buttatela sulla famiglia! Provate! Qualunque fesseria col botto diventa un discorso accettabile. Prendete il caso di Dolce&Gabbana, segnalato in questa rubrica domenica scorsa. Una foto pubblicitaria violenta e volgare che in Spagna (e finalmente anche qui) ha suscitato proteste: una ragazza immobilizzata a terra da un giovanotto e altri umani della categoria macho-macho che guardano. Registriamo divertiti la risposta dei due sarti: quella è arte, e allora chiudete anche i musei. La soave leggiadria con cui due disegnatori di camicette si mettono alla pari con Picasso si commenta da sé. Ma veniamo alla famiglia, tema obbligato nei migliori salotti politici e nei locali di lapdance. Severa riflessione del direttore del Foglio sull’argomento: noi zapateristi, moralisti, sindacalisti eccetera eccetera abbiamo santificato la cultura gay, schernito matrimonio e famiglia, e ora questi sono i risultati. Il giro è largo: per dare dei fessi a noi (affetti da «fisime libertarie»), si insultano i gay, riducendo la loro cultura a un manifesto di D&G. Hai difeso li froci? E mo’ te impari, argomento raffinato, non nuovissimo a dire il vero. Visto che funziona? Buttatela sulla famiglia! Il trucco (come sempre) è girarci intorno per non parlare della vera questione morale, che non è quella dei gay, della famiglia o di noi zapateristi. Ma è la clamorosa questione morale del mercato. Che serva una donna nuda, ammiccante, provocante, per vendere un gelato, un silicone sigillante, il formaggio o dei pantaloni vorrà pur dire qualcosa. È il mercato bellezza, e chi più di ogni altro ha contribuito alla creazione della volgarità attuale, in termini di donne mercificate dalla pubblicità, è chi ha una posizione dominante sul mercato della pubblicità. Altro che dare la colpa della volgarità e del disprezzo delle donne che ci circonda a omosessuali e libertari. È il mercato, bellezza. Tabù. Parliamo d’altro, buttiamola sulla famiglia, che va di moda.