La violenza a Magnago, nel Milanese. La donna è stata colpita al volto con un pugno
«Il bar chiude». Stuprata e rapinata
La titolare aggredita: erano 5 albanesi. Picchiata anche la madre *
MILANO - «Cinque stranieri. Albanesi, sì albanesi. Erano entrati a bere. Birra, vino bianco, amari. Un po’ di tutto. Stavamo per chiudere il bar, abbiamo detto "Scusate, dovete andare". Sono salita al piano di sopra, dove abitiamo. La mamma mi avrebbe raggiunto di lì a poco, giusto il tempo di dare una pulitina al bancone. L’ho sentita urlare. Sono scesa di corsa. Uno la stava picchiando. Un altro mi è corso incontro, mi ha tirato un pugno sul naso. Sono caduta, non riuscivo a parlare, poi...». Poi, nel bar-tabaccheria di Magnago (Milano), gestito con la madre, l’hanno violentata. Mentre sanguinava per il colpo in viso. E sotto gli occhi della mamma, 75 anni, in ginocchio per il dolore. Le hanno fratturato alcune costole, è in ospedale.
La figlia, di 40 anni, è stata ricoverata e dimessa in giornata. Mercoledì scorso, a Caravaggio (Bergamo), Luigia Polloni, 63 anni, era stata strangolata nel bagno del colorificio dove lavorava. Si era opposta alla rapina di Vincenzo D’Errico, che ha confessato l’omicidio. Nemmeno una settimana dopo, un’altra rapina. Con stupro. Martedì, attorno alle 22, ecco le botte e gli abusi d’una banda che poi ha portato via soldi e tre stecche di sigarette. Ieri sera, la 40enne è tornata nel bar-tabacchi. Saracinesca abbassata. Luci accese. La vicinanza dei parenti. Il pellegrinaggio di quelli di Magnago - quasi ottomila abitanti in provincia di Milano - tornati davanti al bar-tabaccheria come nel febbraio 2002, quando due banditi avevano sparato a Luciano Pasello, un cliente che aveva reagito all’arrivo dei banditi tirando una sedia. Questa volta, non c’erano clienti. Il locale andava verso la chiusura.
I malviventi sono sì usciti, accogliendo la richiesta delle due donne, ma sono rientrati dal retro. Forse, all’esterno - ipotizzano i carabinieri di Legnano -, ce n’erano altri cinque, utili per coprire la fuga. «Sono scappati sempre dal retro, scavalcando la staccionata del giardino» racconta la 40enne, che chiede scusa per la voce: «Il naso è conciato male, faccio fatica a respirare e a parlare». La rapina nel 2002. La rapina con violenza in questo 2007. E, nel mezzo, nel 2003, il titolare del «Cavallino», un altro locale, aveva sparato e ucciso un malvivente. Ma perché così tanta violenza a Magnago? Dal Comune, dove comanda una lista civica tendente al centrodestra, provano ad analizzare: «Stiamo diventando una sorta di paese-dormitorio. Bisogna fare qualcosa. Però, di spedizioni contro gli stranieri non vogliamo sentir parlare». Paese-dormitorio. Magnago, dal ’90 a oggi, sta vivendo e vive un boom edilizio. «Non c’è nessuna emergenza - tengono a precisare i carabinieri -. Non c’è una criminalità con percentuali da incubo. Siamo pur sempre in un paese piccolo e in provincia». D’accordo. Però, adesso, c’è questa banda. Feroce. I banditi sarebbero già stati visti a Magnago. Ci sono le descrizioni delle vittime che hanno permesso di stilare buoni identikit. E soprattutto: il bar-tabaccheria è dotato di un sistema di videosorveglianza, le immagini sono state acquisite dagli inquirenti. «Speriamo li trovino» dice la figlia 40enne.
Andrea Galli
* Corriere della Sera, 08 marzo 2007